Dramma giocoso in due atti
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Direttore Jonathan Webb
Regia Ettore Scola (ripreso da Marco Scola Di Mambro)
Scene Luciano Ricceri
Luci Andrea Anfossi
Fiordiligi Ekaterina Bakanova
Dorabella Raffaella Lupinacci
Guglielmo Michele Patti
Ferrando Blagoj Nacoski
Despina Barbara Bargnesi
Don Alfonso Daniele Antonangeli
Orchestra e coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro – Franco Sebastiani
Allestimento Fondazione Teatro Regio Torino
Genova, Teatro Carlo Felice, dal 17 al 22 febbraio 2017
Meglio una donna logorata da solitudine e malinconia, o viceversa un'amante appassionata e generosa, pur se non proprio fedele, che dispensi gioia e vita? Meglio mitizzare l'immagine immacolata e virginea della promessa sposa o viceversa non chiederle l'impossibile e ragionevolmente diffidare della sua costanza (proprio come della propria)? Mozart e Da Ponte non hanno dubbi, anche perché «Così fan tutte» (e che «così facciano tutti» lo si dà per scontato).
Un miracolo musicale che ha la leggerezza del gioco provocante, un capolavoro che guarda all'amore (e al sacro vincolo) con occhi smaliziati e pieni di malizia, sulle soglie di un secolo – l'800 – che non permetterà più simili luminosi e spregiudicati sorrisi. Non a caso "Così fan tutte" sarà giudicata immorale e persino offensiva per oltre un secolo (anche a causa dei molti doppi sensi sessuali presenti... Forse farina del sacco di Mozart: tipico è questo suo stare in equilibrio fra triviale e sublime). Solo al termine dell'occhio del ciclone ottocentesco (col suo patetismo romantico e le annesse derive censorie), il capolavoro di Mozart ha potuto lentamente risorgere in tutta la sua antisentimentale, erotica e umanissima meraviglia. Musicale e non.
A Genova, fino a mercoledì 22, in scena al Carlo Felice l'opera buffa in due parti «Così fan tutte», frutto estremo del sodalizio artistico fra Mozart e l'abate Da Ponte. L'allestimento è quello del compianto Ettore Scola, maestro indiscusso del cinema al suo debutto lirico (era il 2003).
Prima di rendere conto della "prima", molto applaudita, e del cast – giovane e di qualità – che quegli applausi ha raccolto, a beneficio di coloro che potrebbero esserne incuriositi e non ne conoscono l'intreccio, ecco un brevissimo "bugiardino" sul titolo... La cui azione ci porta di fronte al golfo di Napoli (probabilmente in omaggio alla patria del genere buffo). Qui conosciamo le sorelle Dorabella e Fiordiligi, innamoratissime ciascuna del proprio fidanzato e «fedeli» a tal punto da cedere alle lusinghe di due sconosciuti – esotici albanesi - appena i propri amati sono partiti (ufficialmente spediti in battaglia). Dove sta la beffa? Il fatto è che i fidanzati vecchi e quelli nuovi sono le stesse persone, e che in più si sono scambiati le fidanzate. Dietro all'iniziativa c'è filosofo Don Alfonso, che ha scommesso coi due giovani sulla fedeltà delle loro donne. Il cinico saggio trova nella cameriera delle due ragazze, Despina, una fidata complice... Despina che sa bene come «una donna a 15 anni» deve sapere tutto sulla vita, e che non si lascia abbindolare dalla morale "di superficie" di Fiordiligi e Dorabella, consigliando loro di «fare all'amore come assassine»!
Lieto fine assicurato, e un finto matrimonio che si risolve in uno vero, con le coppie ricomposte e con qualche amarezza... L'assunto è: guardare in faccia la realtà dei rapporti umani è necessario ma rende quasi sempre infelici. Don Alfonso vince la scommessa, trionfa la ragione (anche se c'è il "bonus" del perdono: la riconciliazione che sta al di sopra del tradimento e dei difetti umani). Ed è nella forza ispiratrice della ragione che sta – sono parole di Eugenio Montale – «il segreto dell'incorruttibile giovinezza di questo spartito, al quale dovrebbero andare, e andranno probabilmente in avvenire, le preferenze di tutti gli spiriti liberi, quelli che vedono nella musica - come vedeva il Nietzsche - un'arte di catarsi capace di giocare con le forze del cosmo».
Platea folta, dicevamo, ed applausi convinti, alla prima: una bella energia si respirava l'altra sera entro la piazza virtuale del teatro genovese, in ragione di un allestimento garbato, fatto di scene partenopee realistiche e curate, di una regia rispettosa e intelligente che (proprio come le luci, altrettanto azzeccate) era concepita per coadiuvare l'intreccio, accentuandone ora le durezze ora le soffusioni, assecondandone la temperatura emotiva, accompagnandone l'angolazione, ora comica, ora malinconica, ora, persino, tragica.
Scola, che aveva lavorato proprio al Carlo Felice (per la regia di "La bohème") nei giorni appena precedenti alla sua morte (avvenuta nel gennaio dello scorso anno), l'altra sera era pareva idealmente essere tra le poltrone del teatro genovese, al servizio del capolavoro mozartiano, mettendo a fuoco - e restituendo, nitidi - testi e sottotesti (quando erotici, quando scurrili, quando filosofici) del genio dapontiano.
Musica: Jonathan Webb, chapeau, ha restituito la partitura con energica tensione e con un'attenzione costante ai giovani strumenti vocali sul palco. La triade femminile è quella che più ha convinto, sia sul versante della prestanza vocale, sia sulla penetrazione attoriale dei personaggi, sulla credibilità, in scena, dei ruoli. Ekaterina Bakanova, la quale a dispetto del nome snocciola una perfetta dizione italiana, ha felicemente debuttato il ruolo di Fiordiligi, affrontandolo senza alcuna timidezza... Autorevolmente, invece, ha superato gli ostacoli della parte (tra le più difficili concepite da Mozart), plasmando una Fiordiligi credibile ed intensa, in grado di far ridere e piangere alla bisogna. Bella prova anche per Raffaella Lupinacci, una Dorabella dotata di timbro di rara bellezza e di uno strumento tecnicamente solido e generoso nell'omogeneità della sua estensione. Rispetto alla "sorella" russa, un'arte scenica espressa con lieve impaccio dava al personaggio vestito dalla Lupinacci un retrogusto operettistico che non era al livello dell'ottima prova vocale. Intendiamoci: brava, bella, solare, ha retto la scena ed ha reso al pubblico quella sensazione (fondamentale) di presenza e fin di divertimento, nel gioco serissimo che è il teatro musicale. Solo a nostro avviso c'è margine per un miglioramento, nell'ambito della gestualità scenica.
Ottima prova per Barbara Bargnesi, in un ruolo che le calza a pennello. Sempre più convincente, via via che scorreva la partitura, ha interpretato una Despina di sorridente esperienza, guadagnando più volte applausi calorosi a scena aperta.
Michele Patti (Guglielmo) è sicuramente un talento da seguire con grande attenzione: la natura – vocale e non – è stata generosa con lui. In più, la sua intelligenza ha saputo gestire tali doni, rendendo la sua prova attorialmente prestante e vocalmente già sufficientemente solida. Ma, soprattutto nella tecnica vocale, dalla complessa – e comunque gradevole – prova dell'altra sera, si dedurrebbe che il percorso di lavoro ed approfondimento non sia ancora giunto a compimento. Di buona qualità, complessivamente, la prova del macedone Blagoj Nacoski.
Una bella sorpresa è giunta dal giovane (e già lanciatissimo) Daniele Antonangeli: il suo Don Alfonso – debuttato l'estate scorsa sotto la bacchetta del M° Luisi – forse non sarà perfetto e perfettamente tornito, ma ha un piglio brillante e gagliardo che convince. Contribuendo così al successo di un cast affiatato, che ha concentrato sul palco del Carlo Felice una numerazione anagraficamente bassa ma alta per qualità.
Uno scambio di coppie scaturito da una scommessa, un'ingegnosa "finzione nella finzione" che chiude il secolo dei lumi (siamo nel 1790) consegnandoci la quintessenza dell'opera comica e un gioco teatralmente geometrico, con pagine magnifiche e l'apoteosi dei brani di insieme... Una favola irresistibile e crudele, un allestimento giovane e sapido, che qui vale il biglietto.
Giorgio De Martino