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ALCINA - regia Robert Carsen

Alcina Alcina Regia Robert Carsen

di Georg Friedrich Händel
direttore: Giovanni Antonini
regia: Robert Carsen
scene e costumi: Tobias Hoheisel, luci: Jean Kalman
coreografia: Philippe Giraudeau
con Anja Harteros, Monica Bacelli, Patricia Petibon, Kristina Hammarström, Jeremy Ovenden, Alastair Miles
Milano, Teatro alla Scala, dal 10 al 27 marzo 2009

Il Giornale, 13 marzo 2009
Panorama, N. 13 2009
«Alcina», antologia di sentimenti per riscoprire l’opera barocca

Ma no! La Scala se ne è accorta. Esiste l’opera barocca. Dopo il Rinaldo di un quinquennio fa, sette recite dell’Alcina di Haendel. Alla prima, successo convinto e gioia. Applausi buffi: quasi assenti durante gli atti, perché se uno ne ha voglia viene zittito dagli ignorantoni che ritengono filologico non interrompere, mentre all’epoca acclamavano e facevano anche i bis. Poi c’era stato a un bla-bla-blog l’annuncio che avrebbero fischiato una cantante, per difendere il belcanto di non so quali tempi di cui si sentono testimoni e quindi abbiamo udito una manciatella sterile di bùu. In questi casi, Giulio Confalonieri, saggio critico, scriveva: «I fantasmi sono fra noi».
Alcina come storia viene dall’Orlando Furioso: nella sua carriera di eccelso operista e di impresario malmesso s’era trovato ad avere al Covent Garden di Londra macchine sceniche e corpo di ballo in abbondanza, qualcuno gli aveva scritto un libretto e lui aveva proiettato le dolorose istorie di incantesimi amorosi e di ritrovamenti di coscienza in uno spettacolo fastoso con trasformazione di persone in animali e pietre e ritorno. Come struttura d’opera è un’incredibile sequenza di arie, appena intervallata da rapidi recitativi, diversissime una dall’altra, che formano quasi un’antologia di pensieri e sentimenti umani, offerti con sapienza e discrezione. Da tempo in Inghilterra il teatro di Haendel si presenta al risparmio, senza mostri, senza voli, senza costumi mirabolanti, Robert Carsen, regista, è in questa linea; anche in questo spettacolo venuto dall’Opéra de Paris. Non capisco cosa ci si guadagni a togliere la prospettiva della favola e della storia, vestire i personaggi come noi e lasciare a terra mostri volanti e affini, ma il suo gioco, mettere tutti i personaggi in una sala di porte che si moltiplicano e minimizzare tutto a favore dei sentimenti, è ordinato, agile, coerente. I cantanti recitano benissimo; lo scenografo e costumista Tobias Hoheisel e il disegnatore delle luci Jean Kalman contribuiscono con classe.
Eccoci dunque, prima, ad esplorare quella civiltà di canti librati, di notine a migliaia quando occorrano, di linee appena appuntate da un soffio di pochi strumenti quando le melodie sono puri segni d’anima; poi ad abbandonarci unendo alla grande fantasia di Haendel tutto quello che possiamo della nostra. Giovanni Antonini, che mantiene magnificamente uniti l’incantamento della giovinezza e la sapienza nel trovare, in un teatrone così problematico nell’acustica, concreti equilibri, avvolge la stupenda Anna Harteros, l’innamorante Monica Bacelli, la pungente Patricia Petibon, la stupefacente Kristina Hammarström, l’autorevole Alastair Miles e Jeremy Ovendem della nuvola sonora che l’ottima orchestra della Scala in formazione ridotta gli lascia modellare con aristocratica bellezza.

Lorenzo Arruga

«Alcina» intensa ed essenziale

Se ci dessero una regia dell’Alcinadi Georg Friedrich Haendel alla Scala, ne saremmo contenti. Mentre i cantanti emettono melodie incantevoli o zampilli di note lungo una sequenza impressionante di arie, e mentre il direttore li carezza o li sprona con un’orchestra colorita e trasparente, noi avremmo da tramutare uomini in bestie e in pietre e magari farli volare su e giù per il palcoscenico, cambiar scene, usare favolosi costumi barocchi... Anche Haendel ne era contentissimo: per una volta aveva tutto e anche i ballerini, se voleva. Invece la Scala è andata a prendere a Parigi un allestimento di Robert Carsen, che ha tolto tutto: azione a mostri fermi, abiti come i nostri, scene intraviste attraverso le porte di una sala. E che cos’è successo? Tutto è andato splendidamente. La tensione affettiva e morale, la perfezione magica dei sobri cambiamenti, la meravigliosa bellezza della musica diretta da Giovanni Antonini, la tecnica e l’intensità della compagnia di canto hanno fatto sentire le stupende invenzioni di Haendel come se ce le immaginassimo noi. Per cui grande successo, e la prossima volta faranno bene a richiamare Carsen e tutti gli altri.

Lorenzo Arruga

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 11:13
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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