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ANGELO DI FUOCO (L') - regia David Freeman

L'Angelo di fuoco L'Angelo di fuoco Regia David Freeman

Musica di Sergej Prokof'ev, Direttore d'orchestra Valerij Gergiev
Regia David Freeman, Scene e costumi David Roger
con Nikolaj Putilin, Evgenij Ulanov, Mlada Khudoley, Ol'ga Sergeeva, Larisa Gogolevskaja, Leonid Zachožaev, Vasilij Gorškov, Jurij Alekseev, Grigorij Karasev, Aleksandr Timcenko, Evgenij Akimov, Aleksandr Morozov, Michail Petrenko, Aleksej Tanovickij
Maestro preparatore Natalja Domskaja, Luci Steve Whitson e Vladimir Lukasevic, Maestro del coro Claudio Fenoglio
Orchestra e Coro del Teatro Regio, Allestimento del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo in coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden di Londra
Teatro Regio, Torino dal 1 al 11 febbraio 2012

www.Sipario.it, 6 febbraio 2012
L'Angelo di fuoco arriva al Regio di Torino sotto la bacchetta di Gergiev

L'Angelo di fuoco di Sergej Prokof'ev, composto tra il 1919 e il 1927 e tratto dal romanzo omonimo di Valerij Brjusov, non è tra le più conosciute del compositore, né forse tra le migliori. L'opera è incentrata sulle apparizioni dell'angelo di fuoco Madiel' che tormentano la protagonista Renata fin dalla fanciullezza, traslato di un irrefrenabile desiderio sessuale che non riesce a essere sottomesso. Renata ha riconosciuto nel conte Heinrich, il quale l'ha abbandonata, un'incarnazione di Madiel': supplica dunque Ruprecht, l'altro protagonista maschile, a raggiungere Colonia in cerca di Heinrich. I due si fronteggeranno in duello, anche se alla fine Renata, tra un continuo tira e molla, decide di chiudersi in convento, dove la possessione demoniaca (o solo erotica?) finirà per contagiare le altre monache. Ella è dunque sia donna-strega posseduta dal demonio (la vicenda si svolge nel XVI secolo), e come tale finirà al rogo, e allo stesso tempo una "figlia di Freud".

Una trama del genere è ardua da portare in scena senza cadere nel cattivo gusto: il regista David Freeman opta per la sobrietà, David Roger idea una scena essenziale, dominata da pochi colori, facendo ricorso a dei costumi semplici, sui quali forse si poteva osare di più. A volte le intuizioni sono felici: nel primo atto una metà della scena (la locanda) ricorda uno scarno Memling, mentre la camera da letto è qualcosa tra l'Incubo di Füssli e la Meditazione di Hayez; talvolta la resa visiva è rozza, come il paesaggio cittadino di Colonia del terzo atto, fatto di brutte case di cartone à la dottor Mabuse; talaltra si calca la mano, come nel trucco grottesco dell'Inquisitore dell'ultimo atto. Onnipresenti dieci muscolosi mimi dipinti di bianco che si stagliano sul fondale violaceo (applauditissimi alla fine dello spettacolo dal pubblico), i quali rappresentano visivamente le apparizioni di Renata, anche se violano una delle regole fondamentali del romanzo nero e della paura, secondo cui incute più timore ciò che non si vede o è solo accennato.

Dal punto di vista musicale l'opera è espressione del Prokof'ev più sottile e inquietante, ben poco fracassone, che ha dei momenti di rara bellezza nelle esplosioni di pazzia di Renata, o all'apparire di Heinrich, capolavoro di ambiguità. È questa lettura, incentrata sulle sfumature e sulla trasparenza del suono, che ha prediletto Valerij Gergiev alla testa dell'Orchestra del Teatro Regio di Torino; e opportunamente mai calca la mano, neppure nel sabba finale. L'orchestra è stata modellata sapientemente dal grande direttore, anche se con esiti a volte discontinui: ad esempio nella scena del dottore in filosofia (mago) Agrippa, il suono copre la sua voce, e alla fine del secondo atto si fa un po' sentire la stanchezza. Molto buona la performance del soprano Mlada Khudoley, in una partitura davvero impegnativa che la vede sul palcoscenico dall'inizio alla fine dell'opera, a parte i lunghi capelli al vento non ha movenze particolarmente erotiche; meno convincente la prova del baritono Nikolaj Putilin (Ruprecht); accettabile l'inquisitore Michail Petrenko (basso). Aleksandr Timcenko (tenore), quale Mefistofele, ha un volto da jolly e perfetto physique du rôle; si distinguono nel sabba finale le sei monache soliste.

La seconda recita di sabato 4 febbraio era affollata e specialmente al direttore Gergiev, "in residence" per due settimane a Torino, è stata tributata un'accoglienza molto calorosa.

Libretto (dal sito dicoseunpo.it di Rodolfo Canaletti)

Benedetta Saglietti

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 11:15
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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