di Pino Ammendola con Maria Letizia Gorga
Regia Pino Ammendola
Produzione Centro Mediterraneo delle Arti
Musica Stefano De Meo arrangiamenti e pianoforte, Laura Pierazzuoli violoncello,
Pasquale Laino clarinetti e sax soprano
Borgio Verezzi, piazza S. Agostino, 16 luglio 2024
Il LVIII Festival teatrale di Borgio Verezzi ci regala una spettacolo dedicato ad un’indimenticata interprete della canzone del Novecento, Dalida (al secolo Jolanda Gigliotti, nata a Il Cairo da genitori italiani e naturalizzata francese). Inseriti in una scenografia essenziale (sei sagome colorate che riproducono la silhouette della cantante ad autrice), i quattro protagonisti della serata ricreano le atmosfere e la vita portate in scena da Dalida nel corso di una carriera che ha abbracciato un periodo di attività lungo più di un trentennio. La coppia Ammendola-Gorga ha alle spalle un buon numero di collaborazioni (ricordiamo almeno: 50 e sono ancora mia e Todo cambia. Viaggio intimo con Mercedes Sosa) e questo spettacolo, ben collaudato, offre la possibilità di rivisitare un personaggio iconico che ben si adatta alla tessitura vocale della Gorga. Ammendola, dal canto suo, propone una narrazione fortemente orientata a sottolineare la frattura esistenziale tra la donna e l’artista: a fronte di una Dalida trionfante su tutti i palcoscenici del mondo c’è una Jolanda fragile ed incline alla depressione con una vita privata e sentimentale complessa e tormentata. Tutto ciò nel testo del regista emerge a poco a poco, con rapidi tocchi che, progressivamente, vanno a comporre un quadro biografico che accenna alle cause del disagio dell’artista francese. L’artista francese, in cui le due linee, artistica e personale, hanno proceduto in modo strettamente intrecciato, ha sempre portato in scena sé stessa in maniera totale: nei gesti, nella voce, nella scelte artistiche. Un’artista in cui arte e personalità costituiscono un tutt’uno inscindibile costituisce una sfida interpretativa ardua e Maria Letizia Gorga ha inteso affrontarla non tentando di impersonale Dalida, ma ponendosi in ascolto delle tensioni e dell’anima dell’artista francese per potercene restituire alcuni momenti significativi. Occorre dire che la sfida è vinta: lo spettacolo che ci ha offerto, insieme ai tre ottimi musicisti, è, insieme, coinvolgente e misurato, toccante ed artisticamente di livello altissimo. L’attrice romana è stata in grado di entrare ed uscire continuamente dal personaggio calandosi nella parte cantata con intensità per poi passare, attraverso sfumature di voce e misurati movimenti di danza, alla narrazione biografica, alternando dramma ed ironia, pathos e riflessione su un momento culturale forse irripetibile del secolo scorso. Lo spettacolo si dipana pertanto tra la narrazione della vita dell’artista francese inframmezzata da una ventina di canzoni che ne ripercorrono generi e svolte artistiche. In tutto ciò la Gorga si conferma un’interprete eccellente, sfruttando una tecnica padroneggiata alla perfezione e una tessitura da contralto che la avvicina moltissimo alla voce di Dalida. Bravissima nei brani ironici (Il venait d’avoir 18 ans, Tico tico, Bambino, Itsi bitsi, petit bikini), come in quelli più malinconici (Un po’ d’amore, Fini la comédie, À ma manière, Pour ne pas vivre seul), fino a capolavori di Léo Ferré e di Luigi Tenco (Avec les temps, Lontano lontano) resi con finezza interpretativa, l’attrice e cantante romana ha avvolto la piazza di sant’Agostino nella magia della grande canzone del secondo Novecento. Il riverberare del ricordo e della voce di Dalida sono passati anche attraverso la timbrica degli strumenti. In linea con la narrazione e con la biografia dell’artista francese e, come s’è già accennato, con la tessitura vocale, sono state privilegiate le tonalità scure e pastose, intelligente pertanto la scelta di ricorrere a strumenti dal tono scuro e morbido come il clarinetto e il clarinetto basso (utilizzato in numerosi brani come, per citarne solo alcuni, Bang Bang, Quelli erano giorni). Ma anche il violoncello, emerso, tra le numerose occasioni, in una versione struggente di Avec les temps in cui la voce di Maria Letizia Gorga si mescolava e sovrapponeva a quello dello strumento producendo intense emozioni. Spettacolo pertanto riuscito e salutato da convinti applausi del pubblico, alla richiesta del bis gli artisti hanno offerto una versione toccante di Vedrai Vedrai di Luigi Tenco a conferma del drammatico legame artistico, sentimentale e biografico tra Dalida e il cantautore italiano. Mauro Canova