Claudio Carabba e Giovanni M. Rossi (a cura di) LA VOCE DI DENTRO. IL CINEMA DI TONI SERVILLO Edizioni Ets, Pisa, euro 13.00, pp. 124 (CINEMA - Alberto Pesce)
Da "La politique des acteurs" (di cui in premessa disquisisce Giovanni M.Rossi) sino alla "politica degli attori" con cui Luigi Nepi conclude analisi di Il gioiellino, un'infilata di saggi fa del napoletano Toni Servillo stigma esemplare di un attore-coautore. Dapprima, cinque capitoli ne chiariscono metodo di recitazione, come egli sappia aggiustare "ricerca dell'intonazione giusta, nel muoversi e nel parlare" (Claudio Carabba), di Eduardo De Filippo rammemorare voce, pause, silenzi, allure, smorfie (Gabriele Rizza), a seconda dei film accortamente usare " tecniche dell'immedesimazione e quelle dell'imitazione" (Marco Luceri), coi suoi personaggi interpretare "la nuova sociologia del crimine" (Massimo Tria), anche prestare voce a film altrui (Marco Vanelli). Poi, film dopo film, si allineano letture su singole interpretazioni di Servillo. Possono essere, nei film di Mario Martone la "fotogenìa del volto" (Chiara Tognoletti), con Paolo Sorrentino da L'uomo in più a Il divo ritratti di italiano "dove i difetti morali sono le uniche, fatali virtù" (Stefano Socci), in Le conseguenze dell'amore una triplice "immobilità" operativo-fisico-affettiva (Augusto Sainati), e in Luna rossa "il suo perlustrare liquido fra le pieghe dell'animo e le cicatrici della carne" (Rizza). Così, in La ragazza del lago un saper giocare "istrionicamente sotto le righe" e in Un balcon sur la mer insinuare "l'umanità e i dilemmi che animano anche un 'cattivo' cinematografico" (Federico Ferrone). E se in Gomorra luciferino con scaltrito ricorso a "mimica, costumi, voce" e in Gorbaciov irredimibile solitario con ripetitivo calco di segni esteriori (Luceri), in La vita tranquilla con "esattezza psicomotoria" sa anche correggere "passaggi non di rado un po' angusti e meccanici della sceneggiatura" (Rossi).
Alberto Pesce
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