Adriano Piccardi CLINT EASTWOOD Le Mani, Genova, Euro 16.00, pp. 201 (CINEMA - Alberto Pesce)
Clint Eastwood è vera personalità di Autore "classico", attore-produttore-regista che ama avere il controllo totale della macchina cinema e dei suoi effetti. Che sperimenti di volta in volta il thriller o il western, lo spy-movie o la love story melò, ma sempre all'inseguimento di un immaginario di perdenti, sognatori, marginali, quella di Clint Eastwood è ricerca di una propria strategia stilistico-espressiva, sul piano formale di trasparente classicità, condizione necessaria per una adeguata fruizione, e su quello tematico nutrendosi "di un confronto continuo con i tempi storici, con la dimensione collettiva dell'esistenza". E' la tesi di fondo dell'articolato saggio di Adriano Piccardi, che non studia la filmografia di Eastwood lungo l'arcatura cronologica, ma spettroscopicamente la filtra nei suoi momenti nodali quali sono via via venuti evolvendosi e richiamandosi. Può essere la "dimensione dell'opacità" in una chiaroscurale visione della vita come "conoscenza di sé, delle proprie risorse e dei propri limiti". O quell'intrecciarsi nei personaggi della loro identità di lavoro e appartenenza sociale di gruppo. O a codicillo di quella coscienza di sé che è "il riconoscimento dell'esistenza dell'altro", l'umanissimo respiro del "femminile". O quel tema della paternità nelle sue varianti prospettiche in approfondimento sino agli ultimi film, con Gran Torino (2008) quasi per un passaggio di consegne, con J. Edgar tra risonanze persino "scomode", sulla cui scia Piccardi delinea anche il rapporto con Dio Padre, a conclusione di un discorso su religione e suoi ministri coi i vari stretti agganci "tra la rappresentazione religiosa e l'evento conclusivo della vita". O, infine, quel "mondo imperfetto" che risalta da "una nozione contrastata di Storia come luogo di conflitto mai sanato".
Alberto Pesce
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