Simonetta Salvestroni CINEMA DI DREYER E LA SPIRITUALITA' DEL NORD EUROPA (IL) Marsilio, Venezia, Euro 16.00, pp. 156
A ribadire quanto ad altissima caratura estetica i film di Carl Th. Dreyer siano anche riflessioni umanistiche in prospettiva spirituale, Simonetta Salvestroni ne ripropone il respiro inseguendo, di contro a stagioni di inquietudine ferrigna, la tensione di una fede religiosa striata tra pessimistica visione della vita e bisogno di una pienezza di grazia e di gioia. Smargina a parte Vampyr (1932) "unico film fantastico" di Dreyer, col Male che si mette "al posto di Dio rovesciando la sua azione nel mondo", e con minuziosa perspicuità analitica e chiarezza didattica disegna un percorso fondamentalmente analogico, nonostante differenze di struttura e di stile, lungo la triade La passione di Giovanna d'Arco (1928), Dies irae (1943), Ordet (1955).
Sul piano espressivo, sono di fatto ben diverse le soluzioni tecnico-formali tra i tre film nel taglio d'inquadratura, recitazione, scenografia, ma pur con tutta l'attenzione anche a movimenti di macchina e simmetrie di scena, la Salvestroni individua grimaldello di continuità nell'uso della luce con le sue cangianti vibratilità magari a contrasto e suggestivo gioco di bagliori caldi, grigiori smorzati, semioscurità. Ma forse è sul piano concettuale la singolare originalità di studio, quella costante citazione di referenze che vengono dal contesto cultural-religioso della Danimarca dell'epoca, particolarmente sensibile nello studio della Scrittura. Appena se ne offre destro, ecco che dietro a ciascuno dei tre film la Salvestroni ci fa intravedere quanto abbiano influito anche echi teologici e letterari del tempo, come l'Epistola ai Romani di Karl Barth, scritti di Dietrich Bonhoeffer, riflessioni di Eduard Thurneysen, soprattutto riedizioni di Martin Lutero, in particolare le Tesi di Heidelberg e il Commento al Magnificat.
Alberto Pesce
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