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TRAVELOGUE I-TWENTY TO EIGHT - coreografia Sasha Waltz

Travelogue I- Twenty to eight Travelogue I- Twenty to eight Coreografia Sasha Waltz

Coreografia Sasha Waltz
Musica Tristan Honsinger Quintett, Jean-Marc Zelwer (Le tourment de Vassilissa la Belle)
Danza Sasha Waltz & Guests, Scene Barbara Steppe, Disegno luci Tomski Binsert, André Pronk
La pièce è stata creata da e con i danzatori Nasser Martin-Gousset, Ákos Hargitay/ Thomas Lehmen,
Charlotte Zerbey, Takako Suzuki, Sasha Waltz
Co-produzione Sasha Waltz & Guests,Grand Theatre Groningen, NL con il gentile supporto di Senatsverwaltung für Kulturelle, Angelegenheiten/ Berlin, Fond Darstellende Künste e.V., Initiative Neue Musik Berlin e.V.
Sasha Waltz & Guests si avvale del sostegno di Hauptstadtkulturfonds, in collaborazione con Goethe Institut e Teatro Eliseo
al RomaEuropa 2012, 10 e 11 ottobre 2012

www.Sipario.it, 14 ottobre 2012
Quando la realtà diventa un sogno

È con Travelogue I- Twenty to eight (Diario di viaggio I – Otto meno venti), una piéce realizzata nel 1993, che la 49enne coreografa tedesca Sasha Waltz ha deciso di ritornare sulla scena teatrale, nella veste aggiunta di eccezionale danzatrice/interprete: un omaggio particolare che ha dedicato, lo scorso 10 e 11 ottobre, alla nuova e ricca edizione del Festival RomaEuropa 2012. Nelle parole della coreografa affiora quel legame speciale con la città, da quando nel 2009- in occasione dell'inaugurazione con il suo Dialoge-MAXXI per il Museo progettato da Zaha Hadid - trascorse qui tre mesi visitando chiese e palazzi storici. Il suo ritorno nasce dalla nostalgia per il ballo e soprattutto dall'esigenza, viva più che mai, di voler 'essere' sulla scena per uno dei lavori che ha segnato la nascita della compagnia "Sasha Waltz & Guests" (fondata a Berlino dalla coreografa di Karlsruhe con il compagno Jochen Sandig) e nel quale cast lei stessa aveva preso parte. Una strada, quella del ripristino delle piéce del passato (con le quali, il prossimo anno, si celebreranno i vent'anni di attività della compagnia) che mostra la «volontà di spezzare la logica consumistica dello spettacolo usa-e-getta – come scrive Ada D'Adamo nel programma di sala del festival- di sfatare il mito del "nuovo" come garanzia di qualità, in favore di una riflessione più meditata sul complesso dell'opera che alcuni creatori contemporanei hanno plasmato nel tempo». Una piéce divertente e al tempo stesso drammatica, profonda, coinvolgente, terribilmente 'danzante' che ha riempito il Teatro Eliseo per due serate sold-out.
Travelogue I- Twenty to eight è il primo dei tre diari di viaggio (seguiranno nel 1994 Travelogue II e nel 1995 Travelogue III) attraverso il quale la coreografa tedesca esplora la vita quotidiana di una comunità formata da tre donne e due uomini, che si incontrano in uno degli 'spazi abitativi comuni' per eccellenza, ovvero la cucina. Qui – alle otto meno venti - i personaggi si incontrano e dialogano, scandagliando i diversi rapporti interpersonali e i loro molteplici stati d'animo: la gelosia e l'egoismo, l'indifferenza e l'inquietudine, l'amore dolce e il desiderio passionale, da divorare all'istante. Il tutto attraverso un movimento studiato, ma allo stesso tempo vissuto con una leggerezza quasi spontanea, che parte innanzitutto dal gesto. Quest'ultimo è carico di humor, aggressione e sensualità, elementi fondamentali del lavoro coreografico. Nell'utilizzo degli oggetti in scena ( come il frigorifero, il tavolo, il telefono, un letto, addirittura un pezzo di pane), scaturiscono i materiali di movimento dai quali i danzatori fanno partire l'azione, per la costruzione di un linguaggio espressivo ed emozionale che lascia spazio all'astrazione. Nella Waltz, infatti, il Tanztheatre espressivo tedesco, di matrice bauschiana (rivisto dopo la caduta del Muro di Berlino) si fonde con le visionarie e dinamiche traiettorie del post modern americano (con il suo movimento di contact improvisation) per un fluire dinamico. La concentrazione è sui dettagli del sottotesto gestuale che consentono un intricato e ritmico disegno della nostra società. I personaggi sono ossessionati dalle loro stesse azioni, non riescono a trovare una via di uscita, finendo per essere vittime, come imperfetti eroi, delle proprie strutture sociali. La piéce ha, dunque, uno spazio ( dal quale è permesso osservare)e un tempo ben precisi, ricchi di simbologie e abitudini che fanno parte del nostro quotidiano. Ironica, frizzante e, mio avviso, geniale Sasha Waltz ci permette di scoprire i mille volti che un immagine può offrire. Come quando nel leggere un libro la nostra mente consente le sequenze immaginarie più variegate, così - innanzi alle sue coreografie - abbiamo la sensazione di partecipare all'azione attraverso il nostro vissuto, entrando in una connessione "mentalmente corporale" con il sottotesto del racconto. La Waltz apre il nostro immaginario creativo, mostrandoci le sfumature, all'interno di uno spazio che cambia continuamente attraverso il sapiente gioco di luci. Le musiche del compositore Tristan Honsinger non si limitano ad accompagnare l'azione, ma sono parte integrante della costruzione immaginifica, mentre il montaggio delle sequenze rispetta i canoni cinematografici ( «a ispirarmi certi punti di vista e una tecnica del montaggio – confessa la Waltz- furono Un chien andalou di Buñuel e Fino all'ultimo respiro di Godard. L'Eliseo va benissimo, perché ricorda anche la struttura d'un cinema di tempo fa»).
I gesti sono studiati, ingranditi, esasperati per diventare danza: parlare su un frigorifero, aprire la finestra, portare la spesa in casa, cucire a macchina, e poi spogliarsi, rivoltarsi nel letto, piangere, domandare, ridere: si tratta di un crescendo, sempre più contagioso, dove ogni personaggio sembra danzare il proprio strumento. A noi non rimane che godere di ciò, sorridendo e riflettendo innanzi alla consapevolezza della nostra 'follia quotidiana'.

Roberta Bignardi

Ultima modifica il Venerdì, 11 Ottobre 2013 12:15

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