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SERATA PICASSO MASSINE - coreografia Leonide Massine

Serata Picasso Massine Serata Picasso Massine Coreografia Leonide Massine

coreografie: Leonide Massine riproposte da Susanne Della Pietra, direttore d’orchestra: David Coleman, scenografie e costumi da Pablo Picasso
Pulcinella: musica di Igor Stravinskij, con Fabio Grossi, Gaia Straccamore
Parade: musica di Eric Satie, con Laura Comi, Mario Marozzi, Manuel Paruccini
Il cappello a tre punte: musica di Manuel de Falla con Igor Yebra / José Martinez, Stéphanie Roublot / Anjella Kouznetsova, Cyrill Atanassoff / Domenico Casedonte
Orchestra e corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma
Roma, Teatro dell’Opera, dal 6 all’11 febbraio 2007

Danza & Danza, marzo 2007
Il Messaggero, 8 febbraio 2007
Il Sole 24 Ore, 11 febbraio 2007
Avvenire, 9 febbraio 2007
Il Tempo, 8 febbraio 2007
Corriere della Sera, 8 febbraio 2007
Brillante soirée Massine-Picasso Roma.

Con la serata Picasso-Massine il Teatro dell’Opera di Roma ha confermato la sua vena migliore nella programmazione di danza: l’allestimento del repertorio storico e il recupero di capolavori preziosi persi nella memoria. Come già nella serata Nijinskij, infatti, si pesca nel periodo più orgoglioso della danza, nel rifulgere della stagione dei Ballets Russes che ancora oggi non conosce l’uguale. Tutto ruota intorno a Massine e a Picasso, ovvero all’intuito di Diaghilev che così bene sapeva miscelare talenti e inventarsi alchimie inedite e sorprendenti. Apre la serata Pulcinella, il lavoro anagraficamente più recente, qui presentato nella ricostruzione che lo stesso Massine fece alla Scala nel 1971 (riproposto a Roma da Susanna Della Pietra che fu sua assistente) rivedendo l’allestimento originale del 1920. La parte del leone la fa la musica nell’estrosa partitura di Stravinsky che profuma di Pergolesi e di scherzosa italianità, mentre le scene di Picasso (tutte ricostruite da Maurizio Varamo) disegnano una Napoli onirica e obliqua. La danza di Massine è un divertissement di pulcinelli che trova momenti di grazia con la Pimpinella di Gaia Straccamore e di capriolante bravura con il
Pulcinella di Fabio Grossi, finalmente in un ruolo che ne esalta le qualità di virtuoso di carattere. Chiudeva il programma Il cappello a tre punte di De Falla del 1919 dove Massine rivela le sue doti migliori di orchestratore di gruppi con movimenti originali, ritagliando per i solisti (José Martinez dai balzi felini e la morbida Anjella Kouznetsova) spagnolismi affatto di maniera. Ma il capolavoro della serata è il cuore, quella Parade del 1917 dove l’effervescenza di Satie tempera l’asprezza picassiana e la vira in scenari surreali, invitando Massine a tirar fuori cammei di danza degni di un balletto triadico con gli impresari di New York e con frac, lo snodato prestigiatore cinese (l’ottimo Manuel Paruccini), gli acrobati lunari (Mario Marozzi e Simona Onidi), la “bambinaccia” americana di Laura Comi e soprattutto l’irresistibile cavallo animato da Paolo Gentile e Francesco Marzola, degno capostipite di una stirpe di personaggi da cartoon.

Rossella Battisti

Massine e Picasso protagonisti sulle punte Roma.

Fantasia, eccellenza, buonumore, raffinatezza: sono gli ingredienti della Serata Picasso Massine che ha debuttato con vivo successo martedì all’Opera. In programma Pulcinella (1920), Parade (1917), e Il cappello a tre punte (1919), tre creazioni di Léonide Massine per i Ballets Russes di Diaghilev egregiamente riprese da Susanne Della Pietra che, giovanissima assistente di Massine, ha appreso i segreti della ricostruzione secondo la sua originale teoria coreografica. Grazie a lei l’intera modulata complessità e le diverse sfumature stilistiche dei tre balletti tornano a brillare di una luce allo stesso tempo autentica e attuale, al punto da sembrar tagliata su misura per gli interpreti contemporanei.
Come Pulcinella – sulla partitura di Stravinsky – Fabio Grossi è leggero, fluido, angolare e quasi “hippopparo” nella sua straordinaria pieghevolezza, accanto a Gaia Straccamore squisita e modernissima Pimpinella.
Parade, sull’omonima partitura di Satie, è un gioiello di humour cubista cui tutti contribuiscono egregiamente. Citazione d’obbligo per il Cavallo Rosa che strappa applausi a scena aperta.
Il cappello a tre punte è anche un capolavoro musicale e se Falla vi ha profuso tutta la sua sapienza, Massine ne ha fatto un gioiello fra le coreografia “in chiave folclorica”. Ottimo Igor Yebra nel ruolo del Mugnaio e fascinoso il Corregidore di Cyrill Atanasoff. Un po’ pallido il carattere della Mugnaia di Stéphanie Roublot. Altro grande protagonista della serata, ovviamente, Picasso che rivive nelle splendide scene dipinte ricostruite da Maurizio Varamo e nei fantasmagorici costumi ripresi da Anna Biagiotti. Piccola nota di demerito per il disegno luci, poco efficace.

Donatella Bertozzi

Una serata con Pablo

Il Corpo di Ballo dell’Opera danza tre perle dei Ballets Russes con scene e costumi di Picasso e coreografia di Massine. Una raffinatissima festa visiva. Meno bene l’orchestra.

Nel 1917 Picasso incontrò il balletto, quello “esotico” dei Ballets Russes. Fu un amore romano che sbocciò per la crezione di Parade. Basterebbe questa primogenitura a spiegare perché proprio il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera abbia allestito tre titoli picassiani, tutti con la coreografia di Léonide Massine (e le musiche di Stravinskij, Satie e de Falla), se non si sapesse che la compagnia diretta da Carla Fracci vanta ormai un primato nell’accumulare opere del leggendario gruppo nato nel 1909 e scomparso, con Diaghilev, nel 1929.
Le perle della nuova Serata Picasso Massine sono state ricostruite “filologicamente” dall’ultima assistente di Léonide, Susanne Della Pietra, da Maurizio Varamo (scene) e Anna Biagiotti (costumi). Insieme formano una raffinatissima festa visiva e svelano una travolgente contemporaneità di gesti, movimenti e suoni, anche se questi ultimi, nella restituzione dell’orchestra romana diretta da David Coleman, lasciano desiderare.
Pulcinella, il balletto del 1919 in cui Stravinskij inaugurò la sua stagione di ricalchi dal passato (qui un Pergolesi anche cantato) con quella sua cinica sfacciataggine già postmoderna, è forse il remake più riuscito della Serata. In origine però fu un flop: troppo fragile la trama tratta da canovacci della Commedia dell’Arte e confusa la coreografia. Ma Massine, indimenticabile nei panni del protagonista con la maschera di Petito, la casacca e i pantaloni bianchi e flosci, cui Picasso impose le calze rosse, vi rimise le mani. Oggi Pulcinella sfavilla con la sua gestualità popolare, le belle maniere accademiche che vestono Prudenza e Rosetta, le due innamorate nobili della maschera partenopea, non meno dei loro costumi da sogno, in tulle verde e rosa.
Sullo sfondo di uno sghembo vicolo napoletano col Vesuvio appiccicato, la casa su cui si arrampicano due finestrelle apribili, la cornice azzurra sporcata da tocchi bianchi come fossero piume, si incontrano tanti emuli dell’infedelissimo Pulcinella, anche formato mignon (i bambini della Scuola di Ballo dell’Opera), cavalieri fidanzati alle due nobildonne e i loro padri. La salace Pimpinella (brava Gaia Straccamore) in tutù rosso striato di nero e calze alla coscia – ultrasexy e alla moda di oggi, non di ieri – danza con il tumultuoso protagonista (bravo anche Fabio Grossi) che muore, risorge, impegna il suo cuore in un pas de deux tutto angoli, quasi cubista come la scena.
Segue Parade:  al debutto, un altro flop. Cocteau ne fece il manifesto della sua prediletta arte di strada; Pablo dipinse un sipario di cavalli e arlecchini auto-referenziali (tradito, qui, nei colori troppo sbiaditi) e un’entrata nel circo invece cubista come gli impressionanti costumi dei due managere – il russo e l’americano dalla testa a forma di grattacielo – che nella ricostruzione romana acquistano dettagli che sembravano perduti. Il coreografo, seguendo l’ispirazione realistico-fantastica di Erik Satie, tratteggiò un Prestidigitatore cinese dal volto coperto di biacca, una bambina americana (Laura Comi) che balla il fox trot, batte i tasti di un’immaginaria macchina per scrivere, spara quando sente colpi di pistola. Agli Acrobati Susanne Della Pietra deve aver riservato cure speciali: neppure all’Opéra  di Parigi si è mai visto un simile e preciso fluire dei movimenti della coppia. C’è poi il cavallo di tela: due danzatori prestano le gambe al gigantesco animale che trotterella e s’inchina sul silenzio. Candore di rara eleganza, la cifra di tutto il freschissimo balletto.
Nel Cappello a tre punte – infine un successo del 1920 – si mette in luce il bel mugnaio di Igor Yebra, cui un incartapecorito Corregidor (Cyrill Atanassoff, senior dell’Opéra parigina) vuole soffiare la moglie (poco pepata Stéphanie Roublot). Alla musica di de Falla viene sottratto il turgore e il ritmo è annacquato; gli occhi, però, si beano del paesaggio di sabbia, della magnificenza dei costumi, del “modernismo etnico” di Massine, capace di rubare gesti e passi alle danze spagnole per mettere sottosopra l’ovvietà del balletto.

Marinella Guatterini

Roma applaude Picasso sulle punte

Il Teatro dell’Opera recupera con successo un trittico di balletti curati dal pittore e dal coreografo Massine.

Roma crocevia della danza. Mentre all’Auditorium si celebra in un festival il nuovo che avanza, il Teatro dell’Opera compie l’impresa di recuperare una grande avventura artistica del passato, di attualità sconvolgente. È un buon segno di continuità per quest’arte in grande rigoglio malgrado i condizionamenti imposti dal disagio economico delle fondazioni liriche, che in parte sacrificano i loro corpi di ballo. L’Opera di Roma, che invece il suo lo conserva e lo rafforza grazie ad un’accorta dirigenza di Carla Fracci, ha potuto imbarcarsi in un’operazione del tutto nuova: la riunione di tre opere capitali nella storia culturale del Novecento. Sotto il titolo Serata Picasso-Massine, sul palcoscenico del Costanzi, un trittico di balletti datati fra il ’16 e il ’20: Pulcinella, musicato da Stravinskij, Parade sulle note di Erik Satie e Il cappello a tre punte di Manuel de Falla. Peraltro magnifiche partiture che trovano l’originario smalto con questo interessante ricongiungimento alla matrice scenica. Ed è il punto di forza dello spettacolo, per la carica di suggestioni che riesce ad accendere. Il binomio fra il pittore-scenografo Pablo Picasso e il ballerino-coreografo Leonide Massine catalizzò energie creative, teatrali e musicali, che impressero una nuova direzione al cammino dell’arte. Decisivo fu il veicolo dei Ballets Russes concepiti da Diaghilev e da lui portati in giro per l’Europa assimilando molte delle forze generatrici di questa sensibilità rivoluzionaria. Decisivo fu l’ingresso di Picasso nel teatro quando, sollecitato da Cocteau, pitturò sipario e scene di Parade. E determinante il connubio con la spinta innovativa di Massine, con il suo gusto pittorico di creare la mimica giusta per quelle immagini, sonore e visive, in cui dominava lo spirito del cubismo. Analogo miracolo con Stravinskij e de Falla. Il Teatro dell’Opera ha il merito di avere concentrato, in una “serata” a tre stadi, questa temperie espressiva, avvalendosi di Susanne Della Pietra e di un corpo di ballo di rinnovata freschezza. Orchestra al meglio diretta da David Coleman. In scena fino a domenica.

Toni Colotta

L’eccellente simbiosi con Picasso

Al Teatro dell’Opera convince l’estro del coreografo Leonide Massine

Non capita spesso che uno spettacolo di danza, con i tempi che corrono, sia un vero piacere per le orecchie come per gli occhi. Il fatto è però che questa volta invece di puntare solo sull’incontro di musiche importanti con l’estro di un coreografo dall’indiscusso pedigree come Leonide Massine, il Teatro dell’Opera ha puntato anche su uno dei più straordinari maestri del colore, come Pablo Picasso. E la serata Picasso-Massine, ricostruita con amorevole quanto benemerita cura da Susanne Della Pietra per la parte coreografica e dalle operose maestranze del Teatro per quanto riguarda i deliziosi siparietti, le scene e i costumi inconfondibilmente picassiani, era proprio di quelle da non mancare per gli autentici appassionati di danza. La simbiosi con Picasso e il suo cromatismo è esplosivo specie perché a fare da collante sono poi le musiche di tre tra i più originali geni musicali di tutti i tempi come Strawinsky, Satie e De Falla, veri pittori in musica. Si inizia con un fedelissimo «Pulcinella» (1920) con le musiche «al quadrato» di un neoclassico Strawinsky che rimette mano a Pergolesi e altri autori del Settecento napoletano per disegnare le vicende di Pulcinella Citrullo e di Colombina: una commedia dell’arte risolta in termini prevalentemente coreografici invece che pantomimici. Eccellente qui Fabio Grossi, danzatore in crescita, nei panni della celeberrima maschera in bianco. Ed ecco poi un tuffo nel surreale col balletto cubista «Parade» (1917) con estrosi imbonitori dal costume strutturato a presentare i «numeri» di un circo sopra le righe con uno stravagante prestidigitatore cinese fortemente colorato (Manuel Paruccini), con una americanina tutto pepe (la brava Laura Comi), una coppia di acrobati dai costumi di fiaba e soprattutto un esilarante cavallo rosa. Infine «Il cappello a tre punte» ci tuffa nella luminosa Spagna assolata e mediterranea (stupende le variazioni sul colore ocra della scena) con un clima da commedia gradevolissimo e le travolgenti musiche spagnoleggianti di De Falla. Alla disinvoltura giovanile della coppia dei due mugnai (gli apprezzati ospiti Yebra e Roublot) rispondeva la performance del bravo Cyrill Atanassoff, già collaboratore di Massine, nei panni del troppo ingenuo Governatore, che finisce alfine scornato nelle sue mire satiresche.
Buona la prova dell’orchestra nelle tre partiture (meglio però De Falla che Strawinsky) sotto la direzione di David Coleman. Alla fine un corale plauso a tutti gli interpreti per una serata deliziosa, culturalmente importante e che merita di restare davvero nel repertorio del teatro capitolino.

Lorenzo Tozzi

La piazzetta di Picasso per i balli di Pulcinella

Una festa del grande balletto, al Teatro dell’Opera: non è una esagerazione, davvero, perché quando si realizza una serata con tre capolavori dei mitici Ballets Russes coreografati da Leonid Mjassin con le scene e i costumi di Pablo Picasso non può che nascere uno spettacolo entusiasmante. E ancora, partiture mirabili, Stravinsky per «Pulcinella», Satie per «Parade», De Falla per «Il cappello a tre punte» e una ricostruzione puntigliosa degli allesimenti e delle coreografie (Susanne Della Pietra è oggi la depositaria assoluta dell’eredità mjassiniana). Era il meglio dell’epoca (i tre balletti sono nati fra il 1917 e il 1920) e ancor oggi, a quasi un secolo di distanza, nulla è andato perduto di quella straordinaria esperienza culturale. Il Corpo di ballo romano, con alcuni ospiti di rango, ha onorato questa originale celebrazione con una prestazione collettiva eccellente.
Picasso, il grande pittore che ha rivoluzionato la scena moderna, in «Pulcinella» rilegge in stile cubista la tipica piazzetta napoletana, fuori da ogni realismo, moltiplicando in una immensa famiglia i pulcinellini; in «Parade», grazie alle idee di Jean Cocteau, costruisce manichini cubofuturisti (i manager) in uno spazio circense surreale (il cavallo), esotico (il cinese), realistico (la ragazza americana a tempo di tip-tap, buon esempio per il futuro Gershwin), e rende in pochi minuti l’idea della onnipotente società industriale; nel «Cappello», infine, traduce le linee semplici della scena Andalusa e la sfrenata fantasia dei costumi in un omaggio festoso a Goya e, in parte, a Velasquez. L’effetto è trascinante, il colore domina e si compone in veri quadri mobili, il passato è modernizzato senza alcuna violenza o tradimento.
Mjassin è stato il dominatore della scena di balletto, l’erede di Fokin e Nijinskij nei Ballets Russes; ingegno raffinato e versatile, esalta nel riso e nel pianto la commedia dell’arte e le nostre maschere (Pulcinella), spezzando poi i passi in modo acrobatico e ironico nel folle circo di Cocteau (Parade) e ricostruendo infine genialmente le danze spagnole in un clima di teatro popolare (Il cappello). Le coreografie del Maestro russo sono un vero ricamo di squisitezze e bravure.
Le musiche, dirette in crescendo e con passione da David Coleman dopo l’infelice inizio di «Pulcinella», sono capolavori riconosciuti. Igor Stravinsky scelse temi di Pergolesi e li trasformò con inediti colori strumentali e ritmi dissacranti per cogliere il feroce sarcasmo di una Napoli divisa fra sciocchi aristocratici e astuti popolani; Erik Satie creò una scintillante serie di sonorità da sentimentalismi spudorati; Manuel de Falla, nel suo atto d’amore verso un paese che ricordava ancora il gran teatro del 600 unendolo alle chimere sgargianti di Garcia Lorca, fece danza spagnola senza folclore, e la nobilitò.
Queste sono le colonne eterne dell’edificio che Menegatti e Carla Fracci hanno ricostruito. Ai principali interpeti, Fabio Grossi (Pulcinella), Laura Comi (Parade), Igor Yebra, Stefanie Roublot e Cyril Atanassof (Cappello), i consensi caldissimi del pubblico. Repliche fino a domenica.

Mario Pasi

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:07
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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