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ROSSINI OUVERTURES - regia e coreografia Mauro Astolfi

"Rossini Ouvertures", regia e coreografia Mauro Astolfi "Rossini Ouvertures", regia e coreografia Mauro Astolfi

Spellbound Contemporary Ballet
regia: Mauro Astolfi
musiche: Gioachino Rossini
coreografia: Mauro Astolfi
assistente alla coreografia: Alessandra Chirulli
danzatori: Lorenzo Capozzi, Alice Colombo, Maria Cossu, Giovanni La Rocca, Mario Laterza, Giuliana Mele, Caterina Politi, Giacomo Todeschi, Serena Zaccagnini
set concept: Mauro Astolfi, Marco Policastro
disegno luci: Marco Policastro
realizzazione scene: Filippo Mancini/CHIEDISCENA Scenografia
costumi: Verdiana Angelucci
comunicazione e ufficio stampa: Antonino Pirillo
realizzata con il contributo del MIBACT - Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in collaborazione con il Comitato Promotore delle Celebrazioni Rossiniane, il Comune di Pesaro e AMAT
Milano, Teatro Carcano dal 18 al 20 maggio 2018

www.Sipario.it, 23 maggio 2018

Nella sala ormai quasi gremita accorrono gli ultimi spettatori quando, a luci soffuse, al calare di una penombra ancora troppo tersa, s'insinua silente nel proscenio Lei, l'oscura compagna di Rossini, la sua eterna 'amante'. Con questa nera figura ha inizio lo spettacolo. È Lei, nel suo bramoso dialogo con una valigia ricca di vivande, poi subito carpita dal Maestro, a richiamare l'attenzione del distratto spettatore. Movimenti sinuosi, tortuosi, di figura serpentina, che partono e subito tornano alla terra, perché è lì che la depressione e la malattia conducono l'uomo e l'artista, non ignaro del proprio tormento: «Hai tu dunque dimenticato, mio buon amico lo stato d'impotenza mentale e ognor crescente in cui vivo? – scrisse in una lettera Rossini, il 30 ottobre 1852, all'amico tenore Domenico Donzelli – «La musica vuole freschezza di idee; io non ho che languore e idrofobia». Fil rouge dell'inebriante ouverture che è la vita del bon vivant Gioachino Rossini, il periodico aggirarsi di questa figura nello spazio scenico scandisce il ritmo dell'atto unico dello spettacolo (75min. ca.), una «macchia antropomorfa» che, come ha dichiarato Mauro Astolfi, «ormai comunicava con lui, che si insinuava nei suoi sogni, strisciava dentro il suo letto e poi spariva ma che era sempre lì, come a scandire il poco tempo, ma anche il lungo tempo passato a combattere contro disagi fisici e psichici di ogni tipo. Questa figura nera era la paura della morte, la sua malattia, ma forse anche il suo consigliere, paradossalmente in alcuni momenti l'unica certezza». L'«ostinatissimo mal di nervi» ‒ lo chiama Rossini ‒ «che mi toglie i sonni e direi quasi l'uso della vita».

Nove gli abili danzatori a riempire lo spazio scenico, dando forma alle note di una musica, quella di Rossini, incalzante e piena, a tratti marcatamente voluttuosa ora sensualmente ironica, perché, se come ebbe a notare Stendhal nella Vita dell'artista, è l'estrema voluttà a costituire spesso l'essenza delle più belle arie dell'artista pesarese, il 31 marzo 1838 ne "Il Vaglio. Antologia della Letteratura Periodica" lo scrittore Ferdinando Petrucelli indicò in Rossini «il pittore dell'entusiasmo, del terribile, del grandioso, del sovrumano, del voluttuoso», colui che parlando alla fantasia e all'immaginazione «ha saputo raccozzare i due estremi del cuore umano, l'eroico e il ridicolo».

Una scenografia cangiante fra le note delle celebri _, realizzata come una parete scomponibile tanto uniforme nella semplice superficie esteriore quanto strutturalmente sconnessa, nei cui meandri – i cassettoni del grande armadio – Rossini sembra destinato a perdersi, come in un labirinto. Sì, perché i cassetti sono simbolo delle possibilità della vita e, al contempo, luoghi deputati ad offrire sicurezza, potenziali ricoveri di memorie, forse quelle affioranti al compositore durante il ritiro dalle scene in ricordo dei momenti mondani. «In questo spettacolo ho immaginato una grande parete» – spiega Astolfi – «la parete dei ricordi di Rossini, dove nascondeva, dove archiviava il suo cibo, i suoi vini, la casa dove ospitare i suoi grandi amici e compositori, ma anche la gente comune con la quale amava scherzare, giocare e condividere tutti gli aspetti della sua vita... questa "parete" è stata  immaginata come una proiezione della sua mente, piena di sportelli, di ripiani, di nascondigli, una parete che separava un mondo dall'altro». Ma, sovviene la domanda, se questi cassetti sono profondi, scuri di un buio torbido e manipolabili, come in effetti diventano per opera degli stessi danzatori in scena, che sostegno resta all'artista Rossini, quale all'uomo Gioachino?

L'affiorare delle luci a contrasto delle predominanti ombre conferisce all'atmosfera un tono caravaggesco, che nelle dinamiche gestualità dei corpi evoca contaminazioni di altra natura. Tratti di impressionismo s'insinuano nello stile coreografico di Astolfi, nel lasciare che la precisione e la velocità del movimento domini sulla forma, imprimendosi allo sguardo con la rapidità di ciò che subito diviene evanescente, ricordando nella percezione quei veloci schizzi impressi sulla tela, che nell'apparente non definitezza della trama comunica l'inesauribile scorrere dell'esistenza, mentre già in lontananza vengono ad assumere contorni e consistenza diversi.

Sempre Ferdinando Petrucelli, recando le proprie impressioni dopo aver assistito alle rappresentazioni del Guglielmo Tell, della Semiramide e dell'Otello, sostenne che «Rossini è il Dante Alighieri, che accomuna stupore a stupore, grandezze a grandezze, creazioni a creazioni: è l'Alighieri che si sprofonda nell'ideale, che percorre un vuoto impensante e vi lascia stampi secolari, che popola di luce le concette sue tracce: è il Michelangelo Buonarroti che non ha altro tipo che il genio, altro desiderio che il maraviglioso, lo svariato, l'immenso, altro scopo che stordire, far trasecolare, percuotere». Ebbene, proprio un sentimento misto di meraviglia e insieme sbigottimento è quello trasmesso allo spettatore di "Rossini Ouvertures", la creazione con la quale Mauro Astolfi nel 150° dalla morte ha inteso rendere omaggio al genio rossiniano narrandone in danza la vita, una pièce, quella dell'artista pesarese, tanto ricca e prorompente quanto irrequieta nel suo essere intrisa di un ineluso decadente mal di vivere. Una performance di spessore culturale quella di Spellbound Contemporary Ballet lo scorso 18 maggio al Teatro Carcano, dove allo spettatore, al netto del brio che identifica una cifra dello stile di Rossini, resta di riflettere sull'avvincente crescendo di umanità di Gioachino.

Selene I.S. Brumana

Ultima modifica il Mercoledì, 23 Maggio 2018 11:28

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