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PLAY – coreografia Alexander Ekman

"Play" – coreografia Alexander Ekman. Foto  Agathe Poupeney "Play" – coreografia Alexander Ekman. Foto Agathe Poupeney

Balletto in due atti
Coreografia e scene di Alexander Ekman. Musica di Mikael Karlsson.
Costumi di Alexander Ekman e Xavier Ronze.
Luci di Tom Visser. Operatore video: T.M. Rives. Cantante: Calesta “Callie” Day.
Assistenti del coreografo: Ève-Marie Delcourt, Ana Maria Lucaciu.
Con il Corpo di Ballo dell’Opéra national de Paris.

PARIGI, Opéra national de Paris, Palais Garnier, dal 28 settembre al 6 novembre 2021

www.Sipario.it, 30 ottobre 2021

Il Palais Garnier e il gioco di Play
“Collocare il gioco al centro del lavoro, essere in ogni istante pienamente nel gioco, in sala come in scena”. È questo, in breve, il disegno e il monito che il coreografo svedese Alexander Ekman ravvisa in Play, lo spettacolo firmato per l’Opéra de Paris nel mese di dicembre del 2017 e tornato in scena al Palais Garnier per diciassette recite dal 28 settembre al 6 novembre. Nella sua prima creazione per la massima compagnia di balletto francese Ekman propone un’esplorazione del gioco lungo il ciclo di vita dell’uomo: un’attività ludica non confinata e non confinabile unicamente nell’età dell’infanzia ma pienamente declinata anche negli adulti. Una vita da grandi, quindi, che nella lettura di Ekman è affiancata e presa per mano dai bambini al fine di rispolverare la capacità di assaporare il momento presente, di riscoprire un modus vivendi e un modus operandi ludico, per l’appunto.
Un affondo drammaturgico di sicuro interesse per uno spettacolo di danza che lancia la sfida di coniugare il gioco con l’arte di Tersicore: un connubio, questo, risolto senza difficoltà nel vocabolario di Ekman dal momento che in esso la danza palesa un legame stringente e profondo con il bisogno che ha l’essere umano di giocare. Una certezza “ekmaniana”, una fusione che svela une identité d’essence, talmente radicata che Bo Löfvendahl è risoluto nel sostenere che “Alexander Ekman è la prova danzante della teoria dell’ homo ludens sviluppata dal filosofo Johan Huizinga sull’importanza del gioco per l’essere umano”.
Un lavoro che in due atti tenta di unire danza, teatro, musica e canto nell’idea condivisa di théâtre total piena di umorismo e, almeno negli intenti, mai priva di profondità. In scena tale proposito si traduce con soluzioni di impatto legate, ad esempio, al ricorso a figure geometriche di grandi dimensioni calate dall’alto e alla presenza, quasi pervasiva, nel primo e nel secondo atto di sessantamila palle verdi di plastica in un gioco che, nelle battute finali, chiede, vieppiù, la partecipazione del pubblico. Il linguaggio coreografico adottato appare più interessante nel primo dei due segmenti dello spettacolo quantunque sia arduo incasellarlo in un vocabolario netto e definito. Una scelta, questa, che verosimilmente condivide l’idea di ampliare e immaginare per la danza una prospettiva di visione
aperta, spalancata, capace di scardinare frontiere e proporre sorprese continue quasi a sancire che “lo scopo ultimo della danza è la danza stessa”.
Sul contrasto e sul paradosso si gioca probabilmente il merito drammaturgico più grande della creazione; sono numerosi, infatti, i momenti che il coreografo concede al recupero dei vissuti quotidiani e delle attività lavorative modulate, perturbate e ripensate con il filtro, a tratti fanciullesco, del rito, della burla, delle similitudini e delle formes ludiques. Una creazione nata da lunghe sessioni laboratoriali e dall’ampio spazio accordato ai danzatori di giocare liberamente per ore al fine di attingere a quella autenticità svelata in idee e percorsi inattesi.
La musica reca la firma di Mikael Karlsson, compositore incontrato dal coreografo svedese sette anni prima della creazione parigina, che condivide l’idea principe del lavoro: il gioco e la sorpresa. Così si motiva la presenza, nella chiusa del lavoro, della cantante Callie Day, della sua voce puissante e del lancio al pubblico dei grandi palloni gonfiabili bianchi: ancora un gioco e un divertissement per l’infervorato pubblico francese.

Vito Lentini

Ultima modifica il Venerdì, 05 Novembre 2021 16:49

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