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ONEGIN - coreografia John Cranko

Roberto Bolle e Marianela Nunez in “Onegin”. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala. Roberto Bolle e Marianela Nunez in “Onegin”. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala.

Balletto in tre atti ispirato al poema Evgenij Onegin di Aleksandr Puškin
Coreografia di John Cranko ripresa da Agneta Valcu e Victor Valcu
Supervisione coreografica di Reid Anderson.

Musica di Pëtr Il'Ič Čajkovskij (arrangiamento e orchestrazione di Kurt-Heinz Stolze).
Scene di Pier Luigi Samaritani
Costumi di Pier Luigi Samaritani e Roberta Guidi di Bagno
Luci di Steen Bjarke.

Con: Roberto Bolle, Marianela Nuñez, Marco Agostino, Nicoletta Manni, Nicola Del Freo, Martina Arduino, Alessandra Vassallo, Claudio Coviello, Agnese Di Clemente e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri. Produzione Teatro alla Scala.
Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Felix Korobov.
MILANO, Teatro alla Scala, dal 24 ottobre al 10 novembre 2019

www.Sipario.it, 10 novembre 2019

Onegin e lo spietato sogno d'amore

"E s'affretta a vivere, e s'affretta a provar sentimenti": è questa l'epigrafe - tratta dalla poesia La prima neve di Pjotr Andreevič Vjazemskij - posta in testa al romanzo in versi Eugenio Onegin di Aleksandr Puškin, fonte diretta del balletto in tre atti e sei quadri firmato dal coreografo John Cranko nel 1965. Una citazione emblematica, questa, che delinea lo snodo cardinale del poema di Puškin e tratteggia il fulcro drammaturgico del dance drama. Tornato sul palcoscenico della Scala a due anni dalle ultime recite, Onegin è frutto di genialità narrativa: un balletto dedicato al puro sentimento, alla complessità umana, al turbamento d'esistenza.
A misurarsi con questi temi è tornata l'étoile del teatro Roberto Bolle con Marianela Nuñez, Principal del Royal Ballet nonché amatissima e seguitissima stella del balletto inglese. La liaison artistica dei due danzatori - insieme per la prima volta, nel 2017, in questo balletto alla Scala - è il portato di una consolidata e ricca affinità interpretativa che nella diversità della tensione drammaturgica trova una risorsa di prim'ordine. Con Roberto Bolle Onegin vive, fin dalla prima entrata in scena nel giardino della casa della vedova Larina, di autentico e personale charme aristocratico, sagace seduzione ed equilibrata sofisticatezza. È un interprete che oggi ritroviamo con una maturità personale e artistica che consente di modulare con abilità i rilievi chiaroscurali imposti dal personaggio. Convincente il tratto consegnato nel lungo e articolato secondo atto - con particolare riguardo al quadro d'apertura e alla disinvolta risolutezza palesata nel ripudio di Tat'jana e nell'insistente corteggiamento di Ol'ga - come pure il bilanciamento fra paura e tormento donato nell'atto terzo prima dell'ultimo implorante pas de deux.
Il ruolo di Tat'jana affidato a Marianela Nuñez vive il primo atto con quell'armonica solennità che consente di fondere timidezza e paura. Tratti, questi, ampiamente superati nel prosieguo del balletto: il terzo atto diviene, per la Principal del Royal Ballet, il luogo privilegiato per dare sfogo al prorompente tormento di un amore negato. Degna di nota la variazione del secondo atto qui impreziosita dai proverbiali equilibri che le sono propri. Colui che era "sempre d'umor nero e sempre in preda ad insanabil noia" nell'atto finale è un uomo smarrito, dilaniato e che solo all'apparenza sembra trovare accoglimento in una Tat'jana a tratti arrendevole ma imperiosamente risoluta: nell'emblematico gesto di ripudio che chiude il passo a due conclusivo lo sguardo della ballerina argentina sembra rievocare l'eterna, autentica e nubilosa verità: "era possibile, era vicina la felicità!".
In apertura di recite ad interpretare i ruoli di Ol'ga e Lenskij erano gli scaligeri Martina Arduino e Nicola Del Freo: valide le modulazioni della densità interpretativa scelta dai due danzatori come pure le esecuzioni tecniche pensate per i loro personaggi.
Si chiude così la nuova ripresa di un titolo cardinale del balletto narrativo che, com'è noto, continua ad offrire l'opportunità di scoprire il pregevole spazio concesso al dolore, alla malinconia, al tormento, all'anelito, al coraggio e alla passione in quello che accortamente venne definito un moderno "dramma di danza" (Giannandrea Poesio, Onegin, una fluida e raffinata coreografia narrativa, in AA. VV., Onegin, Edizioni del Teatro alla Scala, Milano 2019, pp. 7-14).

Vito Lentini

Ultima modifica il Mercoledì, 13 Novembre 2019 19:19

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