Petruska - Burlesque in quattro quadri, musica: Igor Stravinskij, coreografia da Michel Fokine ricostruita da Andris Liepa, con Riccardo Di Cosmo / Alessandro Tiburzi / Gheorghe Iancu, Laura Comi / Anjella Kouznetsova, Fabio Grossi / Guido Pistoni
Jeux - poème dansé in un atto, musica: Claude Debussy, coreografia da Vaslav Nijinskij, ricostruzione di Millicent Hodson, con Carla Fracci, Alessandro Molin / Riccardo Di Cosmo, Laura Comi / Anjella Kouznetsova
L'aprés midi d'un faune - Balletto in un atto, musica: Claude Debussy, coreografia da Vaslav Nijinskij, con Gheorghe Iancu, Carla Fracci
L’uccello di fuoco - Balletto in un atto e due scene, musica: Igor Stravinskij, coreografia da Michel Fokine ricostruita da Andris Liepa, con Irma Nioradze, Mario Marozzi, Gaia Straccamore
ORCHESTRA E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA
Direttore d’orchestra: Zoltan Pesko
Roma, Teatro dell’Opera, dal 26 al 30 maggio 2007
Mentre s'avvicina l'anniversario dei Balletti Russi di Diaghilev, continua l'interesse dell'Opera di Roma e della sua direttrice Carla Fracci per il recupero del prezioso repertorio della mitica compagnia che diede inizio a quella fertilissima stagione artistica d'inizio Novecento fra musicisti, pittori, letterati, coreografi, in cui si mirava alla cooperazione fra le arti. Quattro balletti in un'unica serata sono un bel colpo per appassionati e non solo. Raggruppati sotto il titolo "Nijinskij-Fokine", "Petruska", "L'uccello di fuoco", "Jeux" e "L'après midi d'un faune", sono riproposti nelle coreografie originali, appunto, di Michel Fokine e di Vaslav Nijinskij, dalla coppia di studiosi e specialisti Millicent Hodson e Kenneth Archer che hanno curato la ricostruzione coreografica, e nelle scene e nei costumi dei celebri allestimenti secondo gli imperativi diaghileviani della pittura scenografica e costumistica della triade Benois, Golovine e Baskt. I fondali dipinti dei quattro balletti sono dei veri e propri capolavori della pittura impressionista, e i costumi un autentico trionfo di fogge e colori.
In "Petruska", Stravinskij rielabora elementi folklorici tradizionali della musica popolare russa. Sullo sfondo del pittoresco carnevale pietroburghese si dipana l'intreccio del balletto, con le tre marionette - Petruska, la Ballerina, il Moro - che recitano il tipico dramma dell'amore e delle gelosia. Sinonimo del rivoluzionario perdente il cui spirito, vincente, inevitabilmente riaffiora, Petruska vive la tempesta delle passioni umane. Muore per risorgere. Per la prima volta si cimenta il ballerino rumeno Gheorghe Iancu, il quale conferisce al burattino umano un'aria di malinconia che ricorda il Pierrot francese più che quello della tradizione russa. Ma dove lascia un segno impeccabile per l'incisiva espressività è nel ruolo del Fauno. Ne “L'après-midi d'un faune”, del 1912, il fauno bidimensionale, come i bassorilievi ellenici che ispirarono Nijinskij, segnò una sorprendente novità dell'impianto coreografico sia per la rottura con la danza classica e col tecnicismo – una coreografia quasi esclusivamente giocata di profilo, fatta di spostamenti laterali e di linee spigolose - sia per l'esplicita sensualità che lo pervade. In un tempo fuori dal tempo il balletto, ispirato al poema di Mallarmé, si disegna sulla musica di Debussy di un flauto che richiama un suono primordiale. Ma Nijinskij se ne servì solamente da paesaggio sonoro. Il risveglio del giovane metà uomo e metà animale immerso nella natura sopra una collinetta, si dipana con una gestualità dapprima lenta, poi sempre più espressiva, per svilupparsi in un crescendo concitato e tenero nell'incontro con la ninfa (impersonata dalla Fracci) che fugge via infine lasciando cadere il suo scialle. Il giovane lo raccoglie, lo bacia, lo alza al cielo come trasportato da un'estasi e vi si adagia sopra. Il fauno sognatore ritornerà, infine, allo stato naturale delle cose nella calma del giorno che si spegne.
Anche questo balletto ha conosciuto rifacimenti moderni fuori dal mito, attraverso coreografi come Jerome Robbins o, ancora, Maurice Béjart, e il nostro Amedeo Amodio che, nel 1971 per il Festival di Spoleto, ne fece una rilettura che si distingue per bellezza compositiva e acutezza di linguaggio stilistico.
Lieve e romantico "Jeux" è ricco di dettagli e gradazioni non solo formali, che gettò le basi per una composizione più astratta nella danza. E' un triangolo amoroso che vede su un campo d'erba in una notte di luna, un giovane e due donne, amiche e rivali, ingaggiare una partita a tre che dal gioco diventa disputa amorosa. Sul puntillismo sonoro di Debussy, Alessandro Molin dai gesti felini, gli scatti sinuosi, i salti appuntiti, fa risaltare una gestualità stilizzata e pura che si compone, spezzandosi e ricomponendosi, in linee neoclassiche prolungate nelle due donne: Anjella Kouznetsova e la stessa Fracci.
Il più noto titolo "L'uccello di fuoco" conosciuto per la partitura innovativa di Stravinskij, rimane musicalmente un libro aperto, che si presta alle stramberie o alle genialità di coreografi. John Neumeier vi lesse, per esempio, un mondo in rovina dominato dal terrore di un robot, e liberato poi da un uccello luminoso che faceva fiorire l'albero della speranza in un mondo nuovo. Béjart, invece, vi immise il messaggio del poeta-rivoluzionario, la Fenice che ogni volta rinasce dalle sue ceneri. L'originale è invece una favola densa di magia esotica. "L'uccello di fuoco" narra del principe Ivan che, penetrato nel giardino proibito del mago Katschei, libera, con l'aiuto di un uccello, una bella principessa prigioniera. C'è il contrasto fra un mondo eroico e uno di mostri; ci sono incantesimi e amuleti; e c'è, soprattutto, la sgargiante, bellissima partitura di Stravinskij dai forti contrasti e dalle violente espressioni timbriche. Mario Marozzi è il Principe, Gaia Straccamore la Principessa e la georgiana Irma Nioradze un luminoso, rosso, Uccello di Fuoco.
Si esce arricchiti dal teatro capitolino, da questa serata di grande interesse, perché rivedere oggi questi balletti ci immerge in un mondo artistico lontano e ci dà il senso di cosa significasse il convergere delle arti al servizio di un'idea.
Giuseppe Distefano
Quell' invisibile partita di tennis giocata da un profetico Nijinskij
Dopo la serata Picasso-Mjassin l' Opera (repliche fino a mercoledì) ha aperto un' altra finestra sull' età d' oro del balletto del primo ' 900, recuperando coreografie storiche di Mikhail Fokin, il riformatore aristocratico della scena di danza a Pietroburgo, e le provocazioni dell' uomo nuovo degli anni Dieci, Vaslav Nijinskij, incandescente meteora di un cambiamento radicale non solo nello stile ma anche nella morale dello spettacolo. Di Fokin, sono stati rappresentati «Petruska» e «L' uccello di fuoco» con le musiche di Stravinsky, punti di passaggio dal colorismo tradizionale ereditato da Rimskij-Korsakov alle avventure della nascente avanguardia, mentre di Nijinsky - con qualche sottolineatura aggiuntiva sul piano dell' Eros - sono tornati alla luce «Jeux» e «L' après-midi d' un Faune» composti da Debussy. Accoppiata assai forte, fra il russo ancora «barbaro» e il raffinato impressionista francese: alla testa di una bella orchestra, c' era un direttore fra i più sensibili del nostro tempo, Zoltan Pesko, chiamato a rendere onore, da specialista del ' 900, ad autori spesso maltrattati da maestri di routine. Dunque, musica trionfante. Ma la serata ha anche altri meriti: «Petruska» e «L' Uccello di fuoco» sono stati ricostruiti fedelmente da Andris Liepa per l' opera di Riga, con il recupero di scene e costumi originali da parte di Anna e Anatoli Nezhnij. L' allestimento di «Petruska» è quello famosissimo di Alessandro Benois, cofondatore dei Ballets Russes, ed è il trionfo della fantasia; i costumi sono lo specchio delle feste popolari della Russia del suo tempo, le scene sono magiche, da grande fiaba, e si iscrivono in quel mondo surreale e persino assurdo che aprirà la strada a Chagall. Se la musica impone temi e ritmi da strada, strappi ritmici violenti e timbri inediti, la drammaturgia punta sulla disgrazia del «povero Pietro», il Pierrot della Neva, umiliato e offeso nei suoi affetti, ucciso come un pupazzo inanimato dal Ciarlatano e dal Moro, il suo Killer, sotto il tendone dove sta, ed è contesa, la Ballerina. Ma Petruska non può essere cancellato, e la sua straziata figura ricompare subito per punire violenti e assassini. Liepa forse aggiunge qualche gag e qualche colore a un balletto che invece potrebbe essere semplificato, ma l' effetto è travolgente e Di Cosmo, Grossi e Laura Comi, alla prima, erano davvero ispirati. Allo stesso modo Liepa ha riletto, con qualche sovrabbondanza, «L' uccello di fuoco», negli effetti coloristici ed esoticamente floreali delle scene e dei costumi firmati da Golovin e Bakst. Il racconto - con la liberazione della principessa e delle sue dame da parte dell' eroico Ivan che distrugge gli incantesimi del Mago Katchey grazie alle piume magiche della fanciulla uccello - ci riporta un poco al «Lago dei cigni», ma lo scintillio musicale e la rigorosa scrittura coreografica di Fokin sono di una novità totale: questo balletto chiude un' epoca, restando nella storia anche quando, nelle mani di Béjart e con la complicità delle suites di Stravinsky, diventa manifesto della libertà e della rinascita. Nijinskij con «Jeux», scene e costumi di Bakst, inventò nel 1913 un balletto davvero contemporaneo, prendendo spunto da una peraltro invisibile partita di tennis. Costruì un ambiguo triangolo fra due donne e un uomo, un gioco di attrazioni e ripulse che si interrompe di colpo, quando una palla da tennis piomba sulla scena e la gara (presagio della guerra futura?) riprende. Nel «Fauno», naturalmente, c' è quel richiamo all' amore solitario che scandalizzò i benpensanti, ma che fa parte dell' orizzonte poetico ispirato a Debussy dal poema di Mallarmé. Nei due titoli è tornata Carla Fracci, sempre perfetta nel ruolo della Ninfa sognata dal Fauno (Gheorghe Iancu, in gran linea ) e intensamente partecipe al gioco sensuale intrecciato in bella sintonia con Alessandro Molin e Laura Comi, evocando gli interpreti originali, Nijinskij, Karsavina, Schollar.
Mario Pasi
ROMA (29 maggio) - Teatro tristemente semivuoto sabato sera, felicemente strapieno invece domenica – successo vivissimo in entrambi i casi – per il Gala Nijinskij Fokine al Teatro dell’Opera (ancora in scena oggi e domani): un programma indovinatissimo, che unisce il gusto per le cose belle del passato – un passato, comunque, di eccezionale modernità – con un’intelligente combinazione di straordinari valori musicali, coreografici e scenografici, tipica di quella favolosa stagione dei Ballets Russes di Diaghilev che intende rievocare.
Una coloratissima fiera di carnevale ambientata negli anni trenta del XIX secolo in un quartiere della vecchia Pietroburgo fa da sfondo alla vicenda di Petruska (1911): giostre, burattini, ballerine, soldati, contadini, cocchieri e bambinaie, maschere e zingarelle e su tutti la magia del ciarlatano e la triste malinconia della marionetta Petruska, fatta di stracci e di segatura ma con un cuore palpitante, innamorato della Ballerina e perseguitato dal Moro. Ideato originariamente da Stravinsky come un pezzo esclusivamente musicale Petruska ispirò all’infallibile istinto di Diaghilev l’idea di un balletto. Ne affidò la coreografia a Michel Fokine, che ne fece il suo capolavoro, e al genio coloristico di Alexandre Benois le scene e i costumi. Leggendaria divenne l’interpretazione che di Petruska diede Vaslav Nijinskij.
Il teatro dell’Opera lo propone in una ripresa di Andris Liepa che recupera in modo plausibile la coreografia di Fokine (ma del percorso compiuto per risalire all’originale non sono divulgati i particolari), con scene e costumi ricostruiti da Anna e Anatolii Nezhny sulla base dei bozzetti di Benois. Il risultato è quanto mai interessante, armonioso e gradevole, una bella prova per tutti gli artisti coinvolti, dai bambini della scuola di danza al corpo di ballo fino alle prime parti. Sia Riccardo Di Cosmo che Alessandro Tiburzi – il primo sabato, l’altro domenica – danzano efficacemente nel ruolo di Petruska, senza però riuscire a rendere pienamente lo strazio misterioso e crudele della marionetta. (Si preannuncia interessante il debutto nel ruolo, domani, di George Iancu.) Graziosissima la ballerina di Laura Comi e domenica quella di Anjella Kouznetsova. Da ricordare, per intelligenza e misura, il Moro di Fabio Grossi.
Ben documentato è invece il minuzioso lavoro di interpretazione delle fonti compiuto da Millicent Hodson e Kenneth Archer per la ricostruzione/reinvenzione di Jeux, (1913) di Nijinskij, su una splendida partitura di Debussy. Misterioso, alchemico veicolo di un’ambigua geometria di sentimenti – un triangolo amoroso fra due sorelle e un giocatore di tennis – Jeux così come ci viene restutuito appare un breve capolavoro di invenzioni formali e dinamiche. Alessandro Molin – per stile e classe – è assolutamente perfetto nel ruolo che fu di Nijinskij. Meno convincente la prova di Di Cosmo domenica.
Carla Fracci nel ruolo che fu di Karsavina e Laura Comi in quello di Ludmilla Shollar paiono addirittura sorelle gemelle. Ma mentre la Comi sembra aver assorbito ogni stilla dello stile che la Fracci infondeva al suo personaggio nei precedenti allestimenti (meno disciplinata la Kouznetsova, che la sostituiva domenica), la Fracci pare invece ora a disagio col suo personaggio. Nulla si potrebbe effettivamente rimproverarle come interprete, ma negli anni ci siamo abituati ad avere da lei molto di più.
Assolutamente diversa la questione per L’après-midi d’un faune (1912) giunto fino a noi nella coreografia originale di Nijinsky (sul Prélude à L’après-midi d’un faune composto da Debussy per l’omonimo poema di Mallarmé). L’intera creazione è, esteticamente, un prezioso gioiello art nouveau ma coreograficamente vibra di un innovativo e moderno pensiero per l’uso asciutto e limpido del movimento come linguaggio creativo autosufficiente. L’interpretazione di George Iancu (il Fauno) e di Carla Fracci, (la Ninfa) è stata assolutamente memorabile.
Chiudeva la serata la favolosa evocazione de L’uccello di fuoco (1910) nella partitura strepitosa di Stravinsky. Anche in questo caso, come in Petruska, la ricostruzione della coreografia originale di Fokine è di Andris Liepa. Più che in Petruska l’esito finale appare solo plausibile ma ben concertato. Fascinosa la ripresa di scene e costumi di Alexandr Golovin e Léon Bakst, pure con diversi adattamenti – il più sostanzioso dei quali riguarda proprio il costume dell’Uccello di fuoco. Irma Nioradze è un’interprete brillante e sensibile della magica creatura liberatrice. Splendida la coppia formata dalla Principessa prigioniera, Gaia Straccamore e dal Principe, Mario Marozzi. Adeguatamente diabolico Castchey principe del male nell’interpretazione di Manuel Paruccini. L’abile direzione di Zoltan Pesko ha assicurato una resa più che adeguata delle meravigliose partiture di Stravinsky e Debussy.
Donatella Bertozzi
Lorenzo Tozzi