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GRAVITY BETWEEN (THE) - di e con Jacqueline Bulnes 

"The gravity between", di e con Jacqueline Bulnes  "The gravity between", di e con Jacqueline Bulnes 

di e con Jacqueline Bulnes 
musiche di Niklas Emborg Gjersøe
Con: Frances Samson, Michele Degirolamo, Stefano Vona Bianchini, Giuseppe Sangiorgi, Giulio Forges Davanzati
Musiche eseguite dal vivo: Niklas Emborg Gjersøe, Mark Bernestein
Prodotto da: Danish Art Foundation, Koda Denmark
Con il sostegno di: Global Affairs Canada, Danish National Academy of Music, Kultursciok, Jonah Bokaer Arts Foundation, New York Live Arts 
Teatro Basilica – Roma dal 18 al 22 dicembre 2019

www.Sipario.it, 19 dicembre 2019

Da sempre l’arte si è dibattuta fra due concezioni: una che la vede quale imitazione della realtà; l’altra, invece, che la considera quale mera espressione di un concetto (poco importa ciò che verrà realizzato; conta il pensiero che sottende la creazione). Se in tale querelle la pittura si è trovata, e tutt’ora lo è, intensamente coinvolta, anche il teatro e le arti sceniche tout court non ne sono stati esenti. Lo spettacolo The gravity between diretto dalla coreografa Jacqueline Bulnes rientra, per l’appunto, nell’arte quale espressione di un pensiero.
Ciò che anima la performance – come viene definita dal programma di sala – ha questa idea di fondo: indagare e individuare quello che unisce gli esseri umani, cosa li fa avvicinare o distanziare, da quali misteriose forze i sentimenti, le passioni, le incomprensioni hanno origine. Quale, dunque, l’ubi consistam misterioso che tutta l’umanità tiene avvinta pur nelle rispettive differenze? La Bulnes lo individua nella forza di gravità. Difatti nella rappresentazione si vedono uomini e donne che, individualmente o insieme, si avvicinano e si allontanano non sulla base di una loro volontà, ma perché mossi da questa oscura e pervasiva presenza: la gravità, per l’appunto. Ed è quest’ultima a determinare amori, a scatenare disinibite effusioni fisiche, a impedire che ci si possa comprendere fra persone.
Credendo molto alla concezione concettuale dell’arte, la Bulnes ha deciso di coinvolgere nello spettacolo, così dando vita a un bislacco sincretismo, artisti provenienti da: Stati Uniti, Danimarca, Canada e Italia; i quali hanno realizzato i loro lavori ciascuno separatamente per poi ritrovarsi, al momento della rappresentazione, ad unire le rispettive creazioni sul palco. Azione, questa, indubbiamente affascinante. Ma dalla quale una strana idea può conseguire: e cioè che l’unione tra forma e contenuto, espressione e pensiero può serenamente venir meno; dell’accordo fra l’elemento fenomenico e quello noumenico ci si può sbarazzare a favore di quest’ultimo.
È proprio a causa di questo che The gravity between è parso essere uno spettacolo interessante, ma dal debole impatto estetico. Ferma restando la bravura della Bulnes, e degli altri artisti dotati di buona presenza scenica e capacità di intesa e gestione del palco in tutte le sue sfaccettature, il godimento fenomenico per il quale si giunge ad individuare ciò che ciascun fruitore immagina essere il contenuto, è stato così posto in disparte al punto da non permettere al pubblico di aderire in pieno all’idea sulla quale lo spettacolo è venuto man mano crescendo.
È giusto sperimentare, tentare vie avanguardistiche. Ma nel farlo sarebbe altrettanto giusto non ignorare ciò che storia e tradizione ci lasciano in eredità, affinché questo patrimonio possa declinarsi in nuove forme così da istituire un’innovativa continuità con il nostro passato, realizzando un buon equilibrio tra espressione e contenuto che in arte disgiungere del tutto non è mai possibile.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Domenica, 22 Dicembre 2019 16:42

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