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DANZE PANDEMICHE (LE) - coreografia Gabriella Stazio

"Le Danze Pandemiche", coreografia Gabriella Stazio. Foto Giusva Cennamo, Ag. Cubo "Le Danze Pandemiche", coreografia Gabriella Stazio. Foto Giusva Cennamo, Ag. Cubo

Progetto MED FOCUS DANZA
A cura di SISTEMA MED MUSICA E DANZA, UNIONE REGIONALE AGIS CAMPANIA

Con Sonia Di Gennaro, Michele Simonetti, Emanuela Tagliavia e interventi di Martina Galardo e Francesca Gifuni

Sound design Francesco Giangrande

Luci Alessandro Messina
Musiche  Fred Buscaglione, Dj Shadow, Jimmy Fontana, Rino Gaetano, Morgan, Patty Pravo, Massimo Ranieri, Yann Tiersen, Damn Yankees

Produzione  MOVIMENTO DANZA, MIC, REGIONE CAMPANIA

Foto usate durante lo spettacolo  VOGUE ITALIA
Teatro Sannazaro di Napoli, 12 dicembre 2021

www.Sipario.it, 15 dicembre 2021

Ancora una volta la protagonista di uno spettacolo, in questo caso all’interno della rassegna del Campania Teatro Festival, è proprio lei: la Pandemia. Paradossalmente, quella che per mesi ha provato e talvolta prova ancora a portar via la creatività e la creazione, la voglia di fare e di realizzare, i sogni e i desideri, quelle che una volta si sarebbero definite le arti e i mestieri, diventa invece la protagonista di quella stessa creatività e poi creazione, di quella stessa identica voglia di fare e di realizzare, di quegli stessi sogni, desideri e di quella messa in scena, come le tre coreografie di Gabriella Stazio: Polvere: minutissime particelle incoerenti, Il paradosso di Lulù e Pandemik Mambo, in un solo titolo Le danze pandemiche. Ed è così che nascono le danze fra le mura di casa, il ricreare un quotidiano che non c’è più, ma che forse facendoci fermare ci ha dettato nuove regole e nuove fonti per realizzare qualcosa di bello. Forse c’è il desiderio di essere qualcun altro, un’immagine perfetta, una ragazza da copertina, con la contraddizione di essere invece in una casa, fra quattro mura, a spolverare là dove quei granelli si insinuano, con incoerenza appunto, ma quell’incoerenza che, si scoprirà poi, fa nascere qualcosa di nuovo. La ricerca di un corpo che non si sente più come unico, ma che sfodera tante diverse personalità e che racchiude tante storie, ma talvolta a quelle storie ha anche bisogno di essere restituito, proprio sulla scia di ciò che sosteneva nella sua opera e nella sua vita anche Luigi Pirandello. Oppure ancora un modo originale di poter mantenere il distanziamento sociale tramite la forma più antica e divertente, paradossalmente, di aggregazione e di socievole allegria: il gioco, ma tramite due enormi salvagente, per ballare ciascuno nel proprio spazio, ma al contempo insieme, in sicurezza. L’interpretazione di questo spettacolo, per quanto riguarda tutte e tre le coreografie, è strettamente personale e diversificata per ciascuno spettatore; il prodotto si presenta come un trittico di danza contemporanea tra le più pure e aderenti ai canoni dello stile e quindi spesso difficile nel movimento che deve apparire fluido, ma al tempo stesso fermo e maggiormente a scatti nei momenti giusti. Una danza che coniuga il quotidiano con i passi dei ballerini e che prende i suoi suoni anche dalla strada, dai rumori, quasi fosse in presa diretta su tutto ciò che noi ogni giorno, in tanti momenti diversi, ascoltiamo. La confusione e la delusione ben si mescolano con la gioia e l’allegria di musiche e melodie ritmate che sottolineano gli attimi di speranza e di bellezza, proprio come può essere una danza, nata dal buio, ma rivolta verso la luce.

Francesca Myriam Chiatto

Ultima modifica il Sabato, 18 Dicembre 2021 01:19

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