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COPPÉLIA - coreografia Ninette de Valois da Lev Ivanov ed Enrico Cecchetti

"Coppelia". Francesca Hayward (Swanilda) e Gary Avis (Dr Coppelius). Foto Bill Cooper ROH, 2019 "Coppelia". Francesca Hayward (Swanilda) e Gary Avis (Dr Coppelius). Foto Bill Cooper ROH, 2019

Balletto in tre atti.
Produzione e coreografia di Ninette de Valois da Lev Ivanov ed Enrico Cecchetti
Musica di Léo Delibes.
Canovaccio: Charles Nuitter e Arthur Saint-Léon da Der Sandmann di E.T.A. Hoffmann
Scene e costumi: Osbert Lancaster. Luci: John B. Read.
Con: Marianela Nuñez, Vadim Muntagirov, Laura Morera, Alexander Campbell,
Yuhui Choe, Luca Acri, Gary Avis, Bennet Gartside, Philip Mosley e gli Artisti del Royal Ballet.
Orchestra della Royal Opera House
Direttore: Tom Seligman

LONDRA, Royal Opera House, dal 28 novembre 2019 al 7 gennaio 2020

www.Sipario.it, 4 gennaio 2020

Coppélia: l’eredità del Royal Ballet nella festive season del Covent Garden 

Nel 1870 all’Opéra di Parigi andava in scena per la prima volta il balletto pantomimico in tre atti Coppélia di Léo Delibes: un titolo che sotto plurimi profili ha dato avvio, com’è noto, a un nuovo corso della storia della danza ottocentesca. Valga, su tutto, il rilievo di ordine musicale: “infatti, la musica di Coppélia - come ricorda Alberto Testa - partecipa al dramma-danza come mai prima di allora, sorregge la trama e dà nuova dignità alla danza”. Un guadagno di considerevole entità che divenne, vieppiù, preludio per la successiva storia del balletto e, in particolare, per l’ineludibile contributo cajkovskiano (proverbiale fu la profonda ammirazione del compositore russo per il collega francese). 
Un tessuto musicale, quello di Coppélia, che ha il merito, quindi, di narrare con chiarezza ed evidenza quanto accade in scena con quel notorio e lirico tocco francese che contribuisce, senza dubbio, a rendere danceable la composizione. Quello di Delibes è, infatti, un balletto narrativo che vive nell’irrinunciabile riferimento allo sviluppo drammaturgico e alla caratterizzazione dei personaggi proposti dalla trama: cardini, questi, che sono lapalissianamente ravvisabili nell’incedere del balletto e posti in evidenza in alcune delle molteplici versioni coreografiche che la storia della danza ha conosciuto. Fra esse si annovera la produzione degli anni Cinquanta del secolo scorso firmata da Madam Ninette de Valois per il Royal Ballet di Londra, la compagnia da lei stessa fondata. 
Se è vero che la propensione e l’inclinazione per il profilo teatrale fu, da sempre, una vocazione distintiva della troupe d’oltremanica, allora Coppélia rappresentò uno dei territori coreutici di maggiore floridezza. Madam de Valois, infatti, riuscì ad armonizzare in questo balletto le tracce coreografiche di Petipa, Ivanov e Cecchetti con l’interessantissimo profilo narrativo e recitativo ascrivibile nel linguaggio della danza appositamente pensato per il titolo. È questo, per l’appunto, l’aspetto peculiare che ha colpito il nostro sguardo in occasione dell’ultima ripresa del titolo al Covent Garden.
Programmate in sostituzione dell’amatissimo Schiaccianoci, le recenti recite di Coppélia alla Royal Opera House si sono rivelate una preziosissima scoperta per i ballettomani londinesi che da oltre un decennio non hanno avuto modo di tornare ad ammirare la finezza di una produzione poetica, lirica e mai stucchevole. Inghirlandata dalle essenziali scene e dai tenui cromatismi dei costumi di Osbert Lancaster la versione londinese del balletto di Delibes svela un mondo fantastico non banale ma armonioso e dai tratti delicati. La coreografia è pregna di dettagli narrativi concepiti in una meticolosa successione di frasi e modulazioni che vivono, quasi interamente, nell’unione perfetta tra recitazione pantomimica e danza. Un’opportunità e una sfida per la troupe londinese che supera brillantemente la temuta prova di un titolo così peculiare nella breve storia del balletto inglese. 
Nella recita della notte di San Silvestro a vestire i panni della birichina Swanilda era Yuhui Choe, first soloist della compagnia che ricordiamo per l’accuratezza tecnica e la deliziosa interpretazione donata al personaggio con particolare riguardo alle reiterate occasioni di canzonatura e comicità giocate con maestria nel rapporto con il Dr Coppélius qui affidato a Philip Mosley. Non sempre incisivo nel primo atto, il complesso personaggio chiave del titolo con Mosley guadagna ampiezza teatrale nel secondo atto: riuscitissimi i plurimi giochi di finzione, scherno e comicità così caratteristici e così abilmente condotti sia con Swanilda che con lo scaltro Franz di Luca Acri. Spigliato e dal tratto disinvolto, il first soloist nell’ultimo atto dà prova di precisione tecnica nella morbidissima struttura coreografica del passo a due e nell’impegnativa e virtuosistica variazione disegnata sul brano La discorde et la guerre, ottimi i tours en l’air del galop.
Una nota di merito è da riservare per la compagnia: in questo titolo scopriamo uniformità e risolutezza esecutiva in numerosi segmenti del balletto con particolare riferimento alla mazurka e al thème slave varié del primo atto e la Valse des Heures del terzo atto. 
Una produzione, questa, che riflette, dunque, la lifeblood del Royal Ballet e che finalmente, dopo oltre un decennio, è tornata sul palco del Covent Garden con quella meticolosa attenzione all’armonica fusione di recitazione, danza e comedic timing.  Un balletto, Coppélia, che gli spettatoti italiani hanno avuto l’opportunità di seguire al cinema in occasione della diretta di una delle recite previste nel mese di dicembre e che, in definitiva, è un omaggio a colei che consentì, senza dubbio, di dare inizio alla cultura del balletto oltremanica.

Vito Lentini

Ultima modifica il Giovedì, 09 Gennaio 2020 17:42

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