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BEHIND THE LIGHT – di e con Cristiana Morganti

"Behind the light", di e con Cristiana Morganti. Foto Lisa Vescovi "Behind the light", di e con Cristiana Morganti. Foto Lisa Vescovi

di e con Cristiana Morganti
Teatro Cavallerizza, Reggio Emilia
Prima assoluta
Regia di Cristiana Morganti e Gloria Paris
Scenografia e disegno luci Laurent P. Berger, video maker Connie Prantera

www.Sipario.it, 5 novembre 2022

Il nuovo spettacolo di Cristiana Morganti è un diario tragicomico, un documento, una confessione danzata e urlata che è anche una lucida riflessione sulla presenza.
Lo spettacolo può essere letto come la continuazione di due momenti precedenti, Moving with Pina (2010) e Jessica and me (2014), entrambi ancora impegnati in tour internazionali, sezioni separate ma legate dalla stessa vivacità poetica.

Prima di ogni inizio c’è un urlo, uno sfogo, un corpo che si agita. Cristiana Morganti irrompe sulla scena rivolgendosi direttamente al pubblico, la narrazione autobiografica è la premessa, l’innesco di una trama variegata e in continuo movimento.
Behind the Light è una collezione di momenti, ricordi, gesti, parole, visioni che diventano collettivi nel momento stesso in cui vengono attivati dal corpo e dall’energia della perfomer. La coreografia è innestata in una rievocazione quasi archivistica del proprio vissuto. I passi sono punte di penna, il fluire energetico è inchiostro, il recitativo lo segue passo passo, lo anticipa, lo spiega, lo riflette.

La Morganti usa i pochi oggetti di scena (una poltrona gonfiabile, un asciugacapelli, un microfono, un telefono) per illuminare diversi momenti di essere e interrogarsi sul proprio divenire: quante versione di me stessa conosco e soprattutto, quale me prevale quando il mondo che conoscevo è terreno che si sgretola e sfuma? La rabbia, forse, espressione di sé, senz’altro.
“Tristi coloro che credono che sia danza solo ciò che si vede”, scrive Stefano Tomassini nel suo “Tempo Fermo. Danza e Performance alla prova dell’impossibile” (Scalpendi Editore, Milano, 2018) ed è proprio partendo dal corpo come contrappunto tra presenza e assenza che il nuovo spettacolo della Morganti offre gli spunti di riflessione più interessanti.
L’impianto scenico è ibrido. A fronte di un palco scarno, abbiamo le proiezioni video dell’artista italo-inglese Connie Prantera. Canalizzando la tensione in stati emotivi precisi, (la rabbia, l’annichilimento, la resa, l’ironia) la narrazione video segue criteri e modalità differenti: riprese, forme geometriche ossessive, l’inquietudine di una marea ipnotica, l’accumulazione martellante e nostalgica di un collage fotografico.
In una delle scene iniziali vediamo la Morganti sul palco e contemporaneamente su video, quasi in una rimediazione inversa. Il corpo che vive sullo schermo non è una riproduzione, è semplicemente altro. Un simulacro, una visione forse, il ricordo di una parte di sé ormai lasciata indietro, distante.
Tra questi due piani, la fisicità e il proprio riflesso, c’è storia personale ma soprattutto collettiva. E se l’uso della video arte nella danza ha ormai una tradizione consolidata, diverso è riflettere sulla sua semantica dopo l’esperienza pandemica, dove spesso il corpo ripreso è l’unica parte di sé che si vuole far conoscere al mondo, una rappresentazione analogica curata e manipolata, spiazzante se accostata all’esperienza cupa e claustrofobica del reale. Video come reliquia quindi, come materia viva che si trasforma con o senza il rappresentato, come oggetto di contemplazione.

“Ma io vorrei tornare ai tempi in cui si entrava nella sala prova e si lavorava in silenzio”, spiega la Morganti, “Senza video, senza foto, senza cellulari, a volte anche senza specchi. Ci si fidava solo dell’istinto e della propria memoria. Tutto era nella forza di quello che si viveva nel momento. Ed era abbastanza. Ed era potente.” Potente come la trama di questo spettacolo, aggiungerei io. Cristiana Morganti (che ha recentemente vinto il Premio della Critica 2022) è abilissima a cambiare registro: danza, canta, narra, urla, passa dal dramma allo scherzo con la leggerezza dei grandi. L’attenzione dello spettatore è continuamente sollecitata dai movimenti di una crisi incessante. Fino alla fine si attende la scena successiva e poi quella dopo, in un climax che non conosce tregue, un po’ come l’allenamento di un’artista, “se non ti alleni per un giorno la danza ti lascia per due”, recita la Morganti durante un monologo schizofrenico. E così la costanza necessaria per formarsi e progredire si alterna con le battute di arresto non previste, la fluidità dei passi con il conflitto interiore. Ma ci si tiene in piedi, nonostante i “cento affanni intorno” e le “mille furie in sen” del Metastasio. Nonostante la vita che si perde, l’artista colleziona frammenti d’esperienza e prova a dargli un senso. Col cuore spezzato e la voce sempre alta, per cantare, raccontarsi, urlare, per ridere forte.

Martina Tiberti

Ultima modifica il Sabato, 19 Novembre 2022 09:15

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