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BATSHEVA DANCE COMPANY - LAST WORK - coreografia Ohad Naharin

"Last Work", di Ohad Naharin "Last Work", di Ohad Naharin

per 18 danzatori
coreografia Ohad Naharin
musica orginale Grischa Lichtenberger
Coproduzione Festival Montpellier Danse 2015
Hellerau European Center for the Arts, Dresden
con il sostegno di Batsheva New Works Fund and the Dalia and Eli Hurwitz Foundation
con il contributo speciale di The American Friends of Batsheva
PRIMA IN ESCLUSIVA PER L'ITALIA

Teatro Comunale di Ferrara 25 Novembre 2018

www.Sipario.it, 27 novembre 2018

Last Work, di Ohad Naharin, uno dei più innovativi artisti di danza contemporanea, è stato realizzato per Batsheva Dance Company, la compagnia israeliana che il coreografo/ballerino stesso ha trasformato negli ultimi decenni in uno dei più grandi ensemble di danza del mondo. Si tratta di un lavoro preciso, delicato, calligrafico, pieno di improbabili posizioni del corpo, che evolve in un crescendo che arriva all'estasi.
Il palco è spoglio. Sul fondo una donna corre su un tapis roulant una corsa senza sosta la cui cadenza, sempre perfettamente uguale, costituisce il metronomo di quest'opera, le cui immagini molto potenti, generate dai virtuosi ballerini, si imprimono nella mente a questo ritmo. Il suo movimento è ritmico e ipnotico, i colpi dei suoi piedi hanno qualcosa di rituale. Ma questa donna in abito blu, che corre sul posto, sola, in disparte, dall'inizio alla fine di "Last Work", non è la parte straordinaria, lo è invece quello che succede intorno a lei. Non esiste una narrazione coerente, il disordine pianificato della coreografia può essere disorientante, e l'esecuzione, dipendente strettamente dal singolo ballerino, è ora fluida, ora può essere alienante da guardare. L'unica linea costante dell'intera opera è una tensione crescente, sostenuta dalla estraneità del corridore e dalle vorticose contraddizioni del disegno tersicoreo. Tuttavia i ballerini sono raramente unità singole, sono impegnati in molti assoli e duetti, ma brevi, e questi momenti, che si percepiscono come singoli, sottolineano il potere del gruppo da cui emergono e in cui sono assorbiti. Il movimento del gruppo è urgente, intenso, anche delicato, eppure è implacabilmente diretto e severo, non propone scuse o spiegazioni così come non evita immagini significative. I danzatori ora galleggiano sulla schiena come creature fluttuanti in un universo liquido, ora si muovono come macchine, ora si coprono i volti, e l'effetto ricorda le opere di Magritte, ora si cavalcano l'un l'altro con allusioni di sesso vizioso. Poi un danzatore sventola una bandiera bianca, come di resa, ma non per capitolare. Infine un ballerino lega tutti gli altri, anche la corridore, in un intreccio di nastro adesivo. Ma non è dato dire se questo legame sia benevolo o sinistro, come si combini con tutto il resto. Tali apparenti contraddizioni sono fonte di criptico, potente fascino. La danza è in un momento incredibilmente animale, ma rigida e autoritaria in quello successivo. I bruschi cambiamenti di umore e stile mantengono costantemente il pubblico al limite, in attesa.
I drastici cambiamenti nell'illuminazione contribuiscono a veicolare le reazioni estetiche: si passa da un bianco alienante, sterile, bluastro a un caldo arancione, più vicino al compromesso umano, a un giallo intenso e fagocitante e la coreografia si immerge in queste atmosfere e di esse si veste.
La colonna sonora, di Grischa Lichtenberger e Maxim Warratt, è sapientemente realizzata. Musica elettroacustica minimale, senza trascendere nello scontato, appassionata senza essere melodrammatica. La parentesi elettronica si gonfia lentamente per sfociare poi in allontanamento improvviso. Questo insieme sonoro è poi intersecato da ninne nanne, che infondono nei movimenti coreutici caotici un tocco di terrificante tenerezza. Questa colonna sorprendentemente rivela la qualità musicale della danza: la danza, una forma intrinsecamente visiva con così tante parti in movimento, parla qui immediatamente, come il suono.
Certamente Last Work non sarà l'ultima opera di Ohad Naharin, anche se potrebbe benissimo fungere da suo testamento artistico, in quanto porta al culmine tutto ciò che ha consacrato al successo internazionale il coreografo israeliano. Quindi, a che cosa si riferisce il titolo? L'ultima opera di ogni artista è a suo modo mistica, a volte premonitrice, altre riflessiva, ma rappresenta anche l'ultima idea dell'artista, l'ultima valutazione del suo lavoro, un compendio. Questa mitologia intrinseca crea una irresistibile tensione interiore, spinge e tira, eccita e incupisce. Forse era questa tensione che Naharin cercava. Il coreografo non fornisce una spiegazione del titolo, ma, la cosa che si può dire per certo è che Last Work è sia un puro momento di coreografia, sia un'apertura al mondo.

Giulia Clai

Ultima modifica il Giovedì, 29 Novembre 2018 11:40

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