Il Teatro San Domenico di Crema ha ospitato il 9 gennaio un grande regista della cinematografia italiana: Marco Tullio Giordana, che ha messo in scena uno spettacolo teatrale tratto dal romanzo di Colm Tóibín: "The Testament of Mary".
La figura di Maria, impersonificata dall'attrice Michela Cescon, non è quella che abbiamo sempre conosciuto; sembra, o forse è, un'altra donna. Una donna di oggi.
Vengono ripercorsi i passi della vita di Gesù dal punto di vista della madre, un punto di vista inusuale e di grande effetto, enfatizzato dalla scelta della tecnica narrativa del monologo. La scena è spoglia, ornata da elementi essenziali: un tavolo, un semplice piano appoggiato su cavalletti e un paio di sedie. Nessun elemento realistico. Maria sembra parlarci da un luogo lontano, generato dalla sua memoria. Grande abilità tecnica nella scelta e nell'utilizzo di luci e ombre. L'assoluta protagonista è immedesimata perfettamente nel ruolo di madre; a cui ne conseguono dolori a preoccupazioni per il figlio amato. "Mio figlio", "egli","lui","il salvatore"; insomma il Cristo non verrà mai nominato con il suo vero nome. La scelta azzeccata del monologo ha reso per nulla stancante la visione di un'ora e mezza di spettacolo, intervallato da una pausa centrale. E' innegabile un certo scetticismo iniziale nello spettatore, scaturito dal pensiero di assistere all'ennesima rappresentazione "pesante", supposizione fortunatamente infondata; le parole scorrono come un fiume in piena nel silenzio grave e drammatico del suo percorso. Il merito va sicuramente alle grandi doti di Giordana circa l'elaborazione del testo e alle doti artistiche di una sensibilissima Cescon. Un modo originale, diverso dall'ordinario, dove si dà finalmente ampio spazio al ruolo e al pensiero femminile e materno. Una scelta coraggiosa ma altrettanto confortata dal successo dei testi di Tóibín. Riflessione finale: perché non provare a rappresentare la stessa storia, raccontata però dal punto di vista inusuale e inaspettato di Giuseppe?