Tre tragedie - Agamennone, Coefore, Eumenidi - tre storie umane che si susseguono nella magica atmosfera del palcoscenico immerse in un allestimento epico disturbante. Lo spettacolo si rivela, nonostante le libertà rispetto al testo originale, attinente all'intenzione eschilea di esprimere in scena i concetti tipicamente greci di: ereditarietà della colpa, vendetta e giustizia. All'apertura del sipario l'atmosfera è penetrante e fortemente carica della colpa originaria di Atreo, funesta sorgente del fiume di sangue che inonda il palazzo di Agamennone.
La magnifica scenografia mostra un drappo sanguigno che pare risucchiare inevitabilmente le vite degli assassini-vendicatori che, al contempo giusti ed ingiusti, periscono in nome di una vendetta inderogabile e sacra ai loro occhi.
In particolare Elisabetta Pozzi interpreta magistralmente Clitemnestra, che si mostra in tutto il suo terribile potere di madre ferita e di donna calcolatrice, che ben ha meditato ogni minimo atto omicida. E' la figura ambigua e polimorfica che proprio Eschilo, per la prima volta crea, tratteggiando un personaggio femminile complesso, realistico e per nulla inquadrabile in uno stereotipo femminile arcaico. L'opera meglio riuscita del trittico è l'Agamennone, ma il risultato è ottimo anche per quanto riguarda Coefore ed Eumenidi, la cui realizzazione è resa ardua da un ritmo meno rocambolesco, maggiormente filosofico e riflessivo. Nel complesso la sanguinosa triade di tragedie riesce a perseguire il progetto eschileo, senza mai perdere il filo conduttore della vicenda o tralasciare i temi etici e morali fondamentali del pensiero classico. La grandiosa realizzazione delle tre opere ha raggiunto l'obiettivo di manifestare l'universalità dell'opera eschilea.