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(CINEMA) - “IL SOL DELL’AVVENIRE” di Nanni Moretti

“IL SOL DELL’AVVENIRE” di Nanni Moretti. Foto Alberto Novelli “IL SOL DELL’AVVENIRE” di Nanni Moretti. Foto Alberto Novelli

 “IL SOL DELL’AVVENIRE” di Nanni Moretti

Morettiani o no che si sia, ogni film in uscita del regista romano porta a discussioni di ogni tipo, soprattutto da parte di chi non lo ama particolarmente, che in ogni sua pellicola (e interpretazione) trova difetti e non sa leggere i pregi, spesso numerosi peraltro. Nanni Moretti è dunque tornato al cinema con Il sol dell’avvenire, in concorso al Festival di Cannes quest’anno. Un film che raccoglie in ogni immagine sensazioni ed emozioni plurime, oniriche talvolta, piacevolissime, che ancora una volta riguardano il mestiere stesso dell’autore, il regista, appunto, e l’ambiente ove si muove, il cinema. Che viene raccontato attraverso un film che il suo alter ego sta girando e che qui si chiama proprio come lui, quasi come tutti gli attori presenti con il proprio nome, da Silvio (Orlando) a Barbora (Bobulova). Cinema nel cinema, dunque, proiezione esistenziale pregna di poetica e disperazione mai vinta, che riguarda (mi verrebbe da dire, per tutti, comunque, se si vive) anche la politica, la propria visione su di essa, sui fallimenti propri e anche sentimentali, proponendo di fatto una lucida visione personale, ma anche di altri simili che la pensano come lui. Cinema e vita, forza e passione. E sul cinema personalmente penso che non si scherza, l’arte è sublime e va coltivata, se si vuole, affrontata con un minimo di studio, di informazione, che poi impara in molti casi quella specie di subcultura che a larghe tese si trova e si vede in giro un po’ ovunque, molto anche sulle piattaforme che infatti non sono certo risparmiate dal regista, emblema di un certo decadimento culturale. Moretti fa Moretti, certo, ma meglio ancora e di più è Moretti, quel che vorrebbe vedere, in un Paese che bene o male sta a galla e cerca di sopravvivere su vari fronti. In questo film nel film, che il regista Giovanni sta girando, le visioni riguardano il sol del titolo, l’avvenire che dovrebbe arrivare, e si vedono sullo sfondo la rivoluzione ungherese, un circo, un’Italia parallela, una sezione del PCI e i suoi iscritti, attoniti ma anche reattivi di fronte a quello che sta accadendo (e alle visioni del regista, con cui discutono delle scene). Le citazioni d’amore, gli omaggi al cinema ci sono, da Il nuotatore a La dolce vita, sono citazioni verbali ma anche sceniche che, va quasi da sé, si mescolano a trame quotidiane, essenziali di vita, basilari, necessarie, come l’amore per la donna amata, l’impossibilità di stare senza, l’amore per la vita, un altro film pensato con le canzoni, per se stessi ma direi fuori dalla componente narcisistica. Sono considerazioni quelle che Moretti fa e dispone, che riguardano se stesso e tutto ciò che lo circonda, a partire dagli umani, e dagli avvenimenti che li riguardano da vicino. La carrellata dei personaggi è forte, e va dalla moglie (Margherita Buy) alla figlia, dal fidanzato maturo di questa (uno splendido Jerzy Stuhr) agli assistenti del mestiere, al produttore, (Mathieu Amalric) a due giovani fidanzati del film con le canzoni (brava, molto, Blu Yoshimi), allo psicanalista che Teco Celio interpreta con autorità, ai suoi attori-personaggi, Silvio e Barbora (anche qui, Orlando e Bobulova assolutamente perfetti, calzanti). Un’altra delle sue visioni è giustamente indicativa sulla violenza nei film, ormai largamente usata e inutile, la sua mai paludata passione per le canzoni (e anche qui è film nel film, nel film, passatemi il termine, vista la pellicola pensata con le canzoni). Tutto acquista col passare dei minuti un senso favolistico, che porta nel sogno che poi è realtà, anche, nella visione che è consapevolezza, nei tuffi nel passato affrontato dal cinema che fa i conti col presente. Il sol dell’avvenire, quello che forse esiste ancora a cui auspicare, è lo stesso che riunisce simbolicamente nella scena finale tanti volti noti del cinema passato di Moretti, riuniti in una sfilata che pare un’attesa comunque, se non festante, palpitante per essere pronti a quel momento, che sia anche utopico può darsi, ma che fa bene sperare. Che riguarda il cinema, e la vita stessa perché le due anime si fondono e lo si sa bene. Basta soffermarsi un attimo col pensiero, e tutto torna. Ancora una volta dunque Nanni Moretti conquista, senza magari sorprendere se non per qualche effetto o dettaglio, ma siamo certi, certissimi che l’autore è sempre presente in un cinema, un impegno rigoroso che si cerca di non abbandonare mai. Va ricordata la musica di Franco Piersanti, sempre stridentemente ottima, e alcuni camei, come quello di Renzo Piano ad esempio. Uscito il 20 aprile, Il sol dell’avvenire è prodotto da Nanni Moretti e Domenico Procacci, in una coproduzione Sacher Film, Fandango con Rai Cinema, Le Pacte e distribuito da 01 Distribution. Fra meno di un mese sarà in concorso al Festival di Cannes.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Sabato, 29 Aprile 2023 13:48

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