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(CINEMA) - "Il Signor Diavolo", di Pupi Avati. Viaggio nell'oscurità della luce

Filippo Franchini e Lorenzo Salvatori in "Il Signor Diavolo", di Pupi Avati Filippo Franchini e Lorenzo Salvatori in "Il Signor Diavolo", di Pupi Avati

Il Signor Diavolo
Regia di Pupi Avati
con Filippo Franchini, Lino Capolicchio, Cesare Cremonini (II),
Gabriel Lo Giudice, Massimo Bonetti, Chiara Caselli
Prod. Italia 2019

Gotico Padano

Nonostante si tratti di uno dei film più avvincenti e convincenti, compiutamente solenne e sobriamente macabro, della vastissima filmografia di Pupi Avati, nulla potrà ovviare al "vuoto" che in esso coglie lo spettatore avvezo: ovvero la dolorosa assenza del caro Carlo Delle Piane, impossibilitato dalla malattia ad aggregarsi allo storico team degli interpreti 'di scuderia' (calibrati, lusinghieri, nelle loro deformazioni grottesche, da Cavina a Capolicchio, da Haber a Bonetti, più la 'tragicamente' fascinosa Chiara Caselli).
Tratto dall'omonimo romanzo dello stesso regista, pubblicato lo scorso anno da Guanda, "Il Signor Diavolo" è un innanzi tutto un 'signor' film di meditazione sui nessi invisibili fra mondo reale e paranormale, immagini aberranti e aberranti retroscena socio-politici che alimentano il lugubre connubio fra superstizione, ignoranza, sottocultura delle sacrestie e prelati interessi di certa ecclesialità cui "sta a cuore" qualsivoglia aspetto ed elemento dell' "umanesimo oscurantista". Nelle sue torbide sfaccettature di servilismo, delazione, cattiverie e dicerie (dell' "untore" di turno).
Strutturato come staffetta di sequenze ad incastro, volutamente non 'conseguenziali', per nella apparente logicità deduttiva dell'indagine- e cesellata sceneggiatura in impalpabile mix di realismo, satanismi e fantasmi onirici- "Il Signor Diavolo" narra della "premeditata" caduta verso gli inferi in cui si vede precipitare un bolso Ispettore del Ministero di Grazia e Giustizia, invitato "da misteriose, non rivelabili burocrazie romane" nel cuore del Triveneto più atro e scontroso. A risolvere un caso di omicidio a dir poco "anomalo, intricato, orripilante". Un bambino- di nome Carlo- ha ucciso un suo coetaneo credendo di uccidere nientemeno che il Diavolo. Lo spazio e il tempo di riferimento sono fattori cruciali, trovandoci nell'Italia del 1952.
Ad esempio, lo "spostamento" (la trasferta a ferale destinazione) dalla capitale alle "devote" lande padane è determinato da specifici interessi della Democrazia Cristiana (degasperiana), per la quale sarebbero devastanti plausibili scandali, delazioni, efferatezze ed eventuali moventi (esoterici, stregoneschi, aberrazioni eugenetiche). Che tuttavia –e cammin facendo- riannodano il bandolo della matassa attivato dal tremebondo, insicuro investigatore Momentè (ruolo affidato un po blandamente al semi esordiente Gabriel Lo Giudice), ma "padroneggiato" da entità inaccessibili all'umano raziocinio.
Come nella migliore tradizione della detection noir, evitiamo accuratamente di addentraci verso il cupo 'seppellimento' di un finale donde nessuno dovrà riaffiorare vivo e vegeto (d'intelletto) nel cuore di certe terre desolate e dilatate da Pupi Avati verso significanze di religione, ideologia, fede patristica, di cui è parte integrante la tangibilità del "peccato" e dell' "espiazione". Elogiando semmai la sapiente struttura ellitica e sfuggente (da qualsiasi baricentro) di una lunga associazione di immagini, basate sull'accostamento di azzardi estetici e sedimentata conoscenza del senso "gotico".
Nella particolare, autoctona dimensione cara ad Avati sin dai tempi di "Tutti defunti, tranne i morti", ma giunta a più alte elevazioni (filosofiche? Debitrici di Blaise Pascal?) in almeno due casi, "L'arcano incantatore" e "La casa dalle finestre che ridono". Tutte esperienze che sembravano esserci esaurite nel breve arco di un decennio, a cavallo fra gli anni '70 e '80, ma cui "Il Signor diavolo" ridà impulso e azzardo.
Sicchè, parafrasando il celebre titolo di Bresson, "Il Diavolo...probabilmente", arcani afflati potrebbero suggerirci: "più che probabilmente, indubbiamente", se qualcuno e qualcosa "mette i propri mezzi" affinchè, nel tentativo di sfuggire al Maligno, si scivola giù, sempre più giù, come nel più assassino dei pozzi artesiani

Angelo Pizzuto

Ultima modifica il Mercoledì, 04 Settembre 2019 21:26

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