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"Le Vespe" di Aristofane al Teatro greco di Siracusa per il Centenario dell'INDA. - di Gigi Giacobbe

"Le Vespe" - regia di Mauro Avogadro. Foto Maria Laura Aureli "Le Vespe" - regia di Mauro Avogadro. Foto Maria Laura Aureli

Le Vespe non è una delle migliori commedie di Aristofane. Lo scriveva pure Gennaro Pirrotta al tempo in cui, con passione, studiavo il suo Disegno storico della Letteratura greca in un liceo classico di Messina. Ciononostante l'Istituto Nazionale del Dramma Antico la ri-propone ancora una volta al Teatro greco di Siracusa in quest'edizione del 2014, abbinandola all'Orestea di Eschilo, dopo averla inserita nel programma del 2003 con la regia di Renato Giordano e quando presidente dell'Inda era il compianto Turi Vasile. Tuttavia non mancano nel lavoro alcune scenette gustose come quelle che vedono processato un cane di nome Labete (diventato qui Ladrete nella traduzione di Alessandro Grilli) con evidente allusione allo stratega Lachete, che in Sicilia non era stato, pare, un modello di onestà. Un procedimento giudiziario architettato a dovere da Bdelicleone (qui Abbassocleone) per calmare il vecchio padre Filocleone (qui Vivacleone) ammalato di giustizia e regalargli un piccolo processo in casa sua. Il titolo della commedia allude a quei vecchi eliasti, meglio noti come giudici popolari dei tribunali ateniesi, che considerano la gioia più grande della vita quella di poter pungere con il loro voto. Arnaldo Pomodoro, come suggerito del resto da Aristofane, li raffigura sotto forma di vespe dal lungo pungiglione (solo evidente nei bozzetti e non sulla scena), facendoli muovere all'interno e all'esterno d'una parete verticale a forma di grande arnia, quale chiara metafora sulla litigiosità degli ateniesi e rendere chiaro l'intero sistema giuridico della città. Il plot è incentrato sulla figura di Filocleone/Vivacleone, quello che con spiccata ironia, senso comico e navigata bravura veste Antonello Fassari, come se questo tipo di personaggi facessero parte del suo patrimonio genetico, il quale divide con l'amico Cleone uno spiccato senso della giustizia e di amare i processi oltre misura. Una caratteristica che Bdelicleone/Abbassocleone (Martino D'Amico si adegua nel suo ruolo di spegnitore d'incendi) odia oltremodo, cercando tutti gli escamotage per guarire il genitore dalla sua follia, riuscendovi alla fine dopo avergli fatto conoscere il bungabunga, le escort e le cenette eleganti. Sulla scena i personaggi arrivavano in sidecar, in Ape e in bicicletta e si notavano le presenze di Sosia e Santia (Sergio Mancinelli e Enzo Curcurù) mentre il coro dei veleniferi insetti spesso rimaneva immobile, vivacizzati solo dagli interventi musicali in stile jazzistico dei quattro componenti della Banda Osiris, agghindati con farfalla e neri frac su camicie gialle, con giudizi discordanti sulla regia di Mauro Avogadro che comunque si sarà (lui) molto divertito. Non così quella schiera di spettatori che hanno trovato gli interventi sulla contemporaneità scurrili e stereotipati. Un rischio che corrono pure alcuni registi quando cercano nei templi del melodramma di attualizzarne tematiche, scene e contenuti.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 20 Maggio 2014 12:21
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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