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Biennale Teatro Venezia 2013: PEEPING TOM - 32 rue Vandenbranden

PEEPING TOM - 32 rue Vandenbranden PEEPING TOM - 32 rue Vandenbranden Concept e direzione Gabriella Carrizo, Franck Charter

concept e direzione Gabriella Carrizo, Franck Charter
drammaturgia Nico Leunen, Hildegard De Vuyst
danza e creazione Seoljin Kim, Hun-Mok Jung, Marie Gyselbrecht, Jos Baker, Sabine Molenaar, Erudike De Beul
produzione Peeping Tom; coproduzione KVS Brussel, Künstlerhaus Mousonturm Frankfurt am Main, Le Rive Gauche Saint-Etienne-du-Rouvray, La Rose des vents - scène nationale Lille Métropole - Villeneuve d'Ascq, Theaterfestival Boulevard 's-Hertogenbosch, Theaterhaus Gessnerallee Zürich, Cankarjev Dom Ljubljana, Charleroi/Danses, Centre chorégraphique de la Communauté française de Belgique
un ringraziamento speciale a Théâtre de la Ville, Paris con il supporto di Flemish Government

Cercando su Google Maps il numero 32 di rue Vandenbranden risulta una piccola palazzina di una via di Bruxelles. Nulla di straordinario, a vederla da una foto.
Soltanto un piccolo cartello rosso e bianco, con la scritta : Bati Star - nettoyage & restauration de façades. Con un piccolo numero per le emergenze, qualora l'anonimo edificio cominciasse lentamente a sgretolarsi.
Comincio a immaginarlo così il numero 32 di rue Vandenbranden, una sorta di grande binario 9 e ¾ , portale per una dimensione che si esprime dietro le scenografiche apparenze. Se si incrinasse la perfetta stuccatura della facciata, non credo chiamerei la ditta Bati Star per donarle una nuova compostezza, ma mi siederei su un marciapiede e aspetterei di vederlo crollare, per mirare il paesaggio innevato che si schiuderebbe al mio sguardo.
32 rue Vandenbranden è, per i Peeping Tom, una lingua di terra srotolata in poche decine di metri, ricoperta da un manto bianco, che si perde in lontananza tra i picchi di un panorama roccioso. Una strada che non è registrata in nessuna mappa e che sembra non recare in altro luogo che in quell'aridità glaciale, sorta di no man's land in cui confluiscono differenti etnie e indiscrete quotidianità; un microsistema nomade, accampato in un pugno di prefabbricati che si affacciano all'esterno, grazie a lucernari che fanno del "buon" vicinato il covo di una banda di terroristi della privacy; ma la corrente del perturbante è più tagliente delle nevi del nord.
Lo stato sonnambolico in cui si muovono questi prestigiatori del teatro, rimuove la pellicola dell'epidermide più superficiale e ci lascia disorientati tra le planimetrie liquide di un sogno. Ogni gesto di questi mutanti della danza, ogni parola della leggerissima e precisa drammaturgia testuale, sembra portare con sé il potere evocatorio della rivelazione onirica; le iperrealistiche scenografie cinematografiche che caratterizzano il linguaggio della compagnia belga dal vago sapore fotografico alla Gregory Crewdson, si fanno territorio che scavalca il reale per accompagnarci dietro la facciata di quel numero 32 di rue Vandenbranden; dietro il domestico, dietro le dinamiche della borghese giovane coppia alla Revolutionary Road, alle spalle di un cuore infranto per la donna della finestra di fronte, oltre il trito dramma della giovane madre che brama l'attenzione di un uomo che si faccia padre per il nascituro, forse lo stesso dirimpettaio di casa che quotidianamente è condannata a invidiare nella dolcezza di un amore casalingo. Finestre su finestre, sguardi osceni, i loro quanto i nostri di morbosi spettatori a spiare nel buco della serratura delle loro ordinate stanze: l'occhio del vicino è sempre più verde, ne sono consapevoli anche loro durante l'interezza dell'opera, con il loro sovraesporsi, con il loro modellarsi a nostro favore, con il loro saltuario fermarsi a fissarci, come fossimo il presagio di un mitologico Uomo delle Nevi o l'avvento di una tempesta inarrestabile. L'occhio impietoso e giudicante dello straniero.
Questo cortocircuito dello stato naturale si fa tangibile attraverso l'uso straordinario del movimento corporeo dei protagonisti, virtuosi nel plasmare attraverso i muscoli, i nervi, nei tendini quelle inspiegabili sfumature della vita che siamo abituati a rintracciare nei fumosi processi emotivi. Sono corpi immanenti, che filtrano direttamente nell'azione qualsiasi possibile ridondanza psicologista.
La piccolezza della misera storia individuale si ingrandisce su un piano leggendario, questi corpi che possono tutto, che sembrano davvero potere tutto quello che il pensiero non riesce a decifrare, ci abbagliano con le loro trovate illusionistiche regalandoci una dimenticata emozione infantile davanti allo stupore del magico, nutrendolo di un sanguigno sapore granguignolesco che non lascia dubbi sulla fisicità della materia.
Gabriela Carrizo e Franck Chartier sono abilissimi direttori di un'orchestra performativa, perfettamente sintonizzati nel valorizzare le specifiche tecniche e i valori fisici di ognuno dei propri artisti, navigando in un linguaggio che unisce arti circensi a sbrindellati karaoke, impossibili danze a secca e raccolta recitazione, senza dimenticare mai che quel contenitore morbido come il Das custodisce il mistero di un'anima infinita.

Andrea Pizzalis

Ultima modifica il Domenica, 18 Agosto 2013 23:07

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