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FILMFESTIVAL Bruxelles, 31 maggio - 9 giugno 2013 di Attilio Moro

A world not ours A world not ours di Mahdi Fleifel

Dieci giorni di proiezioni non stop per un totale di 100 film arrivati da 54 paesi del mondo. Una serie pressocche' infinita di dibattiti sui temi trattati dai lungometraggi: acqua contaminata dall'arsenico in Bangla Desh, costruzione di dighe genocide qua' e la' in Asia (la fame di energia ha la meglio sulla sopravvivenza di popolazioni la cui identità è definita dal territorio che abitano e che devono abbandonare), la vita quotidiana in un campo palestinese, riprese ( ad alto rischio) delle fasi decisive delle rivoluzioni arabe della primavera del 2011, un film sui pirati al largo della costa somale, storie di pescatori africani ridotti alla fame dalla Unione europea ( accordo di pesca con i governi della costa atlantica africana che alimenta la corruzione e rovina la pesca di sussistenza). E ancora: repressione in Cina, organizzazione (disumana) del lavoro nei modernissimi quartieri generali della Unilever (Amburgo) e Deutchepost ( Bonn), sviluppo grottesco (accompagnato dalla iper-violenza) delle città africane. E' un caleidoscopio nel quale vediamo scorrere i grandi drammi del mondo odierno, la faccia nascosta della Umanità. I film sono prodotti in economia: raramente superano i 100 mila euro. E senza attori, ovviamente. Si tratta, a rigore, di documentari. Sapendo che una rigida distinzione tra film e documentari è sempre ingannevole, come ingannevole è quella tra 'fiction' e 'non fiction': chi puo' negare una dose insopprimibile di 'fiction' nella fredda realtà quotidiana e, viceversa, una corposa dose di realismo nella 'fiction' piu' sbrigliata? Tutto è ben documentato. Ma le storie raccontate hanno la forza lirica e corale dei grandi romanzi popolari. Uno dei film piu' scioccanti, 'Free China', documenta fin nei minimi dettagli e con la più fredda precisione le sevizie e le torture alla quale una donna, la protagonista nonche' autrice del film, viene sottoposta in un campo di concentramento cinese: arrestata in quanto membro del Falun Gong (la disciplina cinese che si ispira allo Zen e che aveva toccato all'inizio di questo decennio i 70 milioni di adepti, superando gli iscritti al Partito comunista cinese) riesce ad uscire solo grazie al fatto che tradisce i suoi compagni, una vergogna che la tormentera' – dice lei stessa – tutta la vita. Riesce a emigrare negli Usa dove si dedica alla denuncia dei milioni (non è un errore: milioni, e ben pochi ne parlano in Europa) di membri del Falun arrestati negli ultimi anni in Cina. Aggiunge che i militari cinesi uccidono membri del Falun al solo scopo di venderne gli organi, e lei produce testimonianze e documenti che provano le sue accuse. E allora: incubo o realtà? La seconda, purtroppo. Il vincitore indiscusso della rassegna, il film che ha ottenuto sia il premio della critica che del pubblico è 'A world not ours' di Mahdi Fleifel: e'  la storia narrata con grande delicatezza di un ragazzo nato nel campo palestinese di Ain al-Hilweh, nel sud del Libano, espatriato con i genitori in Danimarca, per tornare, poi, in vacanza nel campo dove ha trascorso l'infanzia. E qui' gira il suo film: attraverso la sciagurata vicenda di un suo amico, che tenta di raggiungerlo in Europa per essere arrestato in Gracia, imprigionato per un anno e poi rispedito nel campo, ci racconta una storia di privazioni: di una patria, di un lavoro, di una vita normale, di un futuro.

Ultima modifica il Giovedì, 20 Giugno 2013 09:46
La Redazione

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