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45° CANTIERE INTERNAZIONALE D'ARTE DI MONTEPULCIANO - "RIVA & REPELE LILI ELBER SHOW". -di Annamaria Pellegrini

"RIVA & REPELE LILI ELBER SHOW". Foto Biancucci "RIVA & REPELE LILI ELBER SHOW". Foto Biancucci

RIVA & REPELE
LILI ELBER SHOW
Sasha Riva & Simone Repele coreografia
Yumi Aizawa, Silvia Azzoni, Jamal Callender, Simone Repele, Sasha Riva, danzatori
Ensemble della scuola di musica di Fiesole
Marc Nieman direttore
Azzura di Meco coordinamento artistico
Giaccio “Giaccio” Trabalzini direttore degli allestimenti
Claudia Dastoli disegno luci
Giulia Argenziano, Michela Brignoli, Giulia Cabrini, Silvia Ceciliot, Irene Spada, Simona Venkova, scene e costumi coordinati da Giacomo Andrico
Musiche di Johan Sebastian Bach
Una coproduzione Fondazione Cantiere e Riva & Repele
In collaborazione con Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia, Guido Levi lighting lab, Daniele Cipriani Entarteinment, Petite Ecole di Montepulciano, ASD Etoile di Chiusi, Ecole de ballet di Sinalunga
46° Cantiere Internazionale d’Arte
Montepulciano, Piazza Grande, 29 luglio 2021

Abbiamo conosciuto Sasha Riva e Simone Repele nello scorso Cantiere di Montepulciano. Tra cielo e terra, il loro balletto pas de deux all’interno di un composito trittico danzato (vedi recensione su Sipario Portale, rassegna festival 2020) creato nel rispetto delle norme, era quasi incredibile pur nella obbligata staticità, astratto: era già evidente la qualità tecnica e l’affiatamento tra i danzatori. Questo Lili Elbe Show, la prima coreografia a pieno spettacolo creata dai due, con cinque protagonisti, ci ha lasciato stupefatti. Per le qualità tecniche, l’intelligenza, la capacità di scegliere i protagonisti in funzione del ruolo. Ed il grande gusto nel trattare una tematica non facile, tragica, con partecipazione e creatività. Qualcosa a cui, chissà, pensavano da tempo i due ballerini-coreografi, e che finalmente hanno potuto realizzare: una serata mitica, nella piazza grande di Montepulciano.
Un tema da far tremare le vene ai polsi, quello dato, una tragedia degna del teatro greco classico, che molto si interrogò sulla condizione umana, sulla impossibilità dell’uomo di gestire la propria esistenza. Di opporsi. Ed infine di soccombere a ciò che non si riesce a gestire. Il simbolo aiuta a rapportarsi all’arduo tema dato, e l’eccellenza dei danzatori, nell’interpretazione dei singoli protagonisti, è miracolosa. Il bello è che, anche a non saper la storia, tragicamente vera, un libro che non abbiamo letto, un film che non abbiamo visto (di successo, pare) l’assunto è chiaro come il sole. Come la voglia di farsi del male che muove talvolta l’essere umano, nel voler essere quello che non si è.
Yumi Aizawa, Silvia Azzoni, Jamal Callender, Simone Repele, Sasha Riva ci hanno esposto i termini della tragedia attraverso la danza, su di un palcoscenico in cui quadri, specchi, oggetti hanno perso il loro equilibrio, accompagnata la danza dall’Ensemble della scuola di musica di Fiesole diretta da Marc Niemann in maniera semplicemente perfetta, vedere l’occhio del direttore che non fa partire la musica un secondo prima del tempo, questa è comunione di intenti. Una musica barocca, Bach e non solo, che ti avvolge, che guida i corpi dei danzatori. La grazia assoluta di Silvia Azzoni, di scuola classica, una piuma pietosa che vola sulla sua tragedia, il simulacro di Yumi Aizawa, una piccola donna d’acciaio destinata a soccombere, Jamal Callender, la figura che rappresenta la vitalità fatta persona che nulla teme e per cui tutto è scontato (chissà, il futuro di una società giunta all’autolesionismo?), ed i due creativi, l’uno lieve come un Fred Astaire drammatico, l’altro maschera tragica che non accetta il suo corpo e si procura disabilità e morte, finalmente bellissimo e sereno quando la fine sopraggiunge.
Una presentazione troppo misteriosa? Meglio, perché lo show è solo all’inizio del suo percorso.

Annamaria Pellegrini

Ultima modifica il Giovedì, 05 Agosto 2021 08:35

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