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THIENE, Parco Villa Fabris - "DECAMEROCK" regia Roberto Tarasco. -di Francesco Bettin

"DECAMEROCK", regia Roberto Tarasco. Foto Alex Astegiano "DECAMEROCK", regia Roberto Tarasco. Foto Alex Astegiano

DECAMEROCK
un progetto di Massimo Cotto
con Massimo Cotto, Mauro Ermanno Giovanardi, e con Chiara Buratti, Francesco Santalucia
musiche eseguite dal vivo da Francesco Santalucia
assistente alla regia Federica Finotti
regia Roberto Tarasco
produzione Nidodiragno/CMC – G-RO di Romeo Grosso
Thiene (Vicenza), Parco Villa Fabris, 23 luglio 2021

Bellezza e dolore vanno a passeggio molte volte assieme. Perché la bellezza delle cose si può anche pagare, e non poche volte, soprattutto nel mondo della musica, dove stravolgimenti e binari poco allineati alla vita consueta, e alla ricerca appunto dello stato magnifico delle cose sono all’ordine del giorno. Musica e dannazione, dove l’esser visionario fa accelerare spesso e volentieri con curiosità e ingordigia benigna, positiva, verso un mondo che è comunque, se ci si pensa un attimo, tutto da scoprire. Ecco dunque “Decamerock”, dieci storie (tra le tante) scelte da Massimo Cotto per essere raccontate, dove tutto è vero e qualcosa può esser falso, chissà. Il giornalista mette a puntino con un rigore straordinario alcuni miti, raccontando le loro storie, quelle segrete, meno conosciute, e lo fa coinvolgendo, ognuno in un proprio suo ruolo deciso, i compagni di avventura di questo spettacolo, che sono il cantautore Mauro Ermanno Giovanardi, l’attrice Chiara Buratti, il musicista Francesco Santalucia. L’impostazione è classica, narrazione, racconti in prima persona dei personaggi, esecuzione musicale simbolica e forte, e ritorno per ricominciare, tutto condito da una bella, lineare regia di Roberto Tarasco. La scena, molto efficace nella sua semplicità, è una sorta di limbo fuori dal mondo eppure così dentro da rasentare la verità, o presunta tale, che il narratore va ad eseguire, la cantante Nico a raccontare, i musicisti a suonare e a cantare, direttamente, senza fronzoli né ovvietà o forzature. Dieci storie, si diceva, dieci racconti tra le innumerevoli che emergono con forza, orgoglio. Massimo Cotto nel ruolo di narratore che gli è congeniale è più di una certezza, in quanto fine esperto che va al sodo e tralascia il superfuo, e lo fa comunque con richiami che devono incuriosire, riuscendoci. Un collante tra tutti i racconti, dove emergono personalità fuori dal comune, vite sregolate, desideri di respirare ”sul serio” l’esistenza. I richiami, e i racconti narrati sia da Nico, ovvero Christa Päffgen, voce dei Velvet Underground e poi solista, una bravissima Chiara Buratti che fa valere la sua formazione teatrale, coinvolgono Lou Reed, Andy Warhol, Jim Morrison, amici e amanti, esecutori anche di pratiche sessuali dove poter esaltarsi. E ancora nei ricordi si rivive Alain Delon e il figlio da lui avuto e mai riconosciuto, con cui vivere ad Ibiza l’ultimo periodo della vita. Il narratore Cotto aggiunge e allarga la visione, citando Nick Drake, Ian Curtis, amori e dolori spassionati, ma anche Moby Dick e Achab, Brian Jones, Hemingway e il suo “Festa mobile”, Emily Dickinson, Edith Piaf e Il Grande Gatsby. E Piero Ciampi ed Ezio Vendrame, geniale poeta cantautore l’uno, geniale calciatore degli anni Settanta l’altro, dove bellezza e dolore si ritrovano, tra le pieghe. Ma anche Nicolò Paganini, “la più grande rockstar di sempre”, alle prese coi suoi misteri demoniaci. Storie e memorie degne di essere raccontate, capite. La colonna sonora, affidata a Mauro Ermanno Giovanardi, è di splendore, sia per la voce accattivante dell’artista, che per la sua stessa presenza in scena, carismatica, a volte con occhiali scuri, e va da “Io confesso” a “Nera signora”, a “Se perdo te” di Patty Pravo, “Tutto nero” cover della Caselli, e poi “Femme fatale”, proprio di Nico e The Velvet Underground, e “Tu no”, di Ciampi, la canzone più dolente della storia della musica leggera, come lo stesso Cotto dichiara, e altro ancora. A tutte le canzoni fa il perfetto commento sonoro, con le tastiere e alcuni effetti l’ottimo Francesco Santalucia, mentre è Chiara Buratti/Nico che chiude con struggente bellezza interpretando “Sunday morning”. Nico, morta come vissuta, senza essere capita. Risultato, uno spettacolo delicato e riuscitissimo, dove ognuno dei personaggi sul palco riesce a dare il meglio di sé, portando lo spettatore in angoli del pensiero remoti, stralci di vite percorse a cento all’ora, in nome della cercata bellezza.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Mercoledì, 28 Luglio 2021 16:45

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