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XXIV° Edizione del FESTIVAL IN UNA NOTTE D'ESTATE, GENOVA - "GRADIVA", regia Daniela Ardini. -di Gabriele Benelli

Francesco Patanè e Sara Mennella in "Gradiva", regia Daniela Ardini Francesco Patanè e Sara Mennella in "Gradiva", regia Daniela Ardini

GRADIVA
di: Wilhelm Jensen e dal saggio di Sigmund Freud
Regia: Daniela Ardini
Interpreti: Francesco Patanè e Sara Mennella
Voce: Paolo Drago. Scene: Giorgio Panni e Giacomo Rigalza. Costumi: Maria Angela Cerruti
Produzione: Lunaria Teatro
Genova, Chiostro di San Matteo, 12 e 13 luglio 2021

I Percorsi di ri-esistenza che quest'anno Lunaria Teatro propone per la XXIV edizione del suo Festival in una notte d'estate ha presentato un testo molto affascinante quale la novella Gradiva di Wilhelm Jensen. Questo testo, pubblicato nel 1903, ha interessato il famoso psicoanalista austriaco Sigmund Freud, che ne ha tratto un saggio nel 1907. Dalla novella di Jensen e dal saggio di Freud nasce la rappresentazione scenica di Gradiva. I natali letterari e psicoanalitici sono promettenti, ma la rappresentazione scenica risulta poco convincente. La bravura di Francesco Patanè e di Sara Mennella, congiunta alla regia di Daniela Ardini, è di buona qualità. Eppure lo spettacolo stenta ad avvincere e convincere in pieno, forse per la difficoltà di portare in scena l'essenza stratificata della nevrosi ossessiva e patologica alla base dei comportamenti portati su di una scenografia già di per sé complessa. La scenografia è montata con più elementi riconoscibili e quotidiani – oltre ad una copia del bassorilievo, scaturigine di tutta la vicenda – sospesa su strette passerelle di legno. È questo un luogo che pare totalmente interno alla mente di Norbert. Norbert e Zoe - Gradiva, impersonati dai due attori in scena, si muovono in questo ambiente in bilico perenne, come è in bilico la condizione psicologica del giovane protagonista. Francesco Patanè e Sara Mennella non mancano di dimostrare impegno nell'impersonare Norbert e Zoe, ma i loro personaggi incarnano non più di due rassicuranti stereotipi. Il Norbert Hanold in scena è un giovane archeologo borghese affettato e innaturale, ma ancor più è un nevrotico ossessivo a livello clinico. Infatti ascoltiamo la voce fuori scena di uno psichiatra (la voce è quella di Paolo Drago) che lo ha in cura. Il comportamento delirante di Norbert, i suoi tic, le sue stereotipie, le sue episodiche balbuzie e i suoi feticismi sono in effetti sotto gli occhi di tutti gli spettatori, consci o inconsci della gravità clinica degli stessi. Nella proposizione in scena degli stessi si palesa il doppio taglio dell'arma attoriale nell'impersonare non già un personaggio, ma la sua patologia mentale. Ne consegue che le movenze dell'attore risultano quelle di una caricatura. La Zoe-Gradiva di Sara Mennella è piacevole a vedersi e soprattutto pare solleticare le fantasie di Norbert, ma non eleva il ritmo della vicenda. In questo modo il mistero, o la curiosità, di chiedersi se Norbert sta vivendo o immaginando la vicenda non riesce pienamente a coinvolgere. Sono molti gli stereotipi che rassicurano il pubblico, compreso il lieto fine condito di bacio e marcia nuziale, ma manca così l'azzardo ad una lettura più profonda. Lo spettacolo è piacevole, scorrevole e propone un finale che sicuramente non turba il pubblico. Tutto si conclude con il dubbio sia stata giusto una fantasia pompeiana nata da un delirio ossessivo, ma che non riesce a svelare in pieno il mistero di una interessante novella.

Gabriele Benelli

Ultima modifica il Sabato, 17 Luglio 2021 16:58

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