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SPOLETO FESTIVAL DEI DUE MONDI, Edizione 64 - "IL MISANTROPO", regia Arturo Cirillo. -di Pierluigi Pietricola

Spoleto Festival dei Due Mondi 2021
Accademia Nazionale 
d'Arte Drammatica Silvio d'Amico
Il misantropo
Rocca Albornoziana
sabato 26 Giugno, domenica 27 Giugno, lunedì 28 Giugno 
di Molière
traduzione Cesare Garboli
saggio di diploma del III anno del corso
di Recitazione
regia Arturo Cirillo
con gli allievi del III anno 2019/2020 del corso di Recitazione

lunedì 28 giugno | Cast Blu
Federico Fiocchetti (Alceste), Vincenzo Grassi (Filinto), Ciro Borrelli (Oronte e Du Bois), Anna Bisciari (Cèlimène), Elena Orsini Baroni (Eliante), Sofia Panizzi (Arsinoè), Ilaria Martinelli (Acaste), Diego Parlanti (Clitandro)
aiuto regia Mario Scandale
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
aiuto regia Mario Scandale
assistenti alla regia Andrea Lucchetta, Luigi Siracusa

Rappresentare un classico? Apparentemente nulla di più facile. Ma ci si inganna. Occorrono mezzi espressivi e chiavi interpretative tutt’altro che scontati. Ironia, coraggio, leggerezza, senso del ritmo, messa al bando di ogni stereotipo e della pesantezza. Qualità, tutte queste, che si possono apprezzare, ammirare ed applaudire nel Misantropo di Molière messo in scena dagli attori dell’Accademia Nazionale Silvio d’Amico in occasione del Festival dei Due Mondi.
Arturo Cirillo imposta la sua regia giocandola tutta sulla coesistenza di contemporaneità e classicità di un grande autore quale Molière. Costumi essenziali ed evidentemente moderni quelli indossati dagli attori: giacche nere su pantaloni neri e camicie bianche per gli uomini; per le donne, gonne lunghe poco oltre le ginocchia e magliette semplici senza ghirigori stucchevoli. Al posto dei soliti e ormai desueti arredi secenteschi, delle sedie che, secondo le necessità di scena, vengono spostate, posizionate ed usate in modi di volta in volta differenti. Fin qui gli aspetti moderni.
La classicità del Misantropo è tutta giocata, invece, sulla modalità recitativa: tono della voce quasi sempre medio-alto, battute pronunciate con cipiglio aristocratico, movenze mimiche e del corpo simili ai nobili d’altri tempi. In aggiunta a tutto ciò, la bellissima traduzione di Cesare Garboli, dalla lingua colta e ricercata.
Su quest’architettura, la vicenda di Alceste – uomo sincero all’inverosimile e non incline ai compromessi, mosca bianca in una civiltà della conversazione tutta ipocrisie e pettegolezzi, dove la purezza dei sentimenti è un limite invece che un pregio – si snoda a un ritmo incalzante, vertiginoso, che non s’arresta e non conosce esitazioni.
Bravissimi, eccezionali gli attori. Benché giovani, hanno mostrato sempre una padronanza del palco e del loro strumento recitativo che raramente capita d’incontrare. Passionale e duro ma anche tenero e innocente l’Alceste di Federico Fiocchetti. Ironico e a tratti lievemente – ma giustamente – caricaturale l’Oronte di Ciro Borrelli. Espressivo ed essenziale il Clitandro di Diego Parlanti. L’Acaste di Ilaria Martinelli? Ironico, comico ma senza mai cedere al genere caricaturale. Anna Bisciari ha tratteggiato una Cèlimène ambigua e così sfrontatamente sincera nella sua ipocrisia che quasi quasi vien da avere compassione per lei. L’Arsinoè di Sofia Panizzi è stata ironica e graziosa, come equilibrata è stata l’Eliante di Elena Orsini Baroni.
Mi ha colpito, moltissimo, Vincenzo Grassi nel ruolo di Filinto. Questo giovane attore, oltre a recitare con grande ironia, ottima modulazione vocale e mimica equilibrata, ha un pregio che si riscontra in pochissimi interpreti e che denota la sua bravura, il suo talento: anche quando non ha battute, recita: con lo sguardo, un sorriso, un movimento delle mani, un ciondolar del capo: egli è sempre nel personaggio, e non c’è istante in cui non ne precisi un dettaglio. Vincenzo Grassi non sarà, ma già è un grande attore.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Sabato, 03 Luglio 2021 19:16

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