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VICENZA, Ridotto del teatro Comunale - "OSCILLAZIONI" con Matteo Cremon. -di Francesco Bettin

Matteo Cremon in "Oscillazioni", regia Valentina Brusaferro. Foto Fabio Mattioli Matteo Cremon in "Oscillazioni", regia Valentina Brusaferro. Foto Fabio Mattioli

OSCILLAZIONI
di Vitaliano Trevisan
con Matteo Cremon
progetto scenografico Stefano Piermatteo
suono e audiovisivo Andrea Santini
Regia Valentina Brusaferro
Evento inserito nel progetto WeArt3, residenze artistiche del Teatro Comunale di Vicenza Produzione
Vicenza, Ridotto del teatro Comunale, 30 giugno 2020

L’aria manca, si ha di fronte il baratro da tutti i punti di vista. L’uomo è solo, a casa, in silenzio si prepara una lunga introduzione a quella che sarà la sua introspezione definitiva, che avverrà poi. Intanto, un lungo allenamento fatto di salto con la corda e flessioni, lo carica e lo spinge liberandogli (o occupandola ancora di più) la mente. Oggi è un giorno speciale per lui, un anniversario, sette anni vissuti scappando dalle sue responsabilità di marito e padre. Un anniversario che si appresta a compiere perché dopo l’allenamento in tuta e pantaloncini, con sguardo fisso, deve andare a trovare lei, il figlio. Una cena, che la donna ha voluto. Forse si può ancora essere una famiglia, forse. “Oscillazioni”, uno dei testi meravigliosi di Vitaliano Trevisan, autore dalla prosa schietta, sferzante, è stato messo in scena a Vicenza come primissimo appuntamento dopo la pandemia, derivante da una residenza artistica, e si è entrati subito in un clima di attenzione, partecipazione emotiva, fiato sospeso. La scena, ottima, di Stefano Piermatteo, è l’interno di un appartamento, cucina, tavolo con due sedie, poltrona, mobiletti alle spalle, dove si muove il protagonista con piccoli movimenti a volte maniacali, alle prese con i suoi fantasmi, i suoi dilemmi e le sue convinzioni. L’uomo nella sua solitudine è rancoroso, analizza il percorso del proprio matrimonio, partendo, con il testo, però, dai conti del denaro speso e dei chilometri fatti, su e giù per il territorio vicentino, per i propri appuntamenti sessuali, sulla poliritmia di tacchi. Mai con una donna sola, dice, e mai dare confidenza, mai regali. Solo sesso fine a se stesso rigorosamente, in uno scenario tormentato, agli antipodi di una quiete familiare, a sua volta nemmeno troppo certamente rassicurante. Peraltro mai voluta né cercata, piuttosto invece imposta, che ha fatto alimentare odio e dannazione nel tempo, pensieri espressi sin troppo chiaramente. Fisime, manie, ciò che l’uomo è o può diventare, è uguale. Il mondo non è fatto per i perfettini, se la misura è colma fin dall’inizio bisogna prenderne atto. Dove l’equazione è perfettamente impostata, ed è solo questione di tempo. A rendere esattamente il clima di quel momento, ci pensano i rumori e i suoni sommessi di Andrea Santini, un “brusio esisenziale” a detta proprio sua, che scava dentro l’introspezione, rendendola palesemente ancora più rabbiosa, se possibile. E’ un uomo come ne immaginiamo tanti, le sue sfumature riguardano tutti noi, almeno in certi momenti. La vita gli fa schifo, lo nausea, l’amore lo stesso. A un certo punto, dopo aver ritagliato un articolo da un giornale e metodicamente archiviato, da una borsa, che probabilmente porterà con sé a quell’appuntamento con l’ex moglie e il figlio, accompagnamento all’ultima cena, tira fuori come dal cilindro di un prestigiatore, martello, un taglierino cutter, pistola, accetta. Riferimento a fatto di cronaca nera. Stilettate linguistiche di un testo come detto, meraviglioso, dove la prosa di Trevisan erge, e contempla le parole, la loro importanza. L’uomo si prepara, deve andare a quella cena. Attimi di tensione che non supererà. L’eccellente interpretazione di Matteo Cremon, che si muove attento con grandi rifiniture, senza una piccola sbavatura, mai, è da lodare, ed è una conferma dell’attore che è e che conosciamo, che si muove sul filo di un rasoio , con grande lucidità. Ottima anche la regia di Valentina Brusaferro. Era importante anche ritornare a teatro, e l’occasione vicentina è stata ghiotta, sublime.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Martedì, 01 Settembre 2020 12:29

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