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ROMA CASA DEL JAZZ: "Ludwig. La musica nel silenzio", ideazione Filippo Michelangeli

, voce recitante Alessio Boni. -di Pierluigi Pietricola

"Ludwig. La musica nel silenzio", con Alessio Bono e Francesco Libetta "Ludwig. La musica nel silenzio", con Alessio Bono e Francesco Libetta

Ludwig. La musica nel silenzio
250° anniversario dalla nascita di Beethoven
Alessio Boni voce recitante
Francesco Libetta pianoforte
Testo di Bianca Melasecchi

Edizioni CURCI

Ideazione di Filippo Michelangeli
Produzione Aida Studio e Michelangeli Editore

Distribuzione in esclusiva

AidaStudio Produzioni 

Prima assoluta
Roma, Casa del Jazz
 26 luglio 2020

“Arte per definizione occulta, o riservata, la musica mantiene, da sempre, i suoi sotterranei: segrete, cripte, ipogei”. Così Mario Bortolotto, il grande critico recentemente scomparso. Mai definizione meglio s’attaglia allo spettacolo Ludwig. La musica nel silenzio, dedicato a Beethoven nel duecentocinquantesimo anniversario della sua nascita. Protagonisti assoluti per qualità e sensibilità: Alessio Boni e il pianista Francesco Libetta.
Il testo di Bianca Melasecchi tratteggia un Beethoven provato dalla malattia, grande nel genio e nel talento, miserrimo nel suo fisico piagato, impotente. Prima sordo, poi affetto da aritmie cardiache: tutto questo egli seppe fronteggiarlo con coraggio, dignità, carattere altero. Ne scaturì uno spirito tutt’altro che dolce, sensibile e incline alla compassione. Temprato fin da piccolo alla durezza della disciplina a causa d’un padre alcolizzato che lo obbligava a notti insonni per farlo esercitare nella musica, Beethoven non esternò mai debolezze o timori che, prontamente, cacciava via appena si presentavano. Ma basta porgere l’orecchio agli spartiti delle sue composizioni o sinfonie per comprendere quale sensibilità, quali paure, quanta tenerezza fossero presenti nel suo cuore dal battito impreciso: sua musa ispiratrice quando l’udito l’abbandonò costringendolo in un silenzio doloroso.
Il disegno drammaturgico del personaggio Beethoven approntato dalla Melasecchi è stato ottimamente interpretato da Alessio Boni, attore che sempre dà straordinaria prova di bravura e di talento. Il suo Ludwig urla, ma non sono grida d’alterigia, bensì di sofferenza troppo a lungo soffocata e che in qualche modo deve emergere. “Io sono Beethoven”: è così che fa il suo ingresso in scena, per raccontare – o meglio: rivivere – la sua disgraziata esistenza, tutta protesa a uscire dal mondo per proiettarsi nel futuro, facendo dono di sé e della sua arte. Boni ha disegnato il dissidio interiore del grande compositore, le debolezze, i suoi rimpianti, il suo essere bizzoso con un gesto sempre eguale e che, di volta in volta, assume significati diversi: l’abbraccio del pianoforte che è in scena e che suona le opere più note di Beethoven; il quale l’accarezza anche, forse immaginando la musica che ne promana.
Francesco Libetta, pianista eccezionale dal tocco preciso, si è applicato nel far emergere dalle musiche gli aspetti più dolci, teneri e anche deboli del grande compositore. Perché è dall’opera che tutto deve essere tratto per comprendere l’immensa personalità d’un sommo artista.
Che resta di Beethoven al pubblico al termine dello spettacolo: il suo ritratto negli aspetti non noti? Nuove chiavi interpretative delle sue opere che altri mondi permettono di vedere e vivere? Certamente tutto questo. Ma anche qualcosa di più: l’esempio di come impersonare – teatralmente e musicalmente – un personaggio così forte e delicato: trattando la sua anima con attenzione (come diceva Hofmannsthal). Lezione che Boni e Libetta hanno appreso al meglio.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Martedì, 28 Luglio 2020 10:15

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