SCARPE ROSSE
Di Maria Rosaria Omaggio
Spettacolo multimediale
Scritto con Maria Letizia Compatangelo
Regia Maria Rosaria Omaggio con Antonio Melissa
Coreografie Movin’ BEAT – Antonella Perazzo
Musica Movin’ BEAT – Gianluca e Mario Perazzo
Costumi Annalisa Di Piero e Gina Arenare
Disegno luci e direzione tecnica Andrea Leghissa
Con Maria Rosaria Omaggio e Pino Quartullo
Con la partecipazione dei danzatori Amedeo Monzo, Antonella Perazzo, Margherita Petrosino, Ellie Quadrani
Produzione Angelaria Associazione Culturale
Cortile d’onore, Palazzo Reale di Napoli, 5 luglio 2020
«L’amore salva? Ho viaggiato, per trovare la risposta, in ogni angolo dell’aldiqua. Ho indagato il grande e il piccolo, la stella e la pietra, la luna e la formica, la nuvola e la foglia, ho visto dove ciascuna s’aggrappa per resistere: nessuna aveva la risposta totale, ma ognuna era un filo del racconto, perché tutte le cose, di atomi e di cellule, se le ascolti bene sono un’unica storia. […] Allora ho ascoltato le donne, innamorate o disamorate che fossero, di tutto lo spazio e di ogni tempo, la cui carne conosce il fuoco e il gelo, il cui spirito sa l’amore e il suo disincanto. Loro, con l’intelligenza del cuore che le chiama a farsi carico di ogni promessa di bellezza, a indirizzare lo sguardo verso tutto ciò che è vivo, tutte mi hanno risposto, generose o stanche, felici o frantumate, sempre hanno risposto, anche loro malgrado, perché sono condannate all’amore in ogni cellula, non possono farne a meno». C’è un legame profondo, anche se involontario, tra questa parte della prima pagina del prologo di Ogni storia è una storia d’amore, di Alessandro D’Avenia e Scarpe Rosse, lo spettacolo del 5 luglio 2020 al Palazzo Reale di Napoli per la consueta manifestazione del Napoli Teatro Festival. Dall’Antichità al Medioevo, dal Rinascimento alla Rivoluzione Francese, fino ad oggi, storie e racconti di donne famose o quotidiane, grandiose o semplici, ma comunque sempre e per sempre donne e quindi, custodi della bellezza e dell’amore vero. Il teatro di Napoli riparte, dopo che la pandemia mondiale aveva serrato le pesanti porte di questi luoghi dell’abbraccio tra cultura e magia e anche se quelle porte sono ancora semichiuse, gli spazi all’aperto si sforzano di supplire alle poltroncine in velluto rosso, donando scenari di contorno agli attori desiderosi di ripartire, di tornare. Scarpe rosse è uno spettacolo lineare, ma al contempo trasversale, che scrive con linguaggi di varia natura, che vanno dal racconto, alla danza, all’audiovisivo e multimediale, la storia di moltissime donne, anzi di tutte le donne, che hanno subito violenza e non solo, anche semplicemente nel loro essere donne, attraverso le parole e l’interpretazione di un uomo, Pino Quartullo, che è tutti gli uomini e di una donna, Maria Rosaria Omaggio, che è tutte le donne. Sullo schermo appaiono volti e nomi femminili, da Pia de’ Tolomei a Francesca da Rimini ad Artemisia Gentileschi a Maria d’Avalos e molte altre, sulle quali si dipingono in rosso via via elementi di un vestito, di un accessorio, del volto, del corpo, sul bianco e nero della proiezione generale. Intanto, per ogni storia, una scarpa rossa e per ogni scarpa (calzature originali dell’epoca narrata), un cono di luce che si accende a illuminarla, a darle, finalmente, una voce. Il confronto fra l’uomo e la donna che è eterno, il possesso e proprietà che la figura maschile crede di dover esercitare e l’interiorizzazione della colpa o al contrario la forza di reagire della figura femminile. «Né con me né senza di me» dice l’uomo che non accetta la separazione dalla sua donna. «Volevo solo che mi dimenticassi», risponde lei. Se un inizio c’è stato, allora può esserci anche una fine, si può uscire dalle gabbie, conclude la Omaggio al termine della rappresentazione, ma se l’uomo continua a tradurre in azioni quel mancato equilibrio tra accettazione e controllo, la fine da troppo tempo cercata non arriva. Esperienza di teatro civile che, ultima, ma non ultima, ci fa ascoltare le parole più recenti, delle donne uccise durante il lockdown 2020, idealmente tutte “Eva”, oltre ai loro nomi, perché è da lì, dalla prima donna, che si sottolinea come la discriminazione di genere non sia nata ai giorni nostri o in qualche più recente epoca storica. I sogni spezzati, le vite bloccate come il sospeso proprio di questo lockdown, ma per sempre. Perché quelle donne, dalle loro case, non sarebbero uscite mai. Chiude la serata una riflessione portata avanti da Adriana Pannitteri (giornalista TG1), Valeria Valente (Senatrice e Presidente Commissione Parlamentare inchiesta sul femminicidio), la Dott.ssa Elisabetta Garzo (Presidente Tribunale di Napoli), Virginia Ciaravolo e Donatella Gimigliano (presidenti associazioni contro la violenza di genere) e un videomessaggio dello scrittore Maurizio de Giovanni: che nessuno consideri mai l’uomo una creatura superiore alla donna.
Francesca Myriam Chiatto