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MANTOVA: Ermanna Montanari in "Vergine madre, figlia del tuo figlio", regia Marco Martinelli. -di Nicola Arrigoni

Ermanna Montanari in "Vergine madre, figlia del tuo figlio", regia Marco Martinelli. Foto Benedetta Andrigo Ermanna Montanari in "Vergine madre, figlia del tuo figlio", regia Marco Martinelli. Foto Benedetta Andrigo

Ermanna Montanari in Vergine madre, figlia del tuo figlio
interventi musicali a cura del trombettista Simone Marzocchi
regia Marco Martinelli
palazzo Castiglioni, Mantova, 3 luglio 2020

Il cielo di un blu cobalto è punto dai merli di palazzo Castiglioni in piazza Sordello, le luci della sera rendono, via via, indistinte le sagome di chi in piedi o seduto attende che la risonanza della poesia dia una prospettiva di senso al nostro presente inquieto… Rito collettivo d'attesa recita il sottotitolo di Risonanze, il trittico di letture sceniche affidate a Ermanna Montanari, Sonia Bergamasco e Federica Fracassi accompagnate da altrettanti musicisti: Simone Marzocchi alla tromba, Aljaž Beguš al clarinetto e Filippo Lama al violino. Tre donne e tre autori: Dante Alighieri, Emily Dickinson e Ludovico Ariosto, un unico obiettivo: chiedere alla convocazione dell'arte, alla forza trasfigurante della poesia di ridare respiro comunitario alla bellezza. E tutto questo come? Immaginando una chiamata laica, un coinvolgimento notturno dei cittadini che nella piazza Sordello di Mantova si ritrovino, richiamati dalla voce di un'attrice, coro di astanti in ascolto delle mille sfumature della parola poetica. L'iniziativa ideata dall’associazione Il Cinema del Carbone e coordinata da Alberto Rigamonti, racconta di una necessità: creare o ricreare l'ebbrezza dell'incontro nel tempo del dopo Covid, vuole con forza ribadire che la poesia e il teatro possono aiutare e nutrire la rinascita e questo nella città del Rinascimento, nella città di Monteverdi che seppe coniugare musica e parola, seppe recitar cantando sulla scia degli antichi ma con la voglia di rinascere a un mondo nuovo a una nuova Età dell'Oro che i signori Gonzaga rincorsero e ricrearono nell'arte multiforme.
Il contatto del teatro è vietato, la distanza è prescritta: non c'è spazio per il corpo, non c'è spazio per la vicinanza fatta di abbracci e di respiro in un'unica bocca. E allora ecco l'epifania, l'immagine che stupisce, che rapisce lo sguardo verso un'icona che come vuole la tradizione trasfigura il corpo in impalpabile e inafferrabile immagine. La mole di palazzo Castiglioni fa da scenario, è una tavolozza cromatica che rompe l'oscurarsi lento del cielo che minaccia tempesta, mentre la luna passa sopra i tetti di palazzo Ducale. Dal balcone centrale di palazzo Castiglioni, Ermanna Montanari di bianco vestita è figura quasi indistinguibile, papessa di un rito laico. Dalla finestra accanto la tromba di Simone Mazzocchi sostiene e accompagna il dire di Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, l'antologia dantesca che risuona chiara, potente, lucidissima eppure risonante di lontananza per la piazza Sordello. La voce di Ermanna Montanari è allora corpo, è un abbraccio sonoro che cinge per i fianchi la bella Mantova, è preghiera e lamento, è inno e canto che si scioglie nella memoria di chi assiste, che risuona nei ricordi di scuola eppure stupisce. L'amore lussurioso di Paolo e Francesca, l'origine di Mantova, il folle volo di Ulisse e la fame disperata del Conte Ugolino sono alcuni dei passi che Ermanna Montanari canta ed è un canto la poesia del Purgatorio, mentre la visione diretta di Dio nel trentaquattresimo canto del Paradiso è pensiero che si fa poesia oppure poesia che si fa pensiero.
Ma la parola dantesca nella prima serata di Risonanze non è racconto, è incontro, è disperato incontro incorporeo, è fame di abbracci e di contatto. E allora noi astanti in piazza Sordello siamo un po’ come Dante quando incontra l'amico Casella e cerca per tre volte di abbracciarlo, inutilmente e le braccia del poeta si ripiegano in un abbraccio solitario. Ecco Ermanna Montanari nella sua eterea e impalpabile presenza dice questo, ricorda agli spettatori mascherati, agli sguardi dietro le mascherine, ai volti che guardano al balcone illuminato che forse il teatro è oggi più che mai utopia, è terra incognita, è terra fatta di miraggio, è un non luogo che non può essere frequentato, se non con il ricordo sonoro di antiche risonanze, di antichi riti che ci appaiono impossibili da riproporre identici come furono prima del 21 febbraio 2020, prima che la malattia del respiro tacitato, del contatto vietato, dei corpi spossati dalle apnee, che la fame di ossigeno facesse calare il sipario sul teatro.
Ermanna Montanari è immagine, è incorporea, là sul balcone di palazzo Castiglioni, è un'epifania vocale, proprio come il canto che attraversa il Purgatorio e che si fa preghiera dolce e nostalgia della vita mortale, mentre le anime si purgano per assurgere alla visione paradisiaca… Per questo il teatro del contatto non può che risuonare lontano, mentre in piazza Sordello gli spettatori gli uni distanti dagli altri guardano un po' sconsolati verso quella luce che pian piano sfuma, lasciando al buio della notte il posto che gli spetta e sciogliendo le emozioni in un lungo e strano applauso che  rende omaggio ad Ermanna Montanari ma è anche abbraccio mancato e vietato in tempi di pandemia.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 07 Luglio 2020 10:06

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