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Oriente Occidente Dance Festival, a Rovereto dal 29 agosto al 8 settembre, 2019. -di Federica Fanizza

“Frontiera”, coreografia e foto Claudio Bernardo “Frontiera”, coreografia e foto Claudio Bernardo

 La danza contemporanea tra mondi geograficamente lontani e l'attualità più discussa.

Rovereto,Teatro Zandonai, giovedì 29 agosto
Mourad Merzouki
Centre Chorégraphique National de Créteil et du Val-de-Marne
Compagnie Käfig - Francia
Vertikal

Rovereto, Teatro Zandonai, lunedì 2 settembre
Eun-Me Ahn Company - Corea del Sud
North Korea Dance

Rovereto, Auditorium Melotti, martedì 3 settembre
#Frontiera
Claudio Bernardo
As Palavras - Belgio

Oriente Occidente Dance Festival, a Rovereto dal 29 agosto al 8 settembre, ha proseguito in questa edizione 2019 il confronto della danza contemporanea tra mondi geograficamente lontani e l'attualità più discussa. In questo 2019, per il secondo anno di seguito, il Festival ha proposto la Nuova via della della seta 2° con alcuni punti fermi nell'ambito coreografico dell'Estremo oriente: la scuola cinese contemporanea con la Guangdong Modern Dance Company della direttrice artistica Liu Qi, con la sua originalità stilistica tra dizione e modernità, e la compagnia sudcoreana Eun-Me Ahn con una riflessione sui raffronti culturali tra le due Coree separate da 70 anni. Ma è stato il corpo, il grande protagonista dell'esperienza di questa rassegna 2019, librato nell'aria con Mourad Merzouki, con i funabuli del Cirque Rouages o l'esperienze didattiche di Davide Valrosso, artista in residence, assieme a ciò che agita la danza dell'Est europeo (Ungheria e Repubblica Ceca). Ma la danza contemporanea non sarebbe tale se non declinasse nel suo linguaggio segnico non verbale, l'attualità della cronaca e ciò che diventa storia, generando un dialogo all'interno della società umana tale che le tematiche ambientali, la disabilità, l'eterno vagare di popoli e la ricerca delle proprie origini si fanno azioni e arte simbolica. E così, tra il calendario folto di appuntamenti che si sono riversati per la città, dando luogo anche a eventi liberi e condivisi, un sottile filo conduttore ha permesso di ricreare un percorso ideale ed emblematico di ciò che la danza contemporanea è capace di esprimere nella sua estetica di movimento. Puro esercizio ginnico o interpretazione dell'uso del corpo nello spazio? Nello spettacolo Vertical, il coreografo francese Mourad Merzouki ha optato per il movimento del corpo oltre i limiti dello spazio gravitazionale. Partendo dall'osservazione della acrobazie nelle coreografie "hip hop" e "breakdance", arti da strada e messaggio sociale, il coreografo le reinterpreta, fa nuovere i corpi nello spazio aereo del palcoscenico non con coreografie aeree, ma azioni e gesti che partono dalla solidità del impiantito scenico per librarsi in leggerezza senza peso, tramite funi abilmente manovrate in sicurezza, in azioni che studiano lo spostamento del corpo in altezza, al "ralenti". Si tratta di uno studio sul singolo movimento del corpo reinterpretato in una sequenza di azioni che riprendo le danze di strada e le acrobazie circensi che hanno nel contatto fisico tra i danzatori il loro inizio e conclusione. Si volteggia e si danza a pochi centimetri dal palcoscenico sensazione che elimina il concetto di gravità ,ma che emerge in tutto il suo concetto fisico, nel parossistico finale, dove 10 danzatori 5 maschi e 5 donne, sembrano sfidarsi su pareti verticali, quali climbers, che si slanciano in altezza per buttarsi nel vuoto in un continui alternarsi di saliscendi e di slanci in pareti. La musica tra raffinatezze tecno e assoli di elaborazione di classica di Armand Amar ha funto da colonna sonora oltre gli stereotipi di una sonorità urbana della cultura contemporanea tecno.

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Tra tradizione e modernità si colloca il progetto della coreografa coreana Eun -Me Ahn, North Korea Dance. Già ospite lo scorso anno, ha voluto offrire una interpretazione di ciò che traspare dai mezzi di comunicazione, di come potrebbe essere la danza a nord del 38° parallelo, la linea di confine di separazione tra le due Coree; dal 1953, conosciamo poco o nulla della parte Nord della Corea, (salvo l'esperienza italiana di una partita di calcio con la squadra della Corea del Nord ai Campionati mondiali di calcio del 1966 in Inghilterra), se non dalle parate militari e dai proclami presidenziali. La coreografa lo fa con leggerezza e con curiosità, ma partendo da ciò che forse è rimasto in comune tra i due stati, ossia, dalla cultura tradizionale: Il suo spettacolo inizia infatti con un assolo in scena dello gayageum, strumento a corde, suonato con una musicista in abiti tradizionali. Tra l'irrompere di danzatori a passo di marcia, riveduta e corretta, sempre sorridenti e festanti come il regime nord coreano fa sfilare i suoi militari, la coreografa coreana offre spazio all'ambito tradizionale dei colorati giochi d'abilità al ventaglio come delle funamboliciche acrobazie di danzatori e giocolieri tra eccessi di movimenti ginnici e riflessioni storiche. La coreografa si riserva spazi per sè con i suoi assoli sfumati che strizzano l'occhio ad una tradizione in veste di nume tutelare di sapienze antiche o di specchio di una realtà mummificata.
E la ricerca delle proprie radici è stato il fondamento del progetto del coreografo brasiliano Claudio Bernardo attivo in Belgio, #Frontiere, coproduzione con il festival OrienteOccidente. Si è trattato di un progetto in ambito più teatrale che di danza, che si fonda sulla rivisitazione della tragedia greca delle Troiane di Euripide, in un continuo di videoproiezioni di paesaggi mediterranei e riprese in tempo reale sui primi piani dei volti e sui gesti delle attrici, volti non conformi ma emblematiche della drammaticità della cronaca che si fa storia. Il regista, affidandosi alla sua esperienza di collaboratore del regista Thierry Salmon, ripercorre l'attualità del mito della straneità rievocato dalle vicende di Ecuba, Elena, Cassandra, Andromaca, regine divenute schiave dei conquistatori greci e destinate alla deportazione in terra straniera. Storia narrata in greco antico: le essenziali azioni coreografiche e i canti composti da Giovanna Marini, dall'originale spettacolo Les Troyennes che Salmon mise in scena negli anni '80, che denunciano la precarietà della vita, sono elementi che fanno di questo spettacolo un manifesto poetico tra ricerca della memoria e tradizione declinata nell'attualità della cronaca.
Come il festival che si è chiuso con lo spettacolo dei monaci Shaolin in una narrazione con protagonista un viandante, turista moderno, alla scoperta di questo mondo di sapienze antiche che non gli appartengono ormai più.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Martedì, 17 Settembre 2019 23:00

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