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FESTIVAL TEATRALE DI BORGIO VEREZZI 2019 - "LIOLÀ", regia Francesco Bellomo. -di Roberto Trovato

"Liolà", regia e adattamento Francesco Bellomo "Liolà", regia e adattamento Francesco Bellomo

LIOLA'
di Luigi Pirandello
Regia e adattamento: Francesco Bellomo
Assistente: Noemi Esposito
Scene e costumi: Carlo De Marino
Disegno luci: Giuseppe Filipponio
Direzione tecnica: Mara Gentile
Musiche: Mario d'Alessandro e Roberto Procaccini
Interpreti: Giulio Maria Corso, Enrico Guarneri, Anna Malvica, Roberta Giarrusso,
Caterina Milicchio, Ileana Rigano, Margherita Patti,
Alessandra Falci, Sara Baccarini e Federica Breci
Produzione: Corte Arcana Isola Trovata Teatro Abc Catania
Borgio Verezzi, Piazza S. Agostino, 22-23 luglio 2019

In prima nazionale viene presentato al Festival di Borgio Verezzi uno dei cavalli di battaglia - tra gli altri - di Angelo Musco, Peppino De Filippo, De Sica, Turi Ferro, Modugno, Proietti e Ranieri. Ad interpretare le parti di Nico Schillaci, detto Liolà, di Zio Simone e di Zia Croce, una mezzana senza scrupoli, madre di Mita, sono nell'ordine Giulio Corso, Enrico Guarneri e Anna Malvica. Questa commedia campestre di ambiente siciliano, che appartiene al primo periodo della produzione pirandelliana, venne scritto in soli 15 giorni tra l'agosto e il settembre 1916 nella parlata di Girgenti. Lo stesso commediografo la definisce in una lettera del 24 ottobre 1916 al figlio Stefano "fresca e viva". La pièce, gioiosa e insieme amara, sviluppa un episodio del Fu Mattia Pascal (1904) e trae ispirazione dalla novella La mosca. Questa edizione, gradevole, accattivante e caratterizzata da un buon ritmo, colloca l'azione a cavallo dei primi anni '40 del '900. Se alcuni elementi della scenografia riportano al borgo marinaro di Porto Empedocle, le costruzioni di un bianco accecante sono incastonate, come scrive nelle note di regia Bellomo, "perfettamente nel paesaggio della scala dei Turchi, adiacente la casa natia di Pirandello". Giulio Corso rende con abilità e intelligenza il protagonista, un bracciante allegro e prolifico. Liolà, seduttore campagnolo che rende madre ogni donna che gli passi accanto, è genuino e innocente, semplice e naturale, caratterizzato da una vitalità istrionica e da una festosa gioia di vivere e da una animalità schietta, come attestano le sue spensierate canzoni. Zio Simone, anziano balordo e sterile, ma benestante, che qui diventa un commerciante di zolfo, convinto che la moglie Mita non possa dargli un figlio, la ripudia scegliendo l'avida Tuzza che aspetta un figlio da Liolà. L'anziano su sollecitazione del giovane vagabondo, riprenderà nel finale Mita, che, come egli sa, è anche questo figlio di Liolà. La scelta di Zio Simone è per la paternità legale invece di quella illegale. In questo modo il simpatico protagonista, che trasgredisce di continuo le regole della moralità comune, compie un atto di giustizia, provocando la vendetta di Tuzza. Furibonda per essere stata privata della solida posizione sociale alla quale aspirava, con una interessante modifica registica, la donna ferisce gravemente Liolà, che poco prima le aveva detto sorridendo che quest'altro figlio si aggiungerà ai tre che già gli fanno compagnia. Il testo restituisce grazie all'impegno di una compagine affiatata, la fragranza e la forza della campagna agrigentina. Guarneri e la Malvica interpretano con grande misura ed equilibrio i ruoli dei due anziani. I rimanenti personaggi, Carmina, detta la Moscardina, Comare Gesa, zia di Mita, zia Ninfa, madre di Liolà e due contadine, sono resi con buoni risultati dagli altri componenti della compagnia. A differenza della più sbiadita trascrizione italiana pubblicata dallo stesso Pirandello nel 1928, questa edizione si avvicina ai colori e ai sapori della versione originaria. Opportunamente il regista - adattatore mette sulla bocca di tutti i personaggi, sia pure con differenti livelli, frasi, parole e cadenze dialettali capaci di rendere bene lo spirito della prima stesura.

Roberto Trovato

Ultima modifica il Mercoledì, 24 Luglio 2019 18:09

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