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FLORENCE DANCE FESTIVAL 2019 - "INVISIBLE HABITUDES", coreografia Swee Boon Kuiki. -di Giuseppe Distefano

T.H.E. Dance Company in "Invisible habitudes", coreografia Kuik Swee Boon. Foto Giulia Di Vitantonio T.H.E. Dance Company in "Invisible habitudes", coreografia Kuik Swee Boon. Foto Giulia Di Vitantonio

Invisible Habitudes
di T.H.E. Dance Company
Coreografia: Swee Boon Kuiki

Direttore musicale, compositore e live performer: Yujun Wang

Performers: Antea Seah, Brandon Khoo, Billy Keohavong,
Lynette Lim, Zu You Ng, Klievert John Mendoza

Luci: Adrian Tan
Costumi: An Ni Loo

Realizzazione scenografia: Artfactory

Ingegnere del Suono: Rong Zhao
Al Florence Dance Festival 2019, il 6 luglio, in collaborazione con Fabbrica Europa

Mentre il pubblico entra, loro sono già in scena esplorando singolarmente lo spazio intorno con gesti sinuosi e rallentati, di braccia tese in alto, di contorsioni, avviluppamenti a terra. Qualcuno si distanzia dal gruppo. Dà impulsi agli altri. Rientra ricongiungendosi in una catena frontale di mani unite. L'inquietante sound design che li avvolge suscita un'atmosfera sconfinata, poi sempre più terrestre. Nel mutare di sonorità percussive eseguite dal vivo, cambiano gli stati d'animo, si stagliano i singoli nelle loro personalità. Affiorano memorie dai loro corpi portando con sé passato e presente, ricordi e paure, abbandoni ed esultanze, contrasti e condivisioni, bisogno di liberazione e di affermazione in un mondo mutevole, confuso, alla ricerca d'identità. Un'incessante energia e tensione caratterizza gli straordinari interpreti della compagnia di Singapore T.H.E. Dance Company in Invisible habitudes del coreografo Kuik Swee Boon, ospiti di Fabbrica Europa in collaborazione col Florence Dance Festival (e un passaggio anche al festival Inteatro di Polverigi). Protagonista con la Compagnia Nazionale Spagnola di Danza (CND) dal 2002 al 2007 e con esperienze con coreografi come Jiri Kylian, Mats Ek, Ohad Naharin, Nacho Duato e Wim VandeKeybus, Kuik ha saputo unire in questa creazione un linguaggio fortemente contemporaneo con risonanze di arti marziali e cinese, estese a posture allungate, a dinamiche di contact, a impulsi accelerati di hip-hop. La scena è animata da continui flussi che si connettono e disconnettono avendo come perno drammaturgico due strutture mobili di metallo con pannelli specchianti e apribili come finestre. Attorno e dentro ad esse si muovono i danzatori, ruotandole, spostandole, saltando ai lati, scomparendo dall'interno e ritornando alla vista mostrando solo alcuni arti, arrampicandovisi e disponendo i corpi in posizioni di disequilibrio. Sono i luoghi dell'abitare, della convivenza, della costante ricerca di relazione. E la mescolanza di voci di diverse lingue, compreso un veloce monologo, che sopraggiunge nel moto avvincente, ribadisce quel bisogno di condivisione. Nella fusione dei corpi si staglia un potente duetto, cui segue l'assolo di un danzatore con una fluttuante gonna e a torso nudo, dentro un fascio di luce: l'affermazione di un'altra individualità. Compagnia di eccellente caratura per tecnica, rigore, espressività, senso teatrale.

Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Lunedì, 15 Luglio 2019 10:18

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