Stampa questa pagina

Santarcangelo: intrecci di sguardi e atti responsabili fra danza e performer. -di Nicola Arrigoni

Silvia Gribaudi con Siro Guglielmi, Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo in "Graces" Silvia Gribaudi con Siro Guglielmi, Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo in "Graces"

Santarcangelo: intrecci di sguardi e atti responsabili fra danza e performer
di Nicola Arrigoni

Che lo si critichi o lo si elogi, Santarcangelo, come pochi altri festival, regala pensieri, esperienze e suggestioni che ci si porta a casa. È lo sguardo responsabile che caratterizza la chiusura della triennalitá di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, chiusura all'insegna della lentezza e della gentilezza. Questi due aspetti ricorrono, forse, nella tensione costante che gli spettacoli e le performance proposte dimostrano: una tensione dialogica e partecipativa nei confronti dello spettatore. È l'indifferenza che è bandita da questo festival, è la comodità dello star fuori che Santarcangelo non tollera, con gentilezza e senza violenza.
Per questo lo spettacolo circense Pelat di Joan Catalát è una sorta di cerimoniale che chiede al pubblico di aiutare il performer a montare il suo albero della cuccagna. Pelat è questo: la condivisione di un momento festivo nel cuore urbano di Santarcangelo, per interrompere il quotidiano e dire che forse è possibile ritrovarsi insieme a far festa. Altro tipo di coinvolgimento solitario ma non solipsistico è quello indotto dalla conferenza per uditore solo di Debriefing session. Si tratta dell'incontro tra un singolo spettatore e un agente di Public Moviment che racconta di una ricerca sull'arte moderna palestinese precedente al 1948 e sulla sua scioccante assenza nella memoria istituzionale e culturale di Israele. L'incontro investe lo spettatore del ruolo di comunicatore di una storia cancellata, dimenticata perché accettare l'arte palestinese vorrebbe dire riconoscere politicamente e non solo culturalmente l'esistenza della Palestina. La consegna di una storia da ricostruire è solo una delle azioni di responsabilità promosse all'interno del festival. Guilty Landscape di Dries Verhoeven porta il singolo spettatore ad assistere a un video di lavoratori in una fabbrica tessile in cui il rumore e il lavoro appaiono alienanti e insopportabili. Mentre si osserva la scena della fabbrica/capannone in azione, un lavorante si stacca e con la mimica dialoga con lo spettatore, imitandone pose corporee e atteggiamento. Tutto ciò diverte e rende meno asettico lo sguardo dello spettatore, non nero riguardante ma partecipante con la possibilità di interagire con quella figura che non è più solo immagine ma è persona nel suo senso più completo. Ciò dovrebbe rendere meno usuali e meno indifferenti le immagini rubate all'interno di una fabbrica tessile cinese.
Ne Il canto delle balene Chiara Bersani e il danzatore Matteo Ramponi chiedono allo sguardo del pubblico di interrogarsi sulla loro ricerca si danzatori. Ramponi si muove, sembra in procinto di proferire parola o abbozzare un gesto, ma poi si trattiene. Con il suo sguardo interroga gli astanti, la sua è una preghiera fisica di condivisione, è la voglia di costruire insieme – per dichiarazione della stessa Bersani – un percorso, un viaggio nella possibilità di esperire il movimento come contatto e prossemica dell'essere presenti a se stessi nello scambio di esperienza con l'altro. A questa esigenza di dialogo e prossimità con il pubblico si affida – attraverso il linguaggio della comicità e della danza – Graces di Silvia Gribaudi. Graces è un lavoro divertente, furbo, che ammicca alla tradizione ballettistica e la irride con ironia e l'autoironia della coreografa con un fisico non proprio da danzatrice. Il riferimento va alle Grazie del Canova che per la Gribaudi hanno le fattezze di Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo. I tre ballerini sfoderano jetès e sforbiciate, oltre che una fisica resistenza a cui Gribaudi non riesce a tenere testa. Ma sono gli sguardi ironici e beffardi della coreografa e dei suoi ballerini, insieme alla chiamata in causa del pubblico a far detonare la comicità, a costruire un lavoro leggero, divertito e divertente in cui ironia e gentilezza si sommano nello sguardo beffardo e autoironico di Silvia Gribaudi. Il pubblico ci sta, si diverte ed elegge Graces allo spettacolo simbolo e più applaudito di Santarcangelo festival. In un certo senso Gribaudi ha annullato la mostruosa capacità espressiva dei danzatori, avvicinandola agli spettatori con la sua presenza di danzatrice non canonica.
Di tutt'altro temperamento è il bellissimo Ultras Sleeping dance di Cristina Kristal Rizzo che chiede al pubblico di circondare lo spazio rettangolare in cui si muovono i ballerini, in ravvicinatissimo respiro coreutico con chi assiste. Resi inumani da parrucche vistosamente finte, i danzatori si muovono a terra, trattenuti sul tappeto di danza da una forza opposta ma altrettanto intensa della volontà di rialzarsi. Gli sguardi sono di angosciante dolore e di rassegnata sofferenza, sono sguardi che chiedono aiuto e al tempo stesso rifuggono il contatto troppo diretto... la mimica facciale è tesa e dolente come il movimento a terra. Improvvisamente flotti di sangue escono dalle bocche dei ballerini, macchiando le candide camicie e regalando una dolorosissima resurrezione destinata a compiersi in singhiozzi e lacrime vere. Questi Ultras non ci possono lasciare indifferenti e la danza liberatrice che ne fuoriesce alleggerisce anche gli sguardi del pubblico. Ultras di Rizzo è un lavoro che si vorrebbe rivedere più volte, è la conferma che i codici delle arti performative – quando usati con sapienza e intelligenza – sanno costruire storie e pensieri del nostro stato contemporaneo. Nel festival di Santarcangelo un unico e univoco modus narrandi non ha casa, diverse estetiche e prassi, tradizione e innovazione coesistono nel segno di un'eredità che e portare avanti mutando, che è ricercare tenendo conto dell'errore e del fallimento. La comunità degli artisti e del pubblico di Santarcangelo questo lo sanno e ogni anno lo dimostrano con coerenza e costanza utopica, perché solo l'arte e la bellezza possono trasformare il mondo.

Ultima modifica il Giovedì, 11 Luglio 2019 11:57

Articoli correlati (da tag)

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.