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2° Edizione IL CORTILE-TEATRO FESTIVAL DI MESSINA - “Il muro”, di e con Turi Zinna, regia Federico Magnano San Lio. -di Gigi Giacobbe

Turi Zinna in “Il muro”, regia Federico Magnano San Lio Turi Zinna in “Il muro”, regia Federico Magnano San Lio

Il muro
Cronachetta drammatronica di una civile apartheid
di e con Turi Zinna
Regia di Federico Magnano San Lio
Palazzo Calapaj-D'Alcontres di Messina
2ª Edizione de "Il Cortile. Teatro Festival" 13 agosto 2018

Se ai giorni nostri un premier o un capo dello stato viene in visita nelle nostre città, i sindaci o i presidenti di regione fanno di tutto per far conoscere loro i problemi più importanti, senza nascondere residuati di antichi terremoti, portandoli letteralmente a far vedere loro come vivono migliaia di famiglie in fatiscenti baracche, dove la povertà si taglia col coltello e dove queste topaie rappresentano dei veri terreni di coltura di manovalanza delinquenziale. Tutto il contrario di quello che succedeva in epoca fascista allorquando arrivava il duce in pompa magna e i gerarchi e i notabili del luogo facevano di tutto per nascondere a quell'uomo in fez dagli occhi roteanti qualunque segno di povertà, adoperandosi financo ad erigere dei muri alti sino al primo piano delle abitazioni, perché la prospettiva potesse sembra linda e pulita, virtuale come un The Truman Show ante litteram: come virtuale fu il fotomontaggio di Gesualdo Alì, inviato al duce a Palazzo Venezia che ritraeva Caltagirone sul mare con tanto di "litorale marino popolato da barche adagiate su una ridente e sassosa spiaggetta", in occasione della sua prima visita in Sicilia nel maggio de 1924 quando tra gli alberi di sughero di Santo Pietro (località vino a Caltagirone) doveva sorgere una città chiamata Mussolinia. Il duce tornerà ancora in Sicilia, a Catania nel 1937, badando bene l'establishment locale d'innalzare delle alte palizzate nelle strade intorno a Via Etnea per nascondere le miserie del quartiere popolare di San Berillo. L'episodio fa da sfondo alla pièce Il muro scritta e interpretata dal catanese Turi Zinna, sotto forma oratoriale su base musicale tecno con la regia di Federico Magnano San Lio, in cui vi compaiono voci e immagini di Mussolini colto nei suoi atteggiamenti più tipici e caricaturali. I muri, si sa, possono dividere popoli e nazioni. Possono essere abbattuti come quello di Berlino o possono resistere come quello che divide israeliani e palestinesi. Qui invece, a Catania, è rimasto eretto nell'anima della città diventando un organo del suo corpo urbanistico. Mentre echeggiano gli slogan neri, tipici da stadio, un povero barbiere di nome Gioacchino viene prelevato dal suo salone, scambiato per un'altra persona e tuttavia portato in caserma dove prende un fracco di legnate facendogli pure bere un quarto di litro di olio di ricino e poi nottetempo lasciato libero. Il poveraccio somiglia a quel piccolo impresario edile di nome Aurelio, antifascista e padre del giovane Titta che bisticcia sempre con la moglie Miranda di Pupella Maggio in Amarcord di Fellini, allorquando viene trattenuto negli uffici dei gerarchi fascisti e qui obbligato a bere una sfilza di bicchieri di olio di ricino, cacandosi addosso mentre fa ritorno a casa. Qui, nell'assolo di Zinna, che ha come sottotitolo Cronachetta drammatronica di una civile apartheid, il barbiere Gioacchino non può tornare a casa sua per espletare i suoi bisogni perché quei muri nelle strade ne impediscono che possa raggiungerla. E dunque è costretto a vagare in una Catania notturna che dalla Via Etnea lo conduce alla Stazione, poi alle Ciminiere e dunque nei pressi di Ognina, con gli escrementi e il suo piscio che lo riempiono tutto, diventando il personaggio l'emblema d'una guerra alle porte che avrà quegli odori nauseabondi. Lo spettacolo, che ha avuto dei problemi tecnici alla prima messinese, è andato in scena all'interno del Palazzo Calapaj-D'Alcontres, conclude la 2ª Edizione de "Il Cortile Teatro Festival" diretta da Roberto Bonaventura e Giuseppe Giamboi.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Giovedì, 16 Agosto 2018 08:19

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