Un ritrovato "Borgomastro di Saardam" di Gaetano Donizetti: tra Bergamo e San Pietroburgo.
Bergamo, Teatro Sociale, domenica 26 novembre 2017
Il Borgomastro di Saardam
Melodramma giocoso di Domenico Gilardoni
Musica di Gaetano Donizetti
Prima rappresentazione della nuova versione:
Milano, Teatro alla Scala, 2 gennaio 1828
Lo Czar Giorgio Caoduro
Pietro Flimann Juan Francisco Gatell
Wambett Andrea Concetti
Marietta Irina Dubrovskaya
Carlotta Aya Wakizono
Leforte Pietro Di Bianco
Alì Mahmed Pasquale Scircoli
Un uffiziale Alessandro Ravasio
Direttore Roberto Rizzi Brignoli
Regia Davide Ferrario
Scene Francesca Bocca
Costumi Giada Masi
Luci Alessandro Andreoli
Regista assistente Marina Bianchi
Assistente alla direzione Roberto Frattini
Orchestra Donizetti Opera
Coro Donizetti Opera
Maestro del coro Fabio Tartari
Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Donizetti
Bergamo, Teatro Sociale, 24, 26 novembre, 2 dicembre
Saardam, Zaandam, San Pietroburgo e Bergamo, che legami hanno in apparenza queste città? Le accomuna la trama di un libretto e la vicenda di un architetto che da Bergamo viene chiamato a progettare San Pietroburgo, la nuova capitale imperiale voluta dallo Zar Pietro il Grande, protagonista a sua volta dell'opera, zar incognito, semplice carpentiere nei cantieri di questa città dell'Olanda, Zaandam, per apprendere l'arte della cantieristica e per reclutare
manodopera specializzata a far si che il suo sogno di una capitale rivolta all'Occidente si realizzi. Non mancano i giochi d'amore e lo scambio delle parti tra lo zar e un giovane disertore suo conterraneo. Tra l'altro questa vicenda verrà utilizzata per altri libretti, musicati sempre da Donizetti, che il Festival si ripromette di portare il scena.
Nel 1973 una società d'opera amatoriale olandese a Zaandam ("Saardam"), città olandese protagonista dell'opera donizettiana, si mise a ricostruire la partitura da frammenti esistenti mettendo in scena "Il Borgomastro di Saardam" realizzato in occasione di un anniversario nella cittadina olandese. Orchestra e coro erano dilettanti, direttore amatoriale, solisti professionisti, con un artista d'eccezione a cui era stata affidata la parte del ruolo del "Borgomastro Wambett", il basso Renato Capecchi. Esiste la registrazione di questo evento.
Ma la partitura non era completa, dispersa in vari esemplari, tra l'Archivio Ricordi a Milano, manoscritto autografo, Roma dove è conservato il manoscritto in due volumi e mutilo nella Biblioteca Musicale del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, e Napoli, dove il Conservatorio di San Pietro a Majella custodisce la copia manoscritta con aggiunte e correzioni autografe di quella che fu la prima rappresentazione al Teatro del Fondo nel 1827 su libretto di Domenico Ghilardoni, facendo parte di un gruppo di opere che Donizetti scrisse a raffica come direttore musicale di Napoli.
Nella città partenopea la composizione, più farsa che opera comica, raccolse un successo non indifferente che indusse il compositore a riproporla a Milano per la stagione del Carnevale del 1828, ma alla Scala cadde clamorosamente.
Se ne perse ricordo, salvo quel recupero del 1973 che si inseriva nell'ambito della Donizetti-Renaissance di quegli anni. La messinscena approdata a Bergamo è il frutto della rilettura delle parti esistenti di un' opera così poco conosciuta e che musicalmente, furbescamente, è riascoltare un certo Rossini comico, che emerge di prepotenza nelle riproposte del sillabato del canto affidato al "Borgomastro Wambett", basso protagonista comico tanto simile al mondo rossiniano di questo genere di vocalità, nelle arie eroiche di Pietro, lo zar in incognito, come nelle cavatine, tutte furbizia, di Marietta, elementi che il compositore bergamasco riprenderà nel suo repertorio comico a cominciare proprio da alcuni estratti di quest'opera.
Ma alla parte musicale si è affiancata anche ad un'altra operazione di recupero di memoria legata strettamente all'ambito cittadino. La San Pietroburgo che lo zar Pietro disegna nella sua ambizione politica verrà realizzata da Giacomo Quarenghi su commissione della zarina Caterina II di Russia; dell'architetto bergamasco sono, infatti l'impianto urbanistico e architettonico della nuova capitale imperiale e non è stato quindi azzardato accostare, nell'allestimento a cura di Davide Ferrario con le scene di Francesca Bocca, immagini della Zaandam del '700 del I° atto con i progetti dell'architetto bergamasco che come diapositive scorrevano nell'atto successivo. I costumi di impianto popolare coloratissimi per coro e figuranti di Giada Masi riproponevano uno stile di fine '800 ma pienamente inseriti in una vicenda che doveva rifarsi all'inizio del XVIII secolo non snaturando il senso di un allestimento ben congegnato negli spazi del Teatro Sociale, in pieno centro storico della Città Alta, che accoglie il festival in attesa dell'adeguamento del maggior Teatro Donizetti.
Ad un primo atto che raffigurava un animatissimo e vivacissimo arsenale olandese con tanto di scafo in allestimento faceva seguito, con un certo stacco di ritmo sia visivo che musicale, il II° atto affidato in gran parte al protagonista, lo Zar in incognito, con la sua grande scena e aria descrittiva del suo sogno politico che sta per essere messo in pericolo dalle rivolte della nobiltà moscovita. Suggestivi gli estratti dai film di Ejzenštejn, il regista della Russia sovietica più rappresentativo, "La congiura dei boiardi" e " Il vecchio e il nuovo" che fanno risaltare proprio il conflitto politico epocale nelle terre russe. Parallelamente la gestione musicale condotta da Roberto Rizzi Brignoli non si è fatta cogliere impreparata nel gestire questa farsa sospesa tra tempi del crescendo rossiniani che emergono in tutta la loro irruenza nelle parti d'assieme proprio nel gioco degli equivoci delle parti e la scrittura armoniosa e legata donizettiana, affidata al canto di Marietta, protagonista femminile. Da una parte il Borgomastro Wamblett di Andrea Concetti, riesce a dominare tutto il fraseggio rossiniano con capacità e autorevolezza senza perdersi nelle situazioni di comicità spinta che il libretto prevede, dall'altra lo Zar, delineato dal basso Giorgio Caoduro, che con voce elegante ben impostata, svela il suo personaggio dai panni di un operaio fino allo scoprimento della sua vera identità. Un pò al di sotto delle aspettative il Pietri Flimann di Juan Francisco Gattell: se in altri ruoli ben più impegnativi di stampo rossiniano si imponeva per omogeneità del suono, e capacità di assurgere alle parti alte della partitura, nella parte assegnata in questa opera ha dato una resa vocale un pò opaca al suo personaggio, un ruolo a lui, forse, non congeniale. Protagonista indiscussa della produzione è il soprano russo Irina Dubrovskaya nel ruolo di Marietta, personaggio per molti versi simile alla Rosina rossiniana anche come evoluzione della linea di canto e preludio a tanti altri personaggi femminili donizettiani dell'ambito comico. Donizetti l'affidò al contralto ungherese Caroline Unger, inserendo parti di notevole agilità e coloritura che Irina Dubrovskaya, soprano leggero e di coloritura, risolve con professionalità. Di qualità anche le parti di comprimari affidate a Aya Wakizono, Carlotta figlia del Borgomastro, Pietro Di Bianco, guardia del corpo dello Zar Leforte, Pasquale Scircoli in un simpaticissimo e vivace Alì Mahmed, per concludere con Alessandro Ravasio, ufficiale. Il coro, gestito da Fabio Tartari si è ben inserito nell'economia dello spettacolo. Pomeridiana affollata con un pubblico, anche internazionale, che ha accolto favorevolmente questa produzione, come il complesso delle scelte di questa edizione 2017 del Festival Donizetti.
Federica Fanizza