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Messina: Piccolo Festival Shakespeariano, "Sogno d'una notte di mezza estate", regia Daniele Gonciaruk. -a cura di Gigi Giacobbe

"Sogno d'una notte di mezza estate", regia Daniele Gonciaruk "Sogno d'una notte di mezza estate", regia Daniele Gonciaruk

Sogno d'una notte di mezza estate di Shakespeare
al Monte di Pietà di Messina
con la regia di Daniele Gonciaruk
dal 27 al 29 luglio 2017

Il Sogno d'una notte di mezza estate di Shakespeare s'addice bene ad una scuola di Teatro. Perché è una commedia accattivante, agita su più piani, con molti personaggi e in cui ognuno può esprimere estro, fantasia e poesia. L'ultima volta la vidi tre anni fa, in una indimenticabile edizione del Festival di Spoleto, messa in scena da Tim Robbins. Sì proprio quello spilungone, ex marito di Susan Sarandon, protagonista di film indimenticabili ( per tutti valga Le ali della libertà accanto a Morgan Freeman) che da una trentina d'anni dirige nella piccola città di Culver City (40 mila abitanti nella Contea di Los Angeles in California) l'Actors' Gang: una scuola di attori con annesso teatrino di 90 posti fondato nel 1981 che ha prodotto già un centinaio di spettacoli "sperimentali", presentati prevalentemente negli Stati Uniti. Più modestamente a Messina c'è da alcune stagioni una Scuola Sociale di Teatro, diretta con non poche fatiche da Daniele Gonciaruk, forte d'una quarantina di elementi giovani e meno giovani, senza un proprio spazio teatrale, reperito di volta in volta a seconda delle esigenze registiche (dello stesso Gonciaruk), i cui esiti finali, sempre di livello, culminano in veri propri spettacoli, come sta avvenendo in questo mese di luglio con un dittico shakespeariano, cui è piaciuto dargli il nome di "Piccolo Festival Shakespeariano". Il primo è un pot-pourri di opere sanguinarie del Bardo, titolato Shakespeare Horror Story ( già recensito da Sipario e andato in scena nel Forte San Salvatore che sormonta la Madonnina del Porto), mentre il secondo, appunto il Sogno... è stato rappresentato all'interno del barocco Monte di Pietà di Via 24 Maggio. Uno spazio fascinoso, con una bellissima scalinata di marmo a rampe simmetriche che sale sino al primo pianerottolo con la statua dell'Abbondanza e continua poi sino a raggiungere uno spiano che conduce al prospetto (restaurato alla meglio) di ciò che un tempo era la chiesa di S. Maria della Pietà. Una scenografia naturale invero, un po' glaciale per il biancore di pietre e marmi tutt'intorno, vivacizzata dai costumi di elfi e fate (Maria Laganà, Daniela e Rosalba Orlando, Giusi Piccione) sui cui visi spiccavano deliziose mascherine colorate, colte ad tratto a danzare e cantare al ritmo di Far l'amore (quella che la Carrà cantava ad inizio del film La grande bellezza di Sorrentino), e più avanti in coro alle prese di Un bacio a mezzanotte, capitanate da un Oberon (Andrea Cinturrino) nei panni pesanti e impellicciati d'un vichingo per via d'un elmo in testa con un paio corna illuminate di rosso e della di lui regina Titania, en travesti quella del bravo Renato Sanfilippo con un copricapo simile ad un luminescente albero di Natale. Certamente l'impressione che ne abbiamo ricavato è stata quella d'assistere ad una sorta di saggio di fine anno in stile commedia dell'arte da parte d'un collettivo certamente affiatato, senza quei tocchi di novità o di visioni magiche che il testo contiene al suo interno.

Le fate

Uno spettacolo "corretto", in alcuni momenti odorante di fior di loto, recitato in modo accademico, riuscendo ad intrigare il pubblico in quella parte finale che vede Bottom (Gaetano Citto), Zeppa (Enza Ciacchella) e compari rappresentare in un bosco, con effetti comici e pure esilaranti, la tragicommedia di Piramo e Tisbe. Per il resto risultavano scialbi gli incantesimi che mettevano in atto Oberon e il folletto Puck a suo servizio (qui la siluette nera di Marco Dell'Acqua), nei confronti delle due coppie di giovani, rispettivamente gli innamorati fuggiaschi da Atene Lisandro ed Ermia (Alessandro Santoro e Emanuela Ungaro) Demetrio ed Elena (Antonio Previti e Fabiana D'Urso) campioni di maratona che s'inseguono per le scale e in mezzo al pubblico, senza potersi amare, agghindati i quattro con costumi davvero bruttini. Un mondo magico che di magico ha ben poco, tranne quel tratto in cui Titania s'innamora d'un asino (lo stesso Bottom) la cui maschera somiglia ad un felino con le orecchie a sventola. Tuttavia alla fine andranno a buon fine le nozze di Teseo e Ippolita (Sergio Foscarini e Doriana Garufi), i quattro giovani si ricongiungeranno secondo i loro voleri, Bottom e Zeppa continueranno a dilettarsi di teatro e tutti vivranno felici e contenti. Accanto ai già citati protagonisti si notavano le presenze di Egeo padre di Ermia (Rosario Cuscinà), del cerimoniere di Teseo Filostrato/a (Mara Giannetto), e del resto della compagnia degli artigiani/attori (Anna Bellinghieri, Eleonora Cicciò, Rosario Cuscinà, Gaetano Mazza pure nei panni nell'elfo Ciliegino), tutti a cantare in chiusura Fatalità (sempre della Carrà).

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 30 Luglio 2017 23:45

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