IL TRAMONTO DEI TIMORI
di Giulia Campinoti
Stefano attendeva in gloria la riapertura del suo bar estivo preferito: lo chiamava, dentro sé, il suo angolo di mondo, perché ordinava il solito drink al bancone, sollevando da manuale l’indice sinistro assieme alle iridi verdi. Il venerdì sera, al calasole, si assicurava il posto prediletto per gustarsi il consueto Hugo dinanzi a un panorama spettacolare. Da Salivoli, seduto sopra al medesimo sgabello alto e rosso, Stefano poggiava le braccia conserte sul legno massello, e lo sguardo si perdeva dritto nel mare agitato e, talvolta, sembrava di sfiorare le guance dell’Isola d’Elba. Il moro dai ricci selvaggi, si sentiva fortunato a potersi concedere un lussuoso aperitivo, con un paesaggio stupendo, proprio in città. Il primo sorso andò giù subito e, nel frattempo, si mise a studiare l’elegante calice trasparente intrecciato nella mano sinistra. I cubetti di ghiaccio, sottoposti alle scosse, scivolavano qua e là; lui, da qualche anno, era diventato uguale: il brio della libertà, fuso con l’amarezza del fallimento, sintetizzava una potente sostanza paralizzante. Al secondo assaggio, lo sguardo tallonò una bionda mozzafiato, facendogli quasi staccare la testa dal collo, e rischiando un serio soffocamento. Lei, facendo finta di nulla, si accomodò allo stesso pianale, un po’ a distanza. Una parte di Stefano, fremeva per l’intraprendenza e l’invito a una degustazione alcolica in coppia, invece l’altra lo spronava alla nullafacenza, ancorandolo al panchetto di plastica. La solitudine dei trent’anni l’aveva complicato, rendendolo un bruco inquieto, al sicuro nel bozzo, eppure anche ancestralmente desideroso di evolversi in coraggiosa farfalla. Al terzo assaggio, Stefano trasalì: la bionda si era avvicinata, e adesso lo guardava intensamente; gli si accostò ancora, afferrandogli il colletto basso della giacca.
«Buttati!» gli sussurrò, fissandogli le labbra.
«Mi salverai dalle mie paure?» chiese lui, col cuore in gola.
«Scoprilo!» lo incitò lei e Stefano, allora, la baciò.
Il sole si immerse lento negli abissi marini, le dita si intersecarono fra capelli arruffati, le labbra si cercarono e, nella notte di Piombino, una farfalla nascitura spiccò il volo, lasciando per sempre le sabbie mobili.