È incredibile come ciò che oggi appare innovativo, gratta, gratta diviene un pallido o nel casi più fortuati, aggiornato riflesso di un passato più o meno remoto. Ed è questa la sensazione che si avverte affrontando i protagonisti delle avanguardie storiche fra il XIX e XX secolo e magari recuperando altri innovatori che – sulla scorta di quelle esperienze – innovarono la scena europea nella seconda metà del Novecento. A questa riflessione inducono due recenti uscite editoriali di Titivillus, L'officina teorica di Edward Gordon Craig, curato da Lorenzo Mango (pagine, 308, 18 euro) e per certi versi anche il lavoro di Yves Lebreton, Étienne Decroux. La staturaia mobile e le azioni (pagine 268, 18 euro) in cui l'attenzione al corpo come affrancamento dall'espressività letteraria/verbale di certo teatro diviene il terreno su cui agire l'innovazione, la voglia di rompere con il passato e cercare nuove prospettive d'azione. Si tratta – ovviamente – di due percorsi teatrali ed estetiche differenti ma che danno fondamento – più o meno consapevole – a molte intuizioni e stereotipi della scena contemporanea, frequentati magari con la pretesa della primogenitura.
L'Arte del Teatro di Edward Gordon Craig è uno degli eventi con cui inizia il Novecento teatrale. La regia come autonoma attività creativa, la scena come scrittura, la perdita di centralità del testo drammatico, il teatro come arte della visione sono tutti elementi che questo libro del 1905 mette per la prima volta in gioco, aprendo le porte al nuovo secolo. Lorenzo Mango col suo studio ne ricostruisce l'officina teorica, il processo di scrittura attraverso cui Craig giunse alla stesura finale del suo testo e il contesto che concorse alla formulazione delle sue idee: Weimar e il sogno modernista del Conte Harry Kessler, l'incontro col maestro dell'Arts and Crafts Van de Velde, il rapporto con Isadora Duncan, i contatti e i conflitti coi registi Brahm e Reinhardt. è la storia di un innesto culturale grazie a cui una giovane promessa del teatro inglese si trasformò nel primo grande teorico del teatro moderno europeo. «Dai manoscritti preparatori di quel libro emerge il racconto di idee che prendono corpo a mano a mano, progressivamente affinandosi; contemporaneamente il soggiorno tedesco di Craig racconta la nascita della cultura europea moderna che, con i suoi sogni, le sue aspirazioni, le sue rivendicazioni, considerava, ad inizio secolo, il futuro come una valore assoluto, facendo dell'utopia, la pratica concreta dell'arte», scrive Lorenzo Mango. E a rendere chiara questa vocazione utopica delle potenzialità dell'arte teatrale è lo stesso Yves Lebreton presentando la figura di Étienne Decroux « è un precursore – scrive Lebreton che con questo volume prosegue la sua ricerca sul Teatro Corporeo, iniziato con Sorgenti. Nascita del Teatro Corporeo sempre pubblicato da Titivillus -. Mentre il teatro contemporaneo non cessa di liberarsi dalla sua dipendenza letteraria per rigenerarsi alla sorgente del corpo, la ricerca di Decroux incentrata sulla mobilità espressiva dell'attore si fa sempre più attuale. La sua opera emerge dal vasto slancio innovatore che attraversò l'Europa all'inizio del secolo scorso in cerca di una maggiore plasticità dell'arte scenica e i cui protagonisti più significativi furono Appia, Craig, Copeau, Meyerhold, Schlemmer e Artaud. Laddove altri si sforzarono di estendere l'eloquenza dell'attore alla dimensione fisica della recitazione, Decroux rinunciò alla parola per tornare all'essenzialità del corpo. Ai diktat dell'autore egli oppose la sua concezione del poeta-ginnasta, capovolgendo la sacrosanta triade drammaturgo-regista-interprete per promuovere l'attore al rango di creatore».
«Laddove altri enunciarono teorie e apriranno le vie della sperimentazione, Decroux affrontò la pratica teatrale nei suoi fondamenti, convinto che la nascita di un nuovo teatro richiedesse in primo luogo la nascita di un nuovo attore. Ma soprattutto, forgiò su se stesso la disciplina necessaria a questa rigenerazione dell'arte teatrale. Come Stanislavskij, fu il primo apprendista del proprio metodo. Voleva modellare un attore corporeo per costruire un teatro del corpo», conclude Yves Lebreton che nel volume dedicato ad Étienne Decroux oltre a una testimonianza unica su un maestro tra i più importanti del ventesimo secolo, presenta, per la prima volta in assoluto, un'analisi descrittiva precisa del metodo e della tecnica decrousiani. Insomma se pure con due approcci differenti i due volumi vanno in cerca del dietro le quinte, dell'officina artistica di adue protagonisti della ricerca teatrale che su fronti diversi: registico Craig si potrebbe dire e attorico/mimico Decroux contribuiscono a riformulare l'estetica di un teatro in cui la parola viene per così dire 'disconosciiuta' o meglio fatta scendere dal gradino più alto del podio per usarla come uno degli elementi di un linguaggio sporco e contaminato in cui spazio, immagine, corpo, musica compartecipano a quel rito del vedere insieme che è il teatro.
Lorenzo Mango, L'officina teorica di Edward Gordon Craig, Titivillus editore, euro 18.
Yves Lebreton, Étienne Decroux, La Statuaria Mobile e le Azioni, Titivillus editore, euro 18.
Craig e Decroux operai del teatro nostro contemporaneo. Due saggi pubblicati da Titivillus sulla storia della scena del '900-di Nicola Arrigoni
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