Con questo titolo la Fondazione Paolo Grassi- la voce della cultura sta per pubblicare gli atti di due convegni da essa promossi a Milano e dedicati, a novembre 2013, al rapporto in Europa tra il sistema televisivo e la cultura e, a giugno 2014, al rapporto tra la RAI e Milano sulle opportunità produttive nel campo della cultura e della creatività. Temi legati all'esperienza di Paolo Grassi – che fu presidente della Rai dal 1977 al 1980 – ma anche legati oggi a un ripensamento del ruolo della televisione in un contesto sociale e tecnologico profondamente trasformato rispetto a trenta anni fa e in cui le relazioni tra tv e internet diventano strategiche per mantenere una relazione prioritaria con pubblici ormai molto segmentati.
Entrambi i convegni hanno avuto il patrocinio del Comune di Milano e del Consiglio regionale della Lombardia, presenti in entrambi i casi il sindaco Giuliano Pisapia e i vertici di Consiglio e Giunta Regionale.
Si tratta complessivamente di cinquantacinque contributi di primo piano rispetto agli ambiti istituzionali, professionali, accademici, imprenditoriali, che hanno riportato a Milano un dibattito decisivo per la prospettiva del riallineamento del servizio pubblico radiotelevisivo italiano al nodo della questione europea sulla missione delle tv pubbliche: un rapporto strategico – progettuale e produttivo – con l'identità culturale e con i processi creativi che si esprimono nei territori.
Nella sede della Fondazione Corriere della Sera il primo evento è stato presentato con queste caratteristiche:
Oggi la produzione culturale ha bisogno di glocalità, di stare cioè con i piedi in moltissime logiche di territorio, ma con gli occhi e gli scambi aperti al mondo. E la Milano che, pur a fatica, sta cercando la sua lettura di Expo proprio in questa chiave (altrimenti nemmeno il concept di Expo "nutrire il pianeta" potrebbe essere oggetto di discussione di quell'evento), è un posto adatto per sparigliare una deriva del nostro duopolio in cui la Rai resta prigioniera della politica e i canali commerciali restano prigionieri della pubblicità. Due componenti non eludibili e non insignificanti, ovviamente. Ma che rischiano di togliere alla televisione – ovvero al televisore – ormai metà della audience. I giovani vanno altrove e la rete costruisce la sua alternativa dentro la quale una parte importante di quel prodotto culturale (anche quello nuovo, linguisticamente e socialmente innovativo) non è gestibile. La tv finisce a intrattenere i vecchi e la rete costruisce navigazione su una frammentazione di scambi epidermici regolati dal rito partecipatorio sommario del "mi piace/non mi piace". La cultura non serve per fare battaglie di retroguardia rispetto alla crescita della rete. Ma non è nemmeno – per una comunità creativa come quella italiana – merce avariata.
Nella sede del Consiglio regionale della Lombardia il secondo evento è stato presentato con queste caratteristiche:
"Storia controversa, prospettiva necessaria" intitola l'incontro articolato nelle tre ottiche di "ieri, oggi e domani" per chiamare a discussione alcuni settori (il sistema politico-istituzionale, gli operatori artistici e culturali, gli analisti e gli studiosi del sistema universitario, il management della Rai, alcuni settori chiave della creatività del territorio milanese) e per valutare lo stato della relazione Rai-Milano sotto il principale aspetto delle connessioni produttive e quindi in quella logica di "economia della cultura" individuata come una risorsa strategica per lo sviluppo territoriale e nazionale. E anche come una chiave di racconto importante della Milano che si prepara a Expo 2015.
Il volume ripropone i contributi nella vivacità del parlato (reso pienamente leggibile nell'edizione curata dalla Fondazione Paolo Grassi) e si colloca, per l'autorevolezza dei relatori e la schiettezza delle analisi, nella discussione nazionale ed europea sul rinnovamento delle tv pubbliche, per l'Italia con la scadenza nel 2016 della concessione dello Stato alla Rai circa la missione di servizio pubblico.