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La Grande Bellezza - di Paolo Sorrentino

Tony Servillo in "La Grande Bellezza" - di Paolo Sorrentino Tony Servillo in "La Grande Bellezza" - di Paolo Sorrentino

Roma è la vera protagonista del film di Sorrentino, e Roma è quella che ha fatto vincere l'Oscar al regista italiano. Una Roma raccontata già da altri in passato e che altri in futuro racconteranno perché Roma è città eterna, come negarlo, e come non rimanerne affascinati. Roma con le sue bellezze architettoniche senza eguali, Roma con le sue bruttura intestine di una politica corrotta e di una società benestante (o finta benestante) assolutamente decadente, dove nessuno si diverte più né prova a divertirsi più, Roma che bella fuori e brutta dentro conduce alla morte. Morte per malattia in un caso, per suicidio in un altro, ma è la morte che aleggia nel film sin dal principio in cui la festa raccontata e disegnata dal regista altro non è che una passerella di zombie. In mezzo a tutto ciò c'è lui, il disilluso Jep Gambardella, Tony Servillo, che vive questa città che non è la sua, ma in cui ha voluto restare per sfida. Una sfida forse riuscita forse no, ma che non gli ha fatto trovare sé stesso, anzi, al contrario, che gli ha fatto perdere sé stesso. Gambardella è un giornalista e scrittore intelligente perché capace di leggere la pochezza dei personaggi che lo circondano, senza però scegliere di allontanarsi da loro. Un po' di purezza la trova in Ramona, un'ottima Sabrina Ferilli, che proprio perché troppo estranea a quell'orrore non può essere e non può esistere. Anche la Chiesa è presentata nel suo potere pervaso di lacune nella figura di un cardinale, il perfetto Roberto Herlitzka, più interessato a raccontare le sue ricette di cucina che ad ascoltare il bisogno di risposte importanti dell'uomo, ma il finale sembra lanciare un segno di speranza attraverso il personaggio della suora/ santa, orribile a vedersi, ma che all'interno di una bruttura esteriore è la sola a possedere "la grande bellezza", perchè portatrice della verità, quella verità divina che al protagonista farà tornare la voglia di scrivere e di ritrovare appunto quella bellezza tanto ricercata. Il rimando a Fellini è palese, il film di Sorrentino è tutta una citazione de La dolce vita, con la differenza dei tempi, qui molto dilatati, la macchina da presa scivola su strade, palazzi e personaggi con lentezza voluta che altro non è che una carezza pietosa verso la grande piccolezza del mondo.

Francesca Camponero

Ultima modifica il Lunedì, 10 Marzo 2014 10:42

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