giovedì, 25 aprile, 2024
Sei qui: Home / Attualità / I fatti / Incontro con Slawomir Mrozek di Gabriella Buzzi

Incontro con Slawomir Mrozek di Gabriella Buzzi

Slawomir Mrozek Slawomir Mrozek

Ho incontrato Slawomir Mrozek tanti anni fa nella sua casa di Cracovia, tra una fuga e l'altra in terre straniere. Stavo curando la traduzione italiana del dramma Pieszo (A piedi) e ci tenevo a fargli un'intervista, che poi si è rivelata l'unica concessami, col sapore delle rarità.
Lui, occhietti aguzzi e fugaci, la rabbia di sopportare un male che non lo mollava, e la voglia di quello che già i suoi Emigranti volevano: l'assoluto. Lui così schivo e intelligente, tanto che pensavo mi sbrigasse in cinque minuti, e invece un'ora di silenzi interrotti.
Mrozek si è spento il 15 agosto 2013. Lontano dalla sua Polonia. L'uomo di provincia, che sotto i riflettori del mondo teneva gli occhi chiusi, non si sa se per riserbo o impazienza. Lo scrittore che strappava la storia dei grandi nei pezzi dei piccoli, intrappolando opzioni e stendardi in un testamento che tocca tutti e nessuno.
Il drammaturgo introverso che smontava le certezze della società delirante per riconsegnarle la consapevolezza di un'interminabile ricerca della verità. Il teologo dell'arte che incrociava metafisiche combinazioni estetiche ed elucubrazioni esistenzialistiche, candidamente confessando sul rogo delle proprie carte "ho bruciato il passato".
Ancora oggi, a distanza di tempo, mi chiedo che cosa realmente mi voleva dire e non dire, con quel suo centellinar di parole e il frettoloso passamano sull'uscio di via Sebastiana di una copia della sua Provincia, l'ultimo profeta polacco in holter e pantofole.
La provincia esce nel 1982 nella raccolta Piccole lettere (Male listy), in cui Mrozek ripercorre i temi dell'infanzia e della giovinezza, rivelando le origini di quel suo programmatico e stilistico andare controcorrente che ha determinato le scelte della sua stessa vita.
Qui, più che in altri suoi scritti, assistiamo allo "strip-tease di un nevrotico", come recita il titolo della sua ultima biografia firmata da Malgorzata Niemczynska. Nelle Piccole lettere e in particolare nella Provincia si riscontrano forti i chiaroscuri del suo pensiero: la vita vera è sempre altrove. Un credo, questo, ostinato che lo ha portato incessantemente a cercare il "grande mondo", e una nostalgia, altrettanto ostinata, di identità che lo ha riportato più volte "a casa".
Slawomir Mrozek

La provincia (Prowincja)
Traduzione di Gabriella Buzzi
"Amarcord" – Fellini. Io di Cracovia, lui di Rimini. Io Mrozek, lui Fellini. Tutto il resto uguale.
I vantaggi della provincia come sistema formativo dell'artista. La sensazione dei legami interpersonali. L'intimità. Si è nel centro, perché la provincia è di per sé un centro, solo centro, senza periferie. Non si può essere altrove, solo nel centro. Volenti o nolenti.
Ma al tempo stesso: Noi qui, e là il Grande Mondo. Dove? Dove non siamo noi. Dove non è qui. Ad ogni modo, lontano.
Così lontano da averne solo nostalgia. Tra "qui" e "là" non c'è passaggio né per terra, mare o cielo. Ma "là" esiste, c'è. Quelli della Metropoli possono venire da noi. Come gli angeli vengono da noi, povera gente. E noi?
Sì, siamo nel centro, ma non al centro dell'universo. Intimità, familiarità nel bene e nel male. E la nostalgia densa e potente.
D'altronde ogni uomo, di provincia o no, è una provincia. La zona di ogni singola coscienza è una provincia. Dovunque un individuo si trovi, porta sempre con sé i
confini della propria zona. Anche la Metropoli nessuno la può abbracciare tutta. Sempre solo quella zona chiusa, la propria. I confini persi e cancellati, incessantemente fluidi e variabili, ma ovvi. Si può descrivere la geografia di tale zona, come si può descrivere la geografia di una provincia in un manuale. La nostalgia del Grande Mondo, così tipica della provincia, è il modello della nostalgia di trascendenza. La felicità di che ha lasciato la provincia per il Grande Mondo è il modello della felicità mistica, della felicità di chi ha superato (o crede di aver superato) il benedetto maledetto cerchio del proprio essere particolare.
L'artista lavora esclusivamente – diversamente non potrebbe- con l'aiuto dei modelli. Quindi, se uno viene dalla provincia ed è artista – funziona.
Nella provincia: la scarsità di posti, persone, dettagli, la loro relatività, ma anche stabilità – scambi e cambiamenti sono talmente lenti che si ha l'impressione di staticità- favoriscono l'osservazione, la concentrazione, la contemplazione. Perfino costringono a questo. Nella Metropoli tutto è casuale, occasionale e affrettato, tutto frastorna. Quantità e fretta non sono amici dell'artista.
Ma non sarà mai artista chi non si libera della provincia.
Si detesta la provincia quando ci si è dentro e si fa di tutto per andarsene nel Grande Mondo. Più precisamente, si detesta la propria provincialità. Cambiare, correggere il destino. E di nuovo un paradosso, come sempre, come dappertutto. Così poco prendiamo in considerazione la regola secondo cui il risultato finale di tutti i nostri sforzi, sia individuali che collettivi, è sempre esattamente il contrario del previsto. E prima o poi ogni cosa va in senso contrario.
Fellini non avrebbe mai fatto il film "Amarcord", l'opera sulla sua provincia e sul mondo, se non avesse lasciato quella provincia. Non ci sarebbe potuto tornare così come ci è tornato con "Amarcord", non l'avrebbe vista così come l'ha vista, non avrebbe sentito quello che ha sentito. Sono sicuro che quando se n'è andato, era "per sempre", "senza ritorno" e unicamente verso il mondo. Non pensava di guardare di nuovo la provincia dal mondo, come aveva guardato il mondo dalla provincia. Probabilmente allora non sentiva nient'altro se non la selvaggia felicità della fuga.
Purtroppo, essere di provincia e rimanerci, non porta a niente. Trascendenza. Purtroppo – bisogna essere di provincia e lasciarla. Un altro paradosso: si può avere solo ciò che si è perso. La provincia e noi – non è forse il modello di vita in generale?
E ancora la nostalgia. Non sottovalutiamo la nostalgia. Cosa c'è di più forte in noi? Alla fine non resta che la nostalgia (e la stanchezza). Nostalgia senza senso e scopo, nostalgia allo stato puro.
La provincia è la scuola della nostalgia. La migliore e indimenticabile.

Ultima modifica il Martedì, 14 Gennaio 2014 11:00
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

Iscriviti a Sipario Theatre Club

Il primo e unico Theatre Club italiano che ti dà diritto a ricevere importanti sconti, riservati in esclusiva ai suoi iscritti. L'iscrizione a Sipario Theatre Club è gratuita!

About Us

Abbiamo sempre scritto di teatro: sulla carta, dal 1946, sul web, dal 1997, con l'unico scopo di fare e dare cultura. Leggi la nostra storia

Get in touch

  • SIPARIO via Garigliano 8, 20159 Milano MI, Italy
  • +39 02 31055088

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.