"Io crederei solo a un Dio che sapesse danzare". L'aforisma di Nietzsche ci apre la strada a un pensiero che non si fissa negli schemi della filosofia socratica. Quella che si basa sul logos, la parola chiara e distinta. Al contrario apre la strada che ci riporta alle origini, al mythos. La parola oscura e inquietante degli dei. Chiave d'accesso a questo pensiero è la danza. Non possiamo fissarci su un'unica verità, perché tutto scorre. "Panta rei", dice l'aforisma di Eraclito. Simbolo del divenire è il fuoco. Non a caso il più caldo dei quattro elementi primordiali. E' l'elemento dionisiaco che scatena l'ebbrezza per mezzo del vino, dell'eros e della danza.
Nietzsche, filosofo per eccellenza solare, sapeva che la cultura greco - mediterranea divinizza sia il vino che l'eros e attribuisce a Dioniso la capacità di mandarci in estasi. La Sicilia, cuore pulsante della Magna Grecia, conserva nel tempo questo patrimonio culturale.Nella sua straordinaria fusione di etnie, anche gli dei si sono mescolati. Cristiani e Arabi hanno donato all'isola nuove dimensioni religiose, ma il fuoco di Dioniso, dio danzante, non si è mai spento.
Così come non tramonta Odisseo, l'eroe omerico simbolo dell'audacia dell'uomo che non accetta di chiudersi dentro i propri confini domestici. Un poeta neoclassico - romantico come Foscolo l'ha visto come alter ego del proprio destino di esule. Noi scrittori post - moderni lo vediamo come proiezione del nostro destino di anime inquiete.
In quest'ultima stagione il coreografo e regista siciliano Roberto Zappalà ha performato il mito di Odisseo, attualizzandolo nel contesto dei moderni migranti. La Sicilia come porto, terra promessa della nuova Odissea. Quella dello straniero costretto dagli dei a confrontarsi con l'Altro in un continuo incontro/scontro.
"Odisseo. Naufragio dell'accoglienza". Così si intitola il teatro - danza di Zappalà che fa parte del progetto Re - mapping Sicily, la cui prima fase "A. semu tutti devoti tutti?" ha vinto il premio Danza & Danza 2010.
Il dio Dioniso non si stanca di trascinarci nell'ebbrezza del vino e dell'eros. Ma sa anche trasformarsi in una tragica riflessione sul destino dei nuovi esuli che vengono non solo da terre lontane ma migrano anche dentro il nostro Bel Paese.
Il sole della Sicilia che infiamma i pastori e i pescatori di Verga non perde nulla della sua potenza in questo nostro mondo multietnico e pluriculturale. Anche questo è un patrimonio italiano che appartiene a tutta l'umanità.