Antonio Calbi, uomo di teatro,
direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, promuove la Drammaturgia italiana.
Incontriamo Antonio Calbi nell'Hotel particulier che è la sede dall'Istituto. Un gioiello di eleganza, nella bella ampia elegante rue de Varenne. L'hôtel Galiffet dispone anche di un giardino che in primavera, estate e autunno accoglie eventi culturali frai più svariati.
L'incontro con Antonio Calbi si svolge nel suo studio dal quale si intravvedono gli alberi brulli e quasi gelati in questa fredda giornata invernale. Si intravvede il cielo pallido e si intuisce il rumore di passi sulla ghiaia all'esterno.
Il Direttore ha un modo di fare accogliente e affabile e ci parlerà a lungo con passione e grande precisione di sé e del suo importante incarico. Non lontano dal suo studio c'è la Biblioteca Italo Calvino.
Buongiorno Antonio Calbi, Direttore dell'istituto culturale italiano, grazie di averci ricevuto. Il tuo curriculum é strepitoso: hai ricevuto premi, sei stato direttore di importanti istituzioni e teatri e il tuo operato sembra entusiasmare molto pubblico. Mi puoi raccontare qualcosa di te, di più personale, quando sei nato e se puoi raccontare della tua infanzia e della terra in cui sei nato ?
Si certo. Sono nato il 25 ottobre 1963 in Basilicata à Tricarico. Il cui sindaco era stato un poeta e il compagno di Amelia Rosselli. Mio zio, à cui assomiglio un po' era un prete che nel 1967 ebbe l'ardire di scrivere un pamphlet "Scoperta del vangelo e del primo socialismo" affermando che il cristiano vero, non doveva fare politica, portando un certo scompiglio nell'Italia di quel preciso momento storico. Sono cresciuto a S. Mauro Forte, un'alta collina materana, isolata, con tremila abitanti.
Fino a tredici anni sono stato un bambino del profondo Sud. La mia famiglia aveva la televisione, la metteva fuori per strada e I vicini accorrevano. Era una specie di piccola festa.
Poi devo dire che stavo molto coi miei nonni, andavo a vendemmiare, a raccogliere la frutta e le olive. Governavo le galline.
Non avevamo giochi, quindi li costruivo, li costruivamo. Costruivo di tutto, presepi per esempio, sempre recuperando. Ecco da dove viene fuori l'amore per la ritualitá e il teatro. In chiesa ho fatto il chirichetto e mi capitava di apprezzare il lato teatrale delle cerimonie.
Costruivi I tuoi presepi, recuperando. Dove trovavi il materiale?
Andavo al fiume, sulle rive della Salandrella e prendevo l'argilla e la creta che impastavo con molto gusto. Poi già da piccolo facevo spettacoli di circo. Avevo nove anni. Poi progettai pure un film sul Vangelo e affittavamo coi i miei compagni il materiale per corrispndenza con delle marche tipo Vestro.
Queste sono le mie radici. Nella piccola comunitá, seguivo la festa degli alberi, si andava ai funerali, ai matrimoni.
Mio padre era un piccolo costruttore che poi falli' e io conobbi la povertá. Mia madre che era una donna intelligente e intraprendente ci spinse ad andare à Milano con I fratelli. Ci sistemammo in un villaggio vicino à San Siro. Finii per fare il liceo artistico contro la volontà di mio padre che mi avrebbe voluto architetto.
Ma sentivo comunque di essere un creativo e dopo il mondo contadino remoto (In quel momento) fui assorbito da Milano e dal suo movimento continuo. Andava spesso al cinema e a teatro. Una vertiginosa rottura col mondo contadino di San Mauro Forte.
Un evento dell'istituto culturale italiano
Un assorbimento rapido, con poco disagio per questo cambiamento?
I primi sei mesi sono stati dolorosi, piangevo, non fu immédiatemente facile.
Quale fu il déclic che fece scattare l'inizio del tuo cambiamento?
Non so. Ma devo dire che ho percepito il razzismo. C'erano dei veri e propri cartelloni con su scritto: non affittate ai meridionali, ai terroni. Si ho vissuto questo trauma.
Però quella creativività che avevo giû in Basilicata, si é come riaperta, sbocciata. Ho percepito una città dove si poteva fare, Milano era una città del lavoro e della creativitá.
In seguito, nell'adolescenza vissi il periodo del terrorismo, ci fu il rapimento di Moro. Un periodo politico delicato e importante che fu formativo e aggregante.
Mi sento un uomo del Sud con autentiche caratteristiche di lealtà e generosità ed entusiasmo. E dico che non è vero che Cristo si é fermato ad Eboli perché giù c'è la natura, il cielo e la terra su cui si costruisce. E mi sento un uomo del nord con l'imprinting del fare.
Organizzo le cose come se fossi in fabbrica. Si fanno le cose e si sa il perché.
Ho due anime: quella di un uomo del sud e di uomo del nord.
Antonio Calbi e Ferruccio Soleri
Tu sei un uomo di teatro e allora ti chiedo: quali autori contemporanei riesci à programmare à Parigi? Antonio Calbi fa una pausa. È come se riprendesse fiato e riprende riflessivo e concentrato (nda)
Proprio perché sono un uomo di teatro, ho capito subito che questo ruolo all'iic mi era stato affidato perché il mio curriculum é interdisciplinare.
Sono stato scelto tra novanta candidati e sono emerso fra tre grazie alla multiciplicita' della mia attività precedente..
Sono stato direttore per sette anni nel settore moda, teatro e design del Teatro di Milano con molti eventi di tutti i tipi. Poi direttore dell'Eliseo a Roma con spettacoli, eventi ed esposizioni. Prima ero stato redattore di Ottagono e di Habitat. Riviste di design e archittettura. La mia é stata una formazione multisciplinare e vorrei essere promotore, una sorta di ambasciatore della lingua e della cultura italiana.
La sala dall'Istituto é davvero piccola per promuovere degli autori. Tuttavia abbiamo proposto monologhi con grandi attori del teatro italiano: Maddalena Crippa con l'Aminta di Torquato Tasso. Ho trovato opportuno celebrare Testori a cento anni della sua scomparsa. Testori che ebbe un grande amore con un attore parigino: Alain Tuba per il quale scrisse testi importanti quali I trionfi.
Ed è stato Umberto Orsini che ne ha fatto un'applaudita lettura. C'è stata anche Francesca Benedetti, attrice che ha lavorato con Ronconi, Strehler e Missiroli.
Abbiamo avuto Ferruccio Soleri, il più celebre interprète di Arlecchino. Gli ho fatto dare la medaglia d'oro da Jack Lang.
Poi spazio ai giovani: Davide Mia con Maggio 43 e Italia-Brasile: 3-2, poi il gruppo Anima nera che all'Istituto ha presentato un melodramma in cui vari personaggi delle opere verdiane erano come scappati da queste stessa opere e rifugiati nelle varie stanze dall'Istituto, recitando e visitati a turno dagli spettatori. Poi c'è il teatro delle Ariette, teatro contadino, cui voglio dare molto spazio.
Che pubblico, che tipologia di pubblico frequenta l'istituto?
Dopo la tragedia del Bataclan, la prenotazione é obbligatoria ed è stato registrato un aumento esponenziale del pubblico. Abbiamo contezza e composizione dei visitatori. Il settanta per cento è costituita da francesi o di italofoni. C'è stato una progressione per tutti I segmenti anagrafici e tipologie varie.
Spettacoli, conferenze o concerti per persone più acculturate. Altre più ludiche. Ci sono stati I Pupi siciliani. Poi il jazz con Fresu e I Canta tenores.
Antonio Calbi e Giulia Lazzarini
Quali sono gli eventi in programma per il 25?
Daremo luogo a centoventi eventi: li chiameró Paysages de la mémoire perché credo che I nostri tempi siano incerti, instabili, problematici, stiamo assistendo a una regressione culturale ed è necessario che le nuove generazioni che sono sempre meno formate ed hanno un bagaglio culturale fragile vengano a contatto con grandi autori del passato. Ci sarà un omaggio a Pasolini per i cinquanta anni della sua morte. Poi a Strehler, Dario Fo, Rosi e Volonté.
É giusto aver reverenza per chi ci ha preceduto e valorizzare la memoria che deve essere un flusso che va avanti e in dietro. Sempre presente.
Poi ci sono gli eventi politici attuali nel mondo che ci colpiscono e fanno riflettere.
Ci sono state reazioni spropositate e si rischia di cadre in un modo di vivere senza rispetto e senza regole. A questo riguardo proietteremo un fim sull'amicizia fra un ragazzo arabo e uno italiano.
Poi faremo una riscrittura dei miti: Luciano Violante ha scritto Clitennestra per Viola Graziosi. Poi Émilie Sgro ha riscritto Didone. Ci sarà poi un omaggio à Giovanna D'Arco che tanto é amata: sarà una pièce scritta dalla poetessa Maria-Luisa Spaziani.
Nel tuo programma il paysage de la mémoire appare come un punto chiave: significativo e molto importante. Ma tu hai uno spirito "milanese" molto forte. Non ti viene in mente di proporre, mettendo un piede nel futuro?
Lo spirito milanese esiste lo riconfermo, ed è vivo. Ho in cantiere un progetto sugli arabi di Sicilia
Poi da Parigi con tutti I colleghi ho in mente di proprorre a tutti di scrivere una cartolina teatrale che spediranno a Parigi, ci sarà un montaggio di ben 17 pezzi e il risultato sarà presentato in teatri come l'Odéon, il Théâtre de la Ville. Un teatro che si proietta in avanti che contribuisce a guardare in avanti.
Po il i secondo progetto che forse chiameró Sinfonia d'Europa. Vorrei che ci si interrogasse su cosa é l'Europa oggi.
Li chiamerò Paesaggi contemporanei? Paesaggi del futuro? Non l'ho detto ancora a nessuno. Emergono un po' fuori dal mio ruolo? Ma qual'é il mio sguardo? Io mi domando: cos'è l'Italia? Mi sento un progettista culturale italiano. L'Italia é un pontile nel Méditerraneo. Cos'è l'Italia nel Mediterraneo e in Europa?
Allora si profila nel 2026 la Sinfonia del Mediterraneo e nel 2027 la Sinfonia Europa. Te lo anticipo, lo puoi dire. La chiamo Sinfonia, potrebbe essere un puzzle. Preferisco sinfonia perché ci sono molti strumenti che contribuiscono à riunire I vari elementi.
Come stai a Parigi?
Lavoro tanto qui perché la cultura italiana qui è amatissima. Ma Il cielo grigio, c'è una cappa sottile grigia che schiaccia. Parigi é una città orizzontale.
Roma é luminosa, ha i colli intorno. A Milano, quando il tempo è bello, si vedono le Alpi nevose.
In Italia, con la sua variegata geografia ha prodotto i più grandi pittori che nati fra quelle luci e quei potenti colori e I paesaggi mutevoli, inventarono la prospettiva e dipinsero opere fra le più mirabili.
Maria Pia Tolu