Da Instagram al palcoscenico: la scuola fra tic e risate
Intervista a Filippo Caccamo, web-attore da due milioni di followers
di Nicola Arrigoni
È stato insegnante alle medie, ma anche presso il Centro provinciale di istruzione per adulti, ha frequentato da precario le sale insegnanti, i consigli di classe, gli interminabili collegi docenti e ha fatto di tutto questo un fenomeno social, fotografando meglio di mille libri e film il mondo della scuola e soprattutto i suoi riti e gli insegnanti con i loro tormentoni. Un’intera classe docente si diverte nel riconoscersi in tic e luoghi comuni del mestiere incarnati con verve mediatica e attoriale da Filippo Caccamo, il prof, la maestra dei video in Instagram o Tik Tok. Oltre due milioni di followers non sono uno scherzo, come non è uno scherzo un tour infinito che riempie i teatri.
Dalla cattedra al palcoscenico il passo è stato breve?
«Diciamo che in mezzo c’è stato quel meccanismo incredibile e, che mi stupisce ancora oggi, dei social. Sono arrivato a quello che faccio casualmente, per una mia propensione a osservare il mondo che mi circonda e a rappresentarne gli aspetti più curiosi, se non buffi».
Nessuna vocazione teatrale?
«Ho una formazione teatrale, ma mi sono laureto in storia dell’arte, sia alla triennale che nella magistrale, presso l’Università Statale di Milano. Poi ho iniziato a insegnare da precario. Ho cominciato per gioco, a proporre sui social alcuni luoghi comuni, alcune figure ricorrenti nel mondo della scuola. Eravamo negli anni del Covid, fra aperture e chiusure della scuola, con la didattica a distanza e tutto quello che ne è seguito».
Da qui l’idea di raccontare quel mondo sui social?
«Siamo tutti attaccati al telefono. Mi sono detto, come far arrivare le mie storie, i miei personaggi in maniera immediata e a tutti. I social mi sono parsi il luogo giusto. Ho cominciato quasi per gioco. Ma sul web tutto è immediato, tutto si compie a una velocità incredibile».
È stato travolto da un inatteso successo?
«È questa una delle caratteristiche delle piattaforme social. Tutto ciò, ad un certo punto, o diventava un lavoro, o rischiava di spegnersi nella ripetizione».
E la scuola?
«La comunicazione social appare spontanea, ma ha bisogno di dedizione e di diventare un mestiere a tempo pieno e non un’attività fatta nei ritagli di tempo. Le cose sono cambiate quando ho deciso di dedicarmici a tempo pieno, facendo tesoro di ciò che avevo visto e vissuto a scuola. Presa questa decisione, tutto ha avuto uno sviluppo incredibile, una crescita esponenziale. Ed eccomi qui».
Da qui è poi maturata l’idea di passare dallo schermo dello smartphone al palcoscenico?
«Ho cercato di mettere a frutto la mia formazione teatrale e di distinguere nettamente la modalità di approccio dei due canali di comunicazione. Lo spettacolo teatrale ha i suoi tempi, ha una sua scrittura, c’è molto e di più di quello che si vede su Instagram, c’è uno sviluppo dei miei caratteri e personaggi».
Dopo Tel chi Filippo! e Le Filippiche. Il titolo dello spettacolo che porta al Ponchielli è Le Filippiche -Atto Finale. Che cosa presuppone questo atto finale?
«Partiamo dall’inizio. Ovviamente quando decidi di provare un nuovo mezzo rispetto a quello con cui lavori abitualmente è importante che ti riconoscano e che nel titolo ci sia qualcosa che ti identifichi per portare i tuoi follower a diventare spettatori teatrali. E allora che cosa ti identifica meglio del nome? Da qui Le Filippiche, una citazione dell’orazione di Cicerone, ma soprattutto un richiamo al mio nome di battesimo. L’atto finale di cui dico è semplice. Credo che il filone scuola mi abbia dato molto, ma sia arrivato anche al capolinea. Sto lavorando su altre tipologie umane, e qualcosa ho anticipato in Instagram. Poi mi piacerebbe recuperare alcuni protagonisti della storia dell’arte, per raccontarla in maniera pop, attraverso alcuni strambi personaggi. Ma questa per ora è una idea che comincerà a svilupparsi nella prossima stagione. Ma intanto ora sono impegnato su un altro fronte».
Quale?
«La settimana prossima entriamo nella settimana santa. È la settimana di Sanremo. Faremo uscire una valanga di contenuti sulle piattaforme. Siamo all’opera, i miei digital manager mi marcano stretto».
Perché?
«Perché sono pigro. Bisognerebbe postare storie e video tutti i giorni o almeno due o tre volte la settimana. io non sono così regolare. Questa settimana non ho prodotto alcun contenuto, poi ce ne sono altre che tutti i giorni pubblico qualcosa. Dovrei essere più regolare, ma non mi riesce proprio».
Qual è il suo sogno per il futuro?
«La dico grossa. La vita è lunga ma non eterna. Mi piacerebbe poter rimanere in scena per trenta o quarant’anni il che vorrebbe dire aver avuto la forza di rinnovarmi anno dopo anno, per continuare a fare dell’attore e del rapporto col pubblico la ragione e il piacere della mia vita».