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SULLE SCENE PARIGINE. - di Maria Pia Tolu

"Jours de joie", regia Stephane Braunsweig. Foto Simon Gosselin "Jours de joie", regia Stephane Braunsweig. Foto Simon Gosselin

Parigi non sarà più una più una Festa di hemingweiana memoria, come affermano molti, i francesi per primi, ma resta una delle scene dove spettacoli di teatro, mostre, opere e concerti si producono fra le  più affascinanti, varie e intelligenti del mondo, dell'Europa senz'altro. 
A teatro abbiamo visto spettacoli diversi fra loro, ma che mostrano una qualità, uno spessore artistico tale da coinvolgere fortemente il pubblico che va a teatro per discutere, per interrogarsi, per evadere, nonostante il momento difficile e delicato per tutti. 
All' Odeon, Théâtre de l’Europe, Stephane Braunsweig continua il suo lavoro di Direttore e regista, con una sua cifra stilistica inconfondibile e coi suoi fedeli "compagnonages" artistici.
Sul palco del teatro ecco Jours de joie di Arne Lygre, norvegese di cui aveva già messo in scena Nous pour un moment, una glaciale e puntuta analisi della fugacità, della liquidità dei rapporti umani. Con Jours de joie, la visione cosi amara ma giusta e senza drammi dell'esistere, sembra alquanto temperata dall’ironia. Ironia che è congeniale senz'altro anche al Direttore dell’Odéon, e poi dalla gioia di vivere che non è più una postura dell’apparenza ma una ricerca a volte maldestra, patetica  forse, ma che apporta un po' più di verità all'essere umano. 
La scenografia è dépouillée e colpisce l'occhio per la sua misteriosa bellezza. Il sipario si apre su una superficie cosparsa di foglie gialle, autunnali. Al centro una panchina. Vicino il  bordo di un fiume. Sullo sfondo un cimitero. Qui si ritrovano tre nuclei familiari differenti. I personaggi si raccontano, scambiano opinioni e i loro discorsi si sovrappongono. Storie apparentemente banali ma per ciascuno complicate. Il linguaggio di Lygre si legge a diversi livelli, a volte è realistico a volte ironico, a volte surreale (e quest’ultimo elemento scatena non poche volte il riso).
Il finale è aperto in qualche modo alla speranza e pare proprio che il titolo dell'altra pièce Nous pour un moment si sia trasformata in Jours de joie, in un "nous" meno precario, un po' più durevole nonostante le difficoltà, con lo scambio, l'introspezione e il mostrare mostrando. 
Spostiamoci al teatro dell'Atelier che troneggia discreto con la sua facciata su cui a volte si riverberano le ombre del fogliame degli alberi, quasi una suggestione impressionista, come un'inaspettata sorpresa. In una piccola piazza fra Barbes quartiere artigiano di lavorazione di stoffe per arredo e quello del Sacré cœur, divenuto ormai chic.

Dans mon salon Agnes Jaoui Xavier Robert lechesnayrocquencourt

Dans mon salon di Agnès Jaoui

Qui abbiamo assistito allo spettacolo Dans mon salon di Agnès Jaoui, nota artista, francese, diciamolo pure, decisamente proteiforme.
Nota al cinema come sceneggiatrice, attrice e regista di film indimenticabili, alcuni firmati con Jean Luc Bacri come Le goût des autres, si è affermata altrettanto brillantemente sulle scene canore con una deliziosa e spigliata voce da soprano.
In questo spettacolo Agnès Jaoui è una vera charmante  e affascinante capocomico di polso che dà il la nel suo salotto a un concerto, in compagnia di Fernando Fizbein e la sua orchestra Carambache.
Il tono è subito dato con un bellissimo Requiem di Mozart che è eseguito alla perfezione, ma con la premessa sussurrata e scherzosa dove Agnès annuncia subito che lei e l'altra cantante, la mezzo soprano Alice Fagard moriranno in diretta così, sulla scena. Quindi dramma si ma anche sdrammatizzazione, ironia e vitalità saranno il filo rosso di questo recital dove si passa dalla lirica alla bossanova, al tango e al bolero. Si può parlare così dell'esilio e della tristezza così presenti nella cultura dell'America Latina come di amori profondi e non corrisposti. Rossini è presente come Bach e il jazz che può essere freddo, ma anche languido e sensuale. Altro fattore che colpisce è la varietà di lingue che ascoltiamo. 
Spagnolo, francese, ebraico arabo, inglese e tedesco. Da applaudire anche la già citata Alice Fagard, tutta l'orchestra naturalmente, senza dimenticare il baritono Romeo Fidenza. Un recital dove tecnica e sensibile approccio artistico sono davvero ben coniugati.

Ultima modifica il Venerdì, 10 Febbraio 2023 00:20

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