mercoledì, 24 aprile, 2024
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Dalla pagina scritta alla scena, andata e ritorno. "Bestie incredule" di Simone Corso e "Il domatore" di Vittorio Franceschi: due spettacoli di Teatro Due, due testi per riemergere dalla pandemia. -di Nicola Arrigoni

"Bestie incredule", regia Nicoletta Robello "Bestie incredule", regia Nicoletta Robello

Piace pensare che per ricominciare si parta dai fondamentali, dalla semantica teatrale, dalla parola che si incarna nell’attore e si compie nell’ascolto dello spettatore. Per questo Mezz’ore d’autore – l’iniziativa messa in atto da Fondazione Teatro Due e quest’anno giunta alla seconda edizione – ha una sua valenza artistica e politica, ha un suo valore di fiducia nel teatro post-pandemico, nel teatro che è testimone, se non baluardo di civiltà. È questa suggestione che regala il compimento, ma anche il coraggio produttivo di Mezz’ore d’Autore che non solo vuole essere un network di ricerca della nuova drammaturgia, ma che si offre come opportunità concreta di fare teatro.
L’edizione 2021 ha visto partecipare oltre 300 testi, di questi la giuria ne ha selezionati otto per altrettante mises en èspace, da qui si è passati a individuare un testo vincitore che oggi è in cartellone al Teatro Due di Parma: Bestie incredule di Simone Corso, messo in scena da Nicoletta Robello e interpretato da Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen e Pavel Zelinskiy. Contemporaneamente è in scena Il domatore di Vittorio Franceschi, che lo interpreta insieme a Chiara Degani, con la regia di Matteo Soltanto, produzione condivisa con il Centro Teatrale Bresciano. Si tratta di due testi diversi, con genesi differenti: il primo è di un giovanissimo autore uscito dalla selezione di 300 lavoro analizzati dalla giuria di Mezz’ore d’autore, il secondo è firmato da un attore raffinato e colto con oltre 80 primavere sulle spalle e lo sguardo fresco e autentico di un ragazzino.
I due lavori raccontano – simbolicamente – di un percorso di resurrezione, di riflessione sull’esperienza che abbiamo vissuto durante la pandemia e che trova una sua narrazione attraverso i due testi e una certa poetica giusta distanza che entrambi i lavori posseggono rispetto al passo breve della cronaca. Non appare neppure secondario l’altro aspetto legato alla pubblicazione dei lavori: Bestie incredule per i tipi di CuePress, mentre Il domatore ha trovato dignità editoriale grazie a Raffaelli editore. Anche questo aspetto non pare secondario: la concretezza della pubblicazione, insieme al compimento della messinscena del testo sono l’effetto provocato dalla causa: ovvero la volontà di Fondazione Teatro Due di dare spazio alla scrittura, alla parola che trova la sua completezza nel farsi azione in scena.

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Simone Corso

«Drammaturgia e Arte dell’Attore. Ripartire dai fondamentali è un dovere istituzionale e un piacere per la fantasia creatrice in un momento particolarmente oscuro della vita del nostro teatro, così come è stato quel dicembre 2020 con i teatri d’Italia e di gran parte d’Europa e del mondo forzatamente chiusi, con la persistente furia dell’epidemia – che a noi strappava Gigi Dall’Aglio -, con l’incertezza rispetto alle possibilità future di sopravvivenza stessa della pratica teatrale nell’impossibilità fisica dell’altro soggetto fondamentale: il pubblico – scrive Paola Donati, direttrice del Teatro Due nella prefazione a Bestie incredule -. Che fare? Indagare lo stato dell’arte della drammaturgia italiana in quella contingenza così unica ci è sembrato un bel segnale per gli autori e per noi».

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Vittorio Franceschi

Ma cosa lega i due lavori? Entrambi sono stati concepiti con scenario – implicito o esplicito – la pandemia. Bestie incredule di Simona Corso racconta la pandemia cercando una distanza storica e ne affida la narrazione teatrale a Susanne nel 2083, racconta una storia successa anni prima che nascesse, nel novembre del 2020 in Danimarca, nel quadro del grande mattatoio di visoni accaduto a causa del Covid. Protagonisti i suoi genitori, lo zio, un allevatore di visoni e un tassista. Racconta di un passato che non ha mai vissuto, di una pandemia che è già mito, come la peste del Seicento di Manzoni o la spagnola di inizio secolo scorso dalle memorie dei nostri nonni. Il domatore di Vittorio Franceschi per ammissione dello stesso autore è stato scritto «durante la pandemia, ma il virus non c’entra. L’avrei scritto comunque. Perché quando hai passato la vita in teatro non puoi smettere di pensarci e di progettare fino all’ultimo. Perché il teatro di oggi non ti piace e vuoi lasciare qualche prova a tua discolpe – si legge nella Nota dell’autore -. L’avrei scritto comunque anche perché da ragazzino andavo spesso ai Giardini Margherita di Bologna a vedere i due leoni in gabbia, Reno e Sasha, e mi sentivo in debito con loro». Il domatore è il colloquio di un domatore di leoni con una giornalista, un colloquio serrata in cui la cronista vuole documentare la fine dei circhi con gli animali, ne esce una metafora del teatro e della vita di straziante dolcezza. E se per Il domatore la pandemia è un contesto accidentale, laddove per Corso è testo da indagare, un altro punto interessante e non volontariamente in comune fra i due lavori è la centralità muta degli animali: i visoni vettori del virus da un lato, i leoni e la relazione con il domatore dall’altro. In entrambi i casi coprotagonisti, testimoni presenti sono gli animali: i visoni in Bestie incredule, ma alla fin fine l’incredulità è dell’uomo, e i leoni per il domatore, belve con cui il protagonista e il ruolo che ricopre intessono una relazione fatta di intimità e complicità, laddove l’autenticità della vita si coglie nell’istinto della belva, anche quando uccide il padre del protagonista. Casualità, forse, ma sta di fatto che questo legame fra i due lavori suscita una certa curiosità e ci fa interrogare.

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Il domatore di Vittorio Franceschi

Certo ne Il domatore il rapporto fra l’artista circense e la giornalista si offre come malinconica metafora del teatro che come il circo senza più gli animali cerca una sua poetica resilienza. Questo dopotutto è accaduto durante la pandemia e un segno ne sono i due testi che Fondazione Teatro Due mette in scena. In questo gioco di rimandi, in questo percorso che dalla pagina scritta porta alla lettura, poi da questa alla costruzione della parola in azione dello spettacolo e non da ultimo alla pubblicazione editoriale, c’è la forza di un itinerario etico e poetico volto a ribadire la forza del teatro, la fragilità della sua essenza in cui sta la capacità di resistere, malgrado tutto. Ed è questo un bell’augurio per i tempi incerti che siamo chiamati a vivere.

BESTIE INCREDULE di Simone Corso, con Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen, Pavel Zelinskiy, luci Luca Bronzo, costumi Emanuela Dall’Aglio, scena Eleonora Scarponi, musiche Arturo Annecchino, regista assistente Laura Cleri, regia Nicoletta Robello, produzione Fondazione Teatro Due, Nutrimenti Terrestri, fino al 17 marzo al Teatro Due di parma

IL DOMATORE di Vittorio Franceschi con Vittorio Franceschi e Chiara Degani, musica, sound design Guido Sodo, Light design Luca Bronzo, scena, costumi e regia Matteo Soltanto, produzione Fondazione Teatro Due Parma, CTB Centro Teatrale Bresciano, dal 12 al 24 marzo 2022, al Teatro Due

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 13 Marzo 2022 22:43

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